Stan Sakai è l’autore di Usagi Yojimbo, una serie incredibilmente longeva e che amiamo moltissimo. Il papà del coniglio samurai più famoso del mondo dei comics era ospite a Lucca Comics & Games 2019. Portava in fiera tre nuovi volumi editi da ReNoir Comics, tra cui il ciclo di storie Kirishitan e la raccolta dei crossover tra Usagi e le Tartarughe Ninja.

 

 

Proprio grazie alla gentilezza dello staff della casa editrice milanese abbiamo potuto incontrare nuovamente il maestro del Fumetto underground, parlare con lui delle sue storie, della scena americana e del suo affascinantissimo Usagi Yojimbo.

 

Maestro Sakai, bentornato su BadTaste.it.
Lei ha portato in Italia una storia di qualche anno fa che però non abbiamo ancora letto. Un ciclo di storie di “Usagi” che ha per vero protagonista l’ispettore Ishida, uno dei comprimari più amati del titolo.

Sì, a tutti gli effetti è una storia su un omicidio misterioso.

Usagi è sempre stato un personaggio molto capace e in grado di adattarsi a generi diversi: epica, fantasy, storico, avventuroso, allegorico e anche giallo. Da dove viene questa fascinazione e questa voglia di raccontare una storia di fatto crime?

Il fatto è che Usagi è di mio possesso, è un personaggio tutto mio e posso farci quello che voglio. Come hai detto, ho proprio frequentato ogni tipo di genere: quelli che hai citato, ma anche le storie d’amore romantiche e di argomento storico-culturale puro. Nella nuova raccolta pubblicata in Italia c’è una storia che non racconta altro che una cerimonia del tè, dall’inizio alla fine.

Il fatto è che amo i misteri, sono il mio genere preferito. Quando leggo romanzi, nella maggior parte dei casi sono dei gialli. Da Agatha Christie alle storie di detective più hard boiled. Motivo per cui ho creato l’ispettore Ishida, che è un po’ il mio Sherlock Holmes, ma ha anche una grande forza dentro di sé.

Una forza che fa in modo che Usagi diventi sostanzialmente un personaggio secondario rispetto a lui. Lei lo fa spesso, e Usagi si fa volentieri da parte quando il proscenio è di qualcun altro.

Kirishitan

Sì. Ogni volta che Ishida compare sulla pagina, Usagi diventa comprimario delle sue stesse storie. L’ispettore è colui che realmente risolve il caso, e Usagi diviene il mio dottor Watson.

Questa storia, “Kirishitan”, ruota attorno all’introduzione e diffusione del Cristianesimo in Giappone. Nel corso del XVII Secolo, i cristiani giapponesi venivano perseguitati, torturati e uccisi. La situazione era veramente complicatissima.

In questa storia, dei samurai vengono uccisi, e Usagi e Ishida si trovano a dover risolvere il mistero della loro morte. Scoprono che l’assassinio ruota attorno al fatto che le vittime erano cristiane, pertanto li vediamo dibattere per un momento sul rapporto tra la nuova religione occidentale e lo shogunato che la avversa. Inoltre, sono parzialmente in disaccordo sulle ragioni per cui le vittime sono state uccise. Un’altra ragione per cui mi sono molto divertito a realizzare “Kirishitan”.

In questa storia accade una cosa che credo sia molto frequente nelle sue storie: la figura di autorità della vicenda, il superiore di Ishida, non è un personaggio particolarmente pulito. Cosa che abbiamo visto spessissimo negli incontri di Usagi. Cos’è? Una dichiarazione sul suo personale rapporto con le autorità e la legge? O semplicemente una questione di rappresentazione della libertà di Usagi, che in quanto ronin vagabondo è molto libero, sia nella pratica che nell’etica?

Credo che volesse essere soprattutto un attestato delle caratteristiche dell’ispettore Ishida e di Usagi, persone convinte del fatto che la giustizia debba essere per tutti e debba essere cercata e applicata a prescindere da chi sia colui che la merita.

La giustizia è meglio della legge, insomma.

Esatto. C’è una giustizia che va oltre la legge, che viene prima della sua formulazione. Inoltre, il capo ispettore ha una posizione politica da difendere e che influenza il suo atteggiamento nei confronti di questo caso. Lui è più preoccupato di come questo omicidio e i tempi della sua soluzione avranno effetto sulla sua carriera, più che di trovare i colpevoli e assicurarli alla giustizia.

Ho sempre pensato che l’ispettore Ishida le somigli molto.

[Ride moltissimo]

Mi sbaglio? Perché è una persona dalla forza gentile, e ho sempre trovato che questo le si potesse applicare come persona.

Be’, ti ringrazio del complimento. Iniziamo con il dire che fisicamente, per fortuna, siamo molto diversi.

Ovviamente.

Dal punto di vista della personalità, non so proprio. Certamente la sua identità è molto idealistica, ma anche pratica all’occorrenza. Sa quando tenere il punto, ma anche piegarsi e adattarsi quando gli conviene o è costretto. Di base è modellato molto su Sherlock Holmes, come dicevo: la sua caratteristica principale è lo spirito di osservazione. Ishida vede le cose che deve per quelle che sono in modi in cui il resto delle persone non sa fare. E poi mette assieme i pezzi.

L’altro volume che lei porta qui a Lucca è la raccolta delle storie di Usagi Yojimbo assieme alle Tartarughe Ninja. Ha qualche ricordo particolare di Kevin Eastman e Peter Laird, i padri delle Turtles e, assieme a lei, della scena underground di un certo tipo degli anni Ottanta degli Stati Uniti? Qual è il suo ricordo assieme a loro cui è più legato?

Usagi Ninja Turtles

Usagi e le Turtles sono nati più o meno nello stesso periodo, nel 1984. Le Tartarughe hanno qualche mese in più di Usagi Yojimbo. Una delle cose che ricordo di più sono io che scrivo a Kevin e Peter per far loro i complimenti, ricevendone indietro di entusiasti. Entrambi amavano Usagi. Ci siamo incontrati per la prima volta al Comic-Con di San Diego, perché io vivo lì vicino, in California, mentre loro sono del Massachussets.

Al primo incontro, siamo diventati grandi amici. Mi ricordo un’edizione del Comic-Con in cui stavo assieme a Peter Laird, che mi propose di realizzare un giocattolo di Usagi tra quelli dedicati alle Turtles, e poi di realizzare qualche puntata della primissima serie animata che lo coinvolgesse. Ovviamente, risposi di sì. Avevamo già realizzato alcuni crossover, molto piccoli, a fumetti, ma per la prima volta vedevo il mio personaggio proposto al grandissimo pubblico, anche sotto forma di merchandise. E fu davvero divertentissimo.

Qual è la connessione più forte tra Stan Sakai e il personaggio di Usagi Yojimbo da una parte e le storie delle TNMT? Se c’è.

Credo semplicemente che sia il divertimento. Ovviamente i samurai e i ninja non vanno spesso d’accordo, ma in questo caso si rispettano molto.

Personalmente, ho sempre pensato che entrambe le serie fossero sostanzialmente il regno dell’inaspettato. Perché dietro quei personaggi non si immaginano storie così toste, in grado di raccontare situazioni umane, interpersonali, psicologiche tanto profonde. E azione così adulta, in molti casi.

Concordo. E sai cosa ti dico? Che una ragione di legame, per me, è che Kevin e Peter sono persone meravigliose. Poco tempo fa, Kevin Eastman si è trasferito nella California del sud a circa un’ora di macchina da casa mia. Qualche settimana fa mi ha telefonato per dirmi che gli era capitato in mano un vecchio videogioco delle Turtles e mi invitava a raggiungerlo. Ci siamo trovati e abbiamo giocato per una giornata intera. Ci siamo divertiti un mondo.

Spettacolo! Oggi come oggi, la scena dei comics accoglie, come mai prima, artisti internazionali. Parallelamente, ho sempre pensato che Usagi Yojimbo fosse un personaggio internazionale per natura: pur essendo fortemente connesso al Giappone, le sue storie sono esportabilissime. E lei stesso è il prodotto di due culture: quella giapponese e quella americana. Lei pensa che i comics di oggi le somiglino?

Ah ah! Non esagererei. Certamente il settore ha attraversato molti confini, come io faccio da molto tempo. Concordo con quel che dici: “Usagi” parla di temi molto universali e credo che sia stato tradotto in diciassette lingue. Tra cui curiosamente non c’è il Giapponese.

L’altro lato della medaglia della natura della scena dei comics di oggi è che, per lo meno dall’esterno, fatichiamo a vedere una scena underground che invece ai vostri tempi, degli Stan Sakai, Peter Laird e Kevin Eastman giovani, era molto vitale. Molto di quel che voi realizzavate è stato in qualche modo accolto dalle major, anche alla luce del vostro successo. Pensa che sia un anello che manca negli Stati Uniti? Che la scena underground abbia lasciato un vuoto?

Negli Stati Uniti sicuramente. Quando io ho cominciato c’erano le fanzine. Erano molto amatoriali, realizzate dagli artisti che se le stampavano da soli. Ora non ci sono più perché sono state sostituite dagli editori indipendenti, che però, per quanto in piccolo, hanno strutture, distribuzioni, sono delle vere e proprie aziende. Le fanzine, però, erano un terreno di addestramento molto diverso.

Oggi è esploso il Fumetto online, che consente facilmente di mettere in mostra quel che si realizza, ma la differenza rispetto all’epoca è che questo ha in qualche modo creato un’offerta saturante. Le fanzine erano tante, ma non tante da impedire a un appassionato di seguirle tutte. In rete, invece, si rischia di trovarsi diluiti all’interno di un oceano. Oggi emergere sopra la massa costa più fatica e forza in termini di personalità e diversità.

E forse quel che manca è la spinta propulsiva al cambiamento. Lei, Eastman e Laird avete contribuito a far evolvere il mercato dei fumetti americani perché li avete sorpresi, avete dimostrato che qualcosa che si pensava impossibile potesse funzionare. Oggi non pare più possibile. Non in quei termini.

Be’, lasciami dire che fu un successo soprattutto delle Turtles, ma sono abbastanza d’accordo con quel che dici, per quanto sia convinto che sia ancora possibile. Insomma… Jeff Smith ha potuto creare “Bone” e arrivare al successo. Non ipotechiamo il futuro. Non sappiamo da dove spunterà fuori la prossima novità. Il mondo dei comics è diventato più complesso e competitivo, ma sono convinto che sia ancora assolutamente vitale.

 

Sakai Claudio