In occasione di Lucca Comics & Games 2019 abbiamo incontrato la fumettista Fran, che ha presentato in fiera La vedova bianca, volume pubblicato da Edizioni BD.

Abbiamo parlato con lei di questo fumetto incentrato su Comic Master, reality show piuttosto particolare e interamente dedicato ai fumetti: idea bislacca o colpo di genio?

 

 

Nella storia, la Presidenta, gelida direttrice dell’emittente televisiva, vuole trarre dalla sua creazione quanto più profitto possibile… Le cose, però, non vanno esattamente come preventivato.

Ringraziamo l’autrice e l’editore per aver reso possibile questa intervista.

 

Ciao, Fran, e benvenuta su BadTaste.it!
Per prima cosa volevo chiederti di presentarti ai nostri lettori: come ti sei appassionata al Fumetto? E quando hai capito che questa passione poteva diventare un lavoro?

La vedova bianca, copertina di Fran De Martino

Sono una di quelli che ha cominciato a disegnare da piccola e non ha mai smesso. Sono autodidatta, e ho fatto altri studi (Filosofia all’università). Nel 2006 ho cominciato a curare un blog dove pubblicavo vignette satiriche e di costume, per poi chiuderlo: avevo deciso di smettere di perdere tempo su Internet… poi ho scoperto Facebook, e il mio tentativo è stato vano.

Nel 2012 ho cominciato a lavorare per Fanpage e a realizzare ogni giorno vignette satiriche. Dopo aver lavorato a lungo su vignette e brevi strisce, ho realizzato un libro illustrato [“La sai a mammeta?” – NdR] per ‘Round Midnight Edizioni, un piccolo editore napoletano, e ho deciso di cimentarmi con una storia un po’ più lunga, “La vedova bianca”, che Edizioni BD ha pubblicato integralmente. Ho autoprodotto la prima parte, che ho portato al Comicon l’anno scorso, e poi [l’editore milanese] l’ha adottata.

È una storia che mi girava da un po’ in testa. L’ho scritta con molta fatica, e ci è voluto un po’ di tempo per completarla, perché ho lavorato la sera e nei weekend, ma sono contenta del risultato.

Volevo proprio chiederti di parlarci di questo lavoro, visto che ha avuto tante forme: è stato inizialmente pubblicato come webcomic, poi come autoproduzione e infine è approdato a Edizioni BD. Com’è nata l’idea?

La fatina [la protagonista di “La vedova bianca” – NdR] è un’emanazione di me stessa in forma malvagia: una sorta di sfogo per tutte le cose che mi davano fastidio, momenti di vita quotidiana e – diciamolo – persone che mi rompevano le palle! Era la mia parte malvagia che distruggeva e uccideva. Le vignette sono sempre state accolte molto bene dai lettori, anche se non avevano una vera e propria continuità di pubblicazione.

Visto che il personaggio era carino e si prestava, ho deciso di costruirgli un mondo attorno e dotarlo di una storia sua, così da slegarlo da me. Da qui l’idea di farne un libro, senza renderlo esclusivamente un fumetto ma rimanendo nell’ambito dei media, che è quello in cui mi trovo più a mio agio.

Una cosa che mi ha incuriosito molto di “La vedova bianca” è che ci sono delle tavole con varie sfumature dello stesso colore. La Presidenta è blu, mentre i suoi dipendenti sono verdi, ad esempio. Ci puoi spiegare il motivo di questa scelta?

Con i colori mi sono lasciata proprio andare, è tutto “arcobalenoso”: una scelta in contrasto con il tono della storia. Ho esasperato tutto per renderlo il più tenero e carino possibile all’apparenza e quanto più grottesco all’interno.

Ci sono dei colori ricorrenti: la fatina è sempre in questa zona grigia, che è il mondo della narrazione parallela in cui si muove, dove lei è rosa; la Presidenta è blu, l’autore della fatina è giallo (ci sono anche altre parti gialle, e leggendo la storia si capisce a cosa corrispondano), mentre gli assistente sono verdi.

Di volta in volta, volevo mostrare la storia dalla prospettiva del personaggio di turno. Nell’ultimo capitolo, ad esempio, ci sono delle vignette con i tre assistenti assieme alla Presidenta, ma è comunque tutto blu perché è un capitolo interamente dedicato a lei.

La Presidenta è protagonista di una sequenza in cui dimostra di avere un’idea distorta del femminismo. Volevo chiederti come mai ha deciso di inserire questo tema e perché, a tuo parere, questa visione fuorviante del femminismo è così diffusa.

Spero non così tanto! Ho esagerato dei tratti che colto da una discussione sul femminismo che sarebbe troppo lunga da affrontare qui. Trovo che spesso ci si soffermi su cose che non sono davvero importanti, soprattutto rispetto a un discorso più ampio che riguarda il femminismo, le donne e tutte le minoranze. Volevo ispirarmi a questi stilemi e prenderli un po’ in giro.

Per quanto riguarda la Presidenta, viene spiegato all’inizio del volume che lei non è una femminista: vuole solo ostentare il suo potere, anche al di sopra delle altre donne, perciò ha quella competitività tossica che distrugge sia i rapporti tra le donne sia il femminismo stesso. Trovo che questo sia uno dei punti focali su cui bisognerebbe lavorare per migliorare le cose.

Il tuo è anche un fumetto musicale! Quando ho cominciato a leggerlo mi sono trovata a canticchiare con la fatina. Hai ascoltato molta musica mentre lavoravi alle tavole?

Sì, di solito mi faccio delle playlist su YouTube perché ho bisogno della musica per lavorare. C’è “La vedova bianca”, il pezzo degli Afterhours che dà il titolo al libro, che mi ha fatto capire come volevo che andasse a finire la storia. È una cosa che mi ha ispirato e l’ho traslata nel fumetto stesso. La musica mi serve moltissimo, e ho ascoltato veramente qualunque cosa per darmi un po’ di carica per finire il libro… soprattutto perché lavoravo di notte!

Prima hai menzionato il tuo blog. Ora lavori con una testata online e sei molto attiva sulla tua pagina Facebook. Che consiglio daresti a un giovane illustratore che volesse promuovere i suoi disegni in rete?

Innanzitutto di guardarsi intorno, ma non troppo: è una cosa che mi sta molto a cuore. Molti giovani autori tendono a seguire il flusso di quello che va di moda in quel determinato momento. Vedo in giro tante copie di Zerocalcare, di vignette virali, come quelle sulla vita di coppia di “Simple & Madama” o quelle un po’ più ciniche di “Cyanide & Happiness”. È un peccato, perché si vede che [i giovani autori] stanno cercando di imitare senza mettere niente di loro in ciò che fanno. Molto spesso è uno spreco di talento notevole, perché avrebbero anche qualcosa da dire e possiedono le capacità per farlo.

A un giovane autore direi quindi di portare online una sua visione delle cose e di non far determinare il proprio lavoro da quello che va di moda per ottenere dei like facili, cuoricini o follower.

Stai attualmente lavorando a qualcosa? Rivedremo la fatina e il gatto Kazzimma in qualche storia lunga?

Non lo so ancora, vedremo come andrà “La vedova bianca”, ma non escludo che la fatina possa tornare in altre forme. Essendo lei il male, può essere applicata a qualunque contesto, quindi mai dire mai!

Secondo te, una vignetta o un fumetto possono essere abbastanza potenti da smuovere le coscienze? Nel momento in cui si affrontano tematiche sociali, può una vignetta far riflettere la gente o far addirittura far cambiare idea a qualcuno?

Sarebbe bello se fosse possibile. Questa è la speranza, quando si parla di attualità o si fa satira. Quanto a cambiare le cose, abbiamo avuto quarant’anni di Altan, che è il miglior vignettista italiano e uno dei migliori al mondo: se avessimo imparato qualcosa, questo Paese sarebbe migliore. Questo però non deve portarci a smettere di tentare, o comunque di privare i lettori della possibilità di dire: “Questa vignetta mi fa ridere/mi fa arrabbiare, e la penso anch’io così!”.

 

Intervista a Fran de Martino a Lucca Comics & Games 2019