Nella diretta di ieri su Twitch abbiamo recensito Bobby Sombrero: Holy Flamingo!, il divertente fumetto fantascientifico pubblicato qualche settimana fa da Panini.

 

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Qui sotto potete trovare la nostra chiacchierata con il disegnatore Cristian Canfailla e lo sceneggiatore Giovanni Barbieri, che ci hanno raccontato le origini dell’universo fumettistico di Bobby Sombrero e le loro speranze per il futuro dei protagonisti.

 

Ciao, Giovanni e Cristian, e benvenuti su BadTaste.it! Per cominciare, vi va di presentarvi ai nostri lettori?

Cristian Canfailla – Ciao a tutti, sono Cinci, o almeno, tutti mi chiamano così. Disegno fumetti e con i soldi che guadagno facendo fumetti, ci compro altri fumetti.

Giovanni Barbieri – Ciao, sono Giovanni ma tutti mi chiamano Gianni. Sono uno sceneggiatore di fumetti da ormai trent’anni, ho lavorato anche per l’animazione, l’advertising e il multimediale. Insegno Sceneggiatura e Storytelling a TheSIGN Academy di Firenze da quasi 10 anni.

Come vi siete incontrati? E com’è nato il progetto “Bobby Sombrero”? Il risultato finale ha un’identità così forte da farmi supporre che lo scrittore non si sia presentato dal disegnatore con la sceneggiatura pronta, mi dà più l’impressione di essere un progetto portato avanti in tandem fin dalle fasi iniziali. È così?

Canfailla – Ci siamo conosciuti durante la lavorazione di un altro volume, io disegnavo, Gianni era l’editor. In realtà Bobby è un progetto che avevo nel cassetto da tempo, ho strutturato negli anni storie, personaggi e universo, accumulando materiale, lavorandoci nel tempo libero, con calma. Incontrando Gianni ho pensato che fosse arrivato il momento di condividere tutto questo materiale con lui e puntare a definire.

Barbieri – Quando ho conosciuto Cinci siamo diventati amici subito, forse perché lui ha i dentoni… quando mi ha raccontato di Bobby Sombrero, abbiamo iniziato a svilupparlo insieme, con grande divertimento reciproco. Lavoriamo benissimo insieme, le nostre mogli sono un po’ gelose…

Leggendo “Bobby Sombrero” si ha l’impressione di leggere qualcosa di molto familiare (probabilmente perché è in qualche modo un pastiche di altre opere che amiamo) ma al contempo originale e con una propria personalità: quali sono state le influenze grafiche e narrative che vi hanno ispirato e che pensate siano confluite maggiormente in questo fumetto?

Canfailla – Una passione comune che abbiamo io e Gianni è di sicuro il regista John Carpenter e uno dei suoi film culto che ha ispirato fortemente Bobby è “Grosso guaio a Chinatown”, con Kurt Russell, Dennis Dun, Kim Catrall ecc… l’idea delle principesse e del rapimento arriva da lì. Graficamente, invece, c’è l’influenza del “Topolino” di Gottfredson e Massimo De Vita, poi Mattioli, Pau di Atlas e Axis, l’animazione anni 40, Futurama. Sono cresciuto a pane, “Astérix” e “Lucky Luke”, per cui di sicuro anche il Franco-Belga umoristico fa parte della mia grammatica.

Barbieri – Queste letture sono comuni a entrambi, aggiungerei solo Romano Scarpa al mazzetto. Dai classici ci viene la voglia di unire la comicità a un solido impianto avventuroso. Poi ricordo Mortadella e Filémone, il duo comico di Francisco Ibañez che fece una fugace apparizione in Italia per la Williams: il loro primo album, “Olé Torero”, lo lessi fino a consumarlo, era un fuoco di fila di gag dalla prima all’ultima vignetta. Con Bobby volevo mantenere questa intensità, sfruttando il potenziale comico di ogni situazione. Altre influenze, extra fumettistiche, possono essere la commedia sofisticata, la screwball comedy e lo slapstick, talenti enormi come quelli di Billy Wilder, Frank Tashlin, Howard Hawks…

Mi ha fatto ridere la descrizione del volume “Le avventure intergalattiche di un cane e del suo cane”. Mi ha fatto venire in mente l’annosa questione di Pippo/Pluto che fa discutere i fan Disney: entrambi sono cani, ma molto diversi tra loro. Le differenze non sono così estreme (anche Al parla), ma qual è il rapporto tra i due personaggi? Avete in mente una razza canina specifica per i due protagonisti?

Barbieri – Eh, sulla caninità di Bobby lascio volentieri che risponda Cinci… Bobby e Al sono caratteri opposti perché questo è il fondamento delle coppie comiche, da Sanlio e Ollio in poi. Su chi sono questi due personaggi, la loro storia e il loro legame d’amicizia abbiamo le idee molto chiare, ma ve lo racconteremo a tempo debito, se ne avremo l’occasione.

Canfailla – Quella frase di lancio è opera di Gianni, io la trovo geniale, fa un sacco ridere anche me. Bobby e Al non appartengono a delle razze specifiche, nel loro futuro i cani si sono evoluti e mischiati a tal punto che non è così facile capire. Diciamo che Bobby potrebbe, per via del muso lungo e delle orecchie pendule, derivare dai bracchi-segugi, mentre Al, per le dimensioni, potrebbe ricordare un cane da compagnia. La scelta dei cani comunque è legata a due fattori, in primis il mio amore per loro e in secondo luogo perché trovo affascinante il fatto che sia un mammifero che
presenta al suo interno un grande numero di variazioni morfologiche: Chihuahua di 1,5 kg e Alani da 90kg, una manna dal cielo quando un disegnatore deve caratterizzare i personaggi.

Sono rimasto folgorato da “Bobby Sombrero”, ma più che la trama in sé, di questo volume mi ha conquistato l’universo narrativo, lo stile grafico, il tipo di umorismo e il ritmo dell’avventura. Vent’anni fa, probabilmente, l’avrei considerato un ottimo primo numero per quella che avrei voluto diventasse una serie da edicola. Oggi la situazione editoriale è diversa, ma mi auguro di poter vedere altre avventure di “Bobby Sombrero”. Avete pianificato eventuali seguiti? C’è una bibbia dell’universo narrativo o storie che aspettano di essere raccontate? Oppure per ora vi siete concentrati unicamente sul primo volume?

Barbieri – Ti ringrazio di cuore per l’apprezzamento. “Holy Flamingo!” può essere considerato il pilota di una serie, perché Bobby in realtà si muove in un universo narrativo molto strutturato che abbiamo deciso di tenere come sfondo per questa prima avventura. Le idee per nuove storie non ci mancano…

Canfailla – Abbiamo altre storie da narrare e anche un finale già scritto, quello che hai letto è la punta dell’iceberg, ma come sai, tutto dipende dal mercato, se c’è richiesta, si continua.

Oltre a essere pubblicato da Panini Comics, “Bobby Sombrero” ha una copertina variant di Lorenzo Pastrovicchio e un’introduzione di Francesco Artibani. Quindi ci vedo un legame con Disney che non è solo “stilistico”, ma anche indirettamente editoriale. Circa quindici anni fa venivano proposti progetti “para-disneyani” che non riguardavano Topi e Paperi. Penso a “Witch”, “Monster Allergy”, “Jungle Town”… C’è mai stata l’idea di proporre “Bobby Sombrero” in una formula in qualche modo più “vicina” alla casa di Topolino?

Barbieri – Ovviamente il mondo Disney è uno dei riferimenti di Bobby, ma leggendo con attenzione la storia avrai notato che succedono cose impossibili nel mondo del Topo e dei Paperi. Diciamo che Bobby può essere complementare a Disney: se diventasse troppo simile, rinunciando alla propria specificità, s’indebolirebbe.

Canfailla – Bobby secondo me funziona perché impara da “Topolino”, di cui sono sempre stato un lettore, ma al contempo non vuole essere “Topolinizzato”, vuole occupare una nicchia diversa. Ci sono cose che Bobby fa e che su “Topolino” verrebbero censurate, probabilmente.

Oltre al fumetto, “Bobby Sombrero” sembra fortemente debitore dei prodotti di animazione. Ci sono opere in particolari a cui avete guardato per ricreare un dinamismo così forte? Avete preso in considerazione di proporre questi personaggi per un film o una serie animata?

Canfailla – Futurama, come dicevo prima, è stato importante per l’ambientazione sci-fi, Bobby poi ha delle caratteristiche che ricordano un pochino personaggi come Zapp Brannigan. Citerei anche le “Silly Symphonies” per le gag slapstick e le deformazioni plastiche dei personaggi.

Barbieri – Diciamo che ci sono palesi riferimenti estetici ai cartoon degli anni 30 e 40, da Oswald il coniglio al primo Topolino, ma anche Felix il gatto e tanti shorts dei fratelli Fleischer. È un’estetica che torna ciclicamente, da Massimo Mattioli a “Cuphead”, da “Epic Mickey” fino agli “Animaniacs”… noi l’abbiamo scelta perché l’amiamo, ma poi l’abbiamo innestata su una storia solida. Siamo entrambi grandi amanti dei disegni animati e vedere Bobby prendere vita sarebbe davvero un sogno.