Giulio Macaione

Il prossimo week-end si svolgerà la quarta edizione della 24H ShorTS Comics Marathon, concorso di fumetti organizzato nell’ambito dello ShorTS International Festival; i partecipanti saranno chiamati a realizzare una storia breve nel giro di un giorno, a partire dalle ore 16.00 di venerdì 10, sviluppata sulla base di un tema che gli sarà assegnato al momento del via alla competizione. La giuria che valuterà i loro elaborati sarà composta da Mario Alberti (Tex – Cinnamon Wells), Vittoria Macioci (Desolation Club), Giulio Macaione (Alice di sogno in sogno) e dal regista Giancarlo Soldi (Nero).

Per l’occasione abbiamo parlato con Giulio Macaione, che ci ha dato qualche anticipazione sulla maratona di fumetto e ci ha svelato qualche retroscena sul suo ultimo lavoro F***ing Sakura, pubblicato da Panini.

 

Ciao Giulio e bentornato su BadTaste.it!
Stai per rivestire il ruolo di giurato per la maratona 24 ShorTS Comics Marathon, ora che sei un fumettista afferma, ma anche tu hai esordito in questo settore in un concorso, Otto tavole per Mondo Naif. Tornando indietro di 15 anni, cosa ti ricordi di quel periodo, nel quale stavi muovendo i primi passi in questo mondo?

Bé, lo ricordo con molta tenerezza, non avrei mai pensato di arrivare a farlo veramente come lavoro; ovviamente ci speravo, ma non la vedevo una cosa così possibile. Non che sia stato facile arrivare dove sono ora!

Quel concorso chiedeva di reinterpretare in otto tavole una storia che era già un fumetto. La 24H ShorTS Comics Marathon sarà qualcosa di diverso, anche se non posso anticipare quale sarà il tema…

Tranquillo, non vogliamo far uscire in anticipo le tracce della maturità.

Esatto [ride]. Sarà comunque qualcosa legato al cinema, essendo il concorso legato allo ShorTS International Festival.

Ormai queste maratone sono abbastanza diffuse nel mondo del fumetto, penso anche al 24-Hour Comics Day. Tu ti sei mai cimentato in una di queste odissee a base di china e caffè?

No, non ho mai partecipato. Una volta ci ho provato ma senza limiti precisi, è stata più una sfida a me stesso, ho realizzato una storia di 30 tavole in una settimana. Anche perché io sono molto pignolo, quindi ho bisogno di prendermi i miei tempi. Però sono convinto che sia un esercizio utilissimo, specie per chi si approccia al linguaggio del fumetto perché la mancanza di tempo ti costringe a esprimerti nella maniera più immediata ed essenziale possibile, anche sviluppando degli strumenti di storytelling rapidi ed efficaci. Sicuramente è un esercizio che fa bene a tutti, non solo a chi sta iniziando.

Immagino che sia diversa anche la scelta del soggetto: di solito si dice che la prima idea non è mai quella buona, bisogna raccogliere diverse ipotesi e poi scegliere quella che convince di più… In un concorso di questo tempo non hai tempo, per cui non puoi soffermarti per 5-6 ore a fare ipotesi che poi dovrai scartare, devi partire il prima possibile a disegnare.

Esatto, bisogna focalizzarsi subito sulle poche sequenze che possono raccontare al meglio la trama e portarle su carta nella maniera più veloce possibile. Sicuramente è molto difficile, ma è un esercizio che aiuta a trovare un nuovo modo per esprimersi, più istintivo e meno razionale.

Poi ci dovrà essere anche uno sforzo di sintesi, perché sai che non puoi fare 30 tavole. A meno che tu non sia Sio che ne disegna una all’ora…

Certo, è una bella sfida. Fare storie brevi è molto più complicato rispetto alle storie lunghe.

Visto che il concorso è legato al mondo del cinema, qual è il tuo rapporto con la settima arte? Ci sono dei film o dei registi che hanno influenzato i tuoi lavori?

Indubbiamente il cinema di animazione giapponese mi ha influenzato. Per quanto riguarda il cinema occidentale, uno dei registi che amo di più è Pedro Almodovar, da lui ho attinto per “Basilicò” che voleva essere proprio una storia nel suo stile, semplicemente spostandola dalla Spagna alla Sicilia, la mia terra. Almodovar sicuramente lo inquadro tra i riferimenti cinematografici che più mi hanno influenzato, anche nel modo di dirigere: per esempio lui ama le prospettive regolari, ha una fotografia che si presta tantissimo a essere riportata nel fumetto.

La copertina della seconda edizione italiana di “Basilicò” è palesemente ispirata a una delle locandine di “Dolor y Gloria”, l’ultimo film di Almodovar.

 

 

A 15 anni di distanza dal concorso Otto tavole per Mondo Naif, ora ti troverai dall’altra parte del tavolo, a giudicare il lavoro di aspiranti fumettisti. Che consiglio daresti al Giulio di 15 anni fa?

Gli direi di essere il più curioso possibile. Parlare con i professionisti che sono a un livello più alto e hanno pubblicato più libri, magari andare a curiosare nei loro studi per capire che tecniche e attrezzi usano, quali sono i loro riferimenti e come costruiscono la loro sceneggiatura. Indubbiamente lo scambio con chi ha maggior esperienza è il miglior modo per imparare. Ovviamente non si può essere autori di fumetto se non lo si legge: prima devo immagazzinare quel linguaggio. Poi io dico sempre che è un percorso un po’ masochista perché è molto difficile, però è anche un privilegio poter vivere raccontando le proprie storie.
Ci vuole tanta caparbietà e si fanno tanti sacrifici… se per un lavoro comune bisogna fare fatica, per diventare fumettisti bisogna farne ancora di più. Però se si sceglie questa strada suppongo che si ami il linguaggio, per cui alla fine le fatiche vengono ripagate.

Passando a “F***ing Sakura”, il protagonista José afferma “È esattamente come me l’aspettavo!”. Immagino che tu sia stato in Giappone; quali sono gli elementi che invece ti hanno sorpreso di più ed erano diversi da come te li eri immaginati? 

Sono stato in Giappone due volte. Quello che mi ha stupito di più per la somiglianza sono state le persone: nei manga ci si aspetta che le dinamiche siano esasperate, esagerate, visto che il fumetto è una forma di narrazione non sempre realistica, ma in realtà sono molto più fedeli alla realtà di quanto non pensassi. D’altro canto mi ha stupito molto vedere come i giapponesi assorbono in maniera velocissimo quello che arriva dall’estero e lo rielaborano. Anche nei rapporti sociali ho visto qualcosa che non mi sarei mai immaginato di vedere – gente toccarsi o coppiette abbracciarsi in pubblico – perché sono cresciuto con quest’idea dai manga che il contatto fisico sia quasi inesistente. Invece mi sono reso conto di come il Giappone sia molto cambiato da questo punto di vista, i giovani stanno assorbendo dei comportamenti che anche soltanto 10 anni fa non appartenevano alla loro cultura. In realtà è soltanto da Fukushima [la strage del 2011 NdR] che il turismo in Giappone è veramente esploso.

A proposito di turismo, ti confesso che “F***ing Sakura” per me è stata una lettura molto dolorosa, perché avevo organizzato per lo scorso maggio il viaggio in Giappone, quello sognato da tutta la vita… poi è successo quel che è successo. Quindi per certi versi è stato un arpione tra le costole, per altri è servito un po’ da paracetamolo.

Ma sai che me lo sta dicendo tanta gente a cui è successa la stessa cosa?!

Non so se sia dovuto a questo stato d’animo, ma nel titolo ci ho visto un’ambivalenza di significato, perché “fucking” si usa sia come insulto che per esaltazione (penso per esempio a “Bill Fucking Murray!“). Sono un po’ le visioni dei due protagonisti: Cloe non lo sopporta, mentre José lo adora. Tu in quale delle due ti riconosci di più?

In realtà entrambi i personaggi sono molto diversi da me, anche se magari posso rispecchiarmi nell’animo otaku di José e nel suo amore per la cultura giapponese, però psicologicamente è diverso. Non c’è quindi uno dei due in cui mi identifico, ma nonostante Cloe sia quella più lontana da me, è quella che mi diverte di più raccontare, forse proprio per questa distanza.

Comunque l’occhio di José sul Giappone è un po’ il mio, mentre quello di Cloe è di una persona completamente disinteressata al luogo; io non lo ero ovviamente, sono andato lì con un carico di aspettative gigantesco, che sono state confermate e in certi casi addirittura superate.

Come ti approcci a personaggi di questo tipo, che hanno alcuni elementi in comune con te, però non vuoi diventino un tuo avatar (penso invece a come Zerocalcare si rappresenta nelle sue storie)? Immagino sia più difficile non cascare nell’immedesimazione rispetto a un personaggio come Alice che è diverso da te per molti aspetti.

Io parto dal presupposto che a parlare sono sempre io, quindi anche se dovessi rappresentare un antagonista, una persona cattiva, sarei sempre io a filtrare il suo pensiero e le sue parole. Per rappresentare un personaggio che sia diverso da me, di solito costruisco la sua storia, ovvero quello che è successo prima dell’inizio; io so le origini di José, da chi è stato adottato… quindi so molte più cose del personaggio rispetto a quello che poi andrò a raccontare. Con un background di questo tipo sarà più semplice infondere la personalità di un personaggio anche in un semplice gesto o in una sua frase.

“F***ing Sakura” è diviso in due parti, lo sapevi fin dall’inizio o è una scelta presa in corso d’opera? Questa suddivisione ha cambiato qualcosa nella scrittura del racconto?

F***ing Sakura vol. 1, copertina di Giulio Macaione

Lo sapevo da subito. Quando il direttore editoriale di Panini Marco M. Lupoi mi ha chiesto se avessi un progetto da proporgli, mi sono fatto avanti immediatamente per la loro linea editoriale di fumetti italiani originali, che è quella di “Nomen Omen” e “Contronatura”, con lo stesso formato di foliazione. Sapevo che non sarei rientrato in un solo volume, perciò ho presentato il progetto per due volumi.

A livello di suddivisione della storia non ho nemmeno dovuto fare molta fatica, perché il primo volume finisce esattamente a metà; quello che succede in quel punto sarebbe stato lì anche se si fosse trattato di un volume unico di più pagine. Quindi da questo punto di vista la scrittura è stata abbastanza naturale, poi ci sono state altre difficoltà più tecniche, come gestire due personaggi che per la maggior parte delle pagine sono da soli; le battute quindi nella maggior parte dei casi rappresentano il loro pensiero, i dialoghi sono pochi, e graficamente si potrebbe scadere in una monotonia registica, quindi mi sono dovuto inventare inquadrature e scorci che ovviassero a questo problema.

Per BAO stai lavorando a “Scirocco”, come ti sei suddiviso il lavoro con F***ing Sakura? Stai alternando il disegno dei due fumetti, ne hai finito uno e poi ti sei dedicato all’altro…

Nonostante si tratti di un volume unico, la lunghezza di “Scirocco” è maggiore, sarà abbastanza corposo. Ho iniziato a lavorarci parallelamente al primo volume di “F***ing Sakura” ma ci sto ancora lavorando anche adesso che sono al secondo volume. Di solito tendo a dedicare un periodo di lavorazione che suddivido di mese in mese, o di settimana in settimana, proprio per non passare da una storia all’altra consumando tante energie. Magari quando c’è un passaggio che non mi convince del tutto e ho bisogno di pensarci su, di metabolizzarlo, allora mi dedico all’altra storia. Però bisogna essere molto diligenti in questo, perché lavorare a due progetti così diversi contemporaneamente richiede davvero tanta costanza e organizzazione.

In queste settimane mi è venuto in mente più volte “Scirocco”, il fumetto a cui stai lavorando ambientato a Venezia, perché sui social sono apparse fotografie e video onirici della cittadina lagunare: prima con gli animali marini che si aggiravano liberamente tra i canali, poi con i primi turisti italiani che esploravano una città deserta, completamente diversa da come siamo abituati a vederla. Ne hai approfittato per andare a catturare qualche ulteriore immagine per la tua storia?

In realtà a livello di reference e fotografie ho già catturato tutto il materiale di cui ho bisogno. Non ho approfittato di andarla a vedere senza le persone, anche perché non ho ancora preso un treno da quando è finito il lockdown.

Venezia è comunque una città che in un certo senso è già deserta; se la vedi da turista non la conosci, basta prendere un vicolo che non sia la via principale e ti trovi in un altro mondo. È una città bellissima proprio perché basta girare un angolo per passare da una bolgia infernale a un luogo isolato. Per quanto io non sia veneziano e non ci abbia mai abitato, mi piacerebbe rappresentarla in modo realistico, voglio che sia una scenografia viva, non una cartolina.

Grazie mille per il tempo che ci hai dedicato. Per finire c’è un saluto o un augurio che vuoi rivolgere ai concorrenti della 24H ShorTS Comics Marathon?

Ai concorrenti vorrei suggerire di riguardarsi il loro film preferito. Più di così non posso dire.