Nel corso di questa settimana che su Badcomics.it abbiamo dedicato a Lupo Alberto, per celebrare il suo quarantesimo anniversario, abbiamo sentito le parole di Giacomo MichelonPiero LussoCastyFrancesco ArtibaniBruno Cannucciari e Mauro Talarico. Chiudiamo oggi i festeggiamenti con l’ultima intervista della serie, a Massimo Bonfatti.

Come hai cominciato a collaborare con Lupo Alberto? Cosa ricordi del periodo in cui muovevi i primi passi con il personaggio?

Ho conosciuto Guido Silvestri che ero un ragazzino, piuttosto invadente e tedioso. Non finirò mai di ringraziare Silver per la pazienza che ha avuto nel sopportare le mie continue improvvisate a casa sua. Per un certo periodo mi lasciò bazzicare il suo studio per leggere i suoi fumetti e fare quattro chiacchiere nella pausa del tè. Solo dopo ho manifestato la mia passione per il disegno e il fumetto e iniziai a mostrargli le storielle che facevo per il giornalino di classe alle medie. Poi arrivarono saltuarie occasioni per dare una mano quando le consegne si facevano impellenti, ma si limitavano alle retinature, ai neri da riempire, alle tavole da scommare e (con cautela) al lettering. Spesso andavo a far le fotocopie degli originali di Lupo Alberto; questa mansione mi obbligava a osservare le strisce in modo scrupoloso per controllare la resa delle riproduzioni, e anche questo è un modo per assimilare qualcosa. Una volta andai a Milano per ritirare tutte gli originali di Lupo Alberto presso la casa editrice Corno; se mi fossi dimenticato sul treno la valigia con le mille e più strisce, il personaggio non sarebbe mai diventato quello che è ora perchè a Silver sarebbe venuto un colpo. Come fan di Silver e Lupo Alberto, da vero groupie del fumetto, scrivevo lettere e cartoline di elogi che spedivo alla redazione del “Corriere dei Ragazzi” (e che facevo spedire ai miei amici in gita scolastica) ed è per questo che ora non credo ai sondaggi e ai questionari. La cosa più importante, per me, è stata l’amicizia, che è durata per molti anni.

Rispetto ad altri personaggi con cui hai lavorato, cosa contraddistingue il cast che popola la fattoria McKenzie? Quali sono le caratteristiche che lo differenziano dagli altri fumetti?

Secondo me il pregio della serie Lupo Alberto si fonda sulla semplicità. I personaggi, le situazioni ricorrenti, non sono e non cercano di essere originali ed eccentriche. Sono situazioni ripetitive e apparentemente banali ma è proprio questo a creare la dimensione giusta in cui far risaltare la recitazione dei personaggi che, pur essendo altrettante macchiette di tipologie umane ricorrenti, raccontano in modo intelligente e divertente l’umanità vera, quella della gente comune. Tutt’altro discorso rispetto a Cattivik, altro famosissimo personaggio di Silver. Il nero “giegno” del male è l’emarginato per antonomasia, il ribelle, l’antisociale, il diverso…ma in modo ridicolo. Forse per questo Lupo Alberto e Cattivik li ho sempre visti come due personaggi che si compensano.

Quali sono le storie di Lupo Alberto che preferisci?

Qui si fa fatica, perchè di storie ce n’è un mare e quelle scritte da Piero Lusso o Bruno Cannucciari sono spesso molto belle sia per la scrittura che per il disegno. Ma forse io sono legato sentimentalmente al periodo in cui passavo interi pomeriggi dal fotocopista e allora Lupo Alberto era solo fatto di strisce, a volte anche consecutive a formare vere e proprie storie, ma strutturate in modo da contenere la battuta entro due, tre vignette. Ora il fumetto a strisce è considerato “fuori moda”, e forse le ragioni sono più che altro commerciali. Ma come stile narrativo, il fumetto a strisce è modo di raccontare fenomenale, importante come gli endecasillabi in poesia. Il ciclo di strisce che mi appassionò maggiormente fu quello dei “Bravi ragazzi” nel quale ebbi l’onore di mettere lo zampino con campiture di nero e retini nonchè col lettering (infarcito di errori). In questa storia Enrico la talpa decide di intraprendere una battaglia a favore del movimento gay scivolando in una serie strepitosa di doppi sensi che coinvolgevano le Brigate Rosse e tutto questo nel pieno degli anni di piombo. Ricordo che ogni tanto Bonvi passava a trovare il suo ex allievo e leggendo queste striscie scoppiava in risate fragorose. Ma anche le tavole autoconclusive o le storie brevi che Silver cominciava a sperimentare in quel periodo erano molto belle. Ricordo “la storia di Uccello” che a suo tempo ebbe un effetto dirompente perchè introduceva il dramma in una striscia comica, cosa mai vista prima. Anni dopo feci un omaggio a Silver riprendendo tale e quale la storia e adattandola a Cattivik, “la storia di Topo”. Come curiosità segnalo che qualcosa di simile lo fece poi anche Bill Waterson nella serie Calvin & Hobbes.

Da anni la visibilità della testata è in calo, con sempre meno storie inedite e una produzione che purtroppo non è paragonabile agli anni d’oro del personaggio… Pensi che il personaggio abbia ancora qualcosa da dire? Cosa credi potrebbe farlo tornare alla ribalta?

Io sono convinto che i personaggi non abbiano mai una “stagione”. Quello che può accadere è che gli autori perdano o cambino le motivazioni iniziali e non è sempre detto che questo sia un male perchè le persone non possono sempre rimanere uguali a quello che erano e anche il mondo intorno cambia. Sicuramente è vero che in certi periodi, per certi motivi e secondo particolari circostanze un autore riesce a mettere l’anima (e non solo) nel suo lavoro, e questo si vede, sempre. Lupo Alberto ha avuto un successo lunghissimo, come nessun’altra striscia in Italia, e questo anche per merito dei collaboratori di Silver: Cannucciari, Michelon, Lusso per il lupo; io, Sommacal, Casty e altri per Cattivik. Io sono cresciuto in questa dimensione artigianale della ideazione e produzione dei fumetti, che credo essere la vera dimensione di un’arte popolare. I fumetti sono spesso creazioni individuali ma in parte anche collettive e il contributo di altri autori hanno spesso dato linfa nuova a molti personaggi di successo. Ma forse questo avviene in ogni arte. Ovviamente tutto dipende da quanto le trasformazioni di un personaggio sono possibili e da quanto sono valide. Per la serie di Cattivik io mi sentivo molto libero di inventare nuove chiavi di lettura. Credo che anche gli altri autori sentissero questa libertà e questo ci ha sicuramente permesso di arricchire il personaggio. Quello che in certi casi può ostacolare un rinnovo autentico non dipende quindi tanto dalle capacità degli autori, che ci sono e sono bravi, ma dalle strutture e dalle abitudini commerciali, che nel voler mantenere il controllo della situazione (e di questi tempi è comprensibile), impediscono di osare, come invece faceva spesso e volentieri Silver all’inizio. Comunque Lupo Alberto ha il grande merito di aver mantenuto per molti anni una posizione di rilievo per il fumetto umoristico italiano, nonostante l’estinzione della gloriosa tradizione da cui è nato. Non è un merito da poco.