Una Tomba per le Lucciole

Nel 1967 lo scrittore giapponese Akiyuki Nosaka pubblicò un racconto breve in parte ispirato a vicende vissute sulla propria pelle durante la Seconda Guerra Mondiale: il giovane autore, infatti, aveva perso la madre sotto i bombardamenti americani, e da allora si era preso cura della sorella minore, fino alla morte per denutrizione.

Isao Takahata decise di realizzarne un adattamento animato e, grazie ai suoi disegni di prova, riuscì a ottenere il consenso di Nosaka, che negli in precedenza aveva rifiutato numerose proposte di film in live action.

Il protagonista è l’adolescente Seita, che nel prologo vediamo morire di fame alla stazione ferroviaria di Kobe, tra l’indifferenza dei passanti: un incipit drammatico che definisce i toni della narrazione, oltre ad anticipare il destino del personaggio attraverso i cui occhi vivremo gli ultimi mesi del conflitto in terra nipponica.

Seita sembra mosso unicamente dall’obiettivo di occuparsi di Setsuko, la sorella di quattro anni, nel tentativo di proteggerla dal mondo circostante e provando a regalarle un po’ di spensieratezza. Per fare questo, il ragazzo crea una sorta di bolla nella quale i due possono vivere in completa autonomia, cercando di lasciare fuori il più possibile quella società che pare non comprendere la loro condizione.

Una Tomba per le Lucciole è un film incredibilmente crudo nella sua rappresentazione delle conseguenze della guerra sulle persone, che non rinuncia alle immagini degli ustionati e dei morti di fame. La storia difficilmente lascia indifferente lo spettatore, che si ritrova a empatizzare con i giovani protagonisti in un contesto ricreato con dovizia di particolari. Ci si affeziona a Seita e Setsuko soprattutto per il modo in cui i due vengono fatti recitare: un’accurata espressività dei volti e animazioni dei corpi dalle quali si evince una lunga documentazione, soprattutto per quanto riguarda i goffi ma affascinanti movimenti della bambina di quattro anni.

Dal punto di vista dell’animazione, venne adottata per la prima volta una tecnica che permise di non utilizzare il colore nero per definire i contorni delle figure (a parte rari casi in cui indispensabile); al suo posto, gli artisti optarono per il marrone, più difficile da applicare a causa del minore contrasto, riuscendo così a ottenere un effetto estetico più morbido. Per quanto riguarda lo staff, va segnalata la presenza di un giovanissimo Hideaki Anno, futuro regista dello studio Gainax, qui all’opera sulle scene notturne con le navi da guerra.

Ancora oggi, Una Tomba per le Lucciole resta il film più famoso di Takahata, davanti al quale anche lo spettatore più freddo non resta indifferente, accogliendo una sensazione di angoscia dopo la visione. Quello che però non tutti sanno è che originariamente questo film è stato proiettato nelle sale giapponesi in una programmazione double-feature con Il mio vicino Totoro, di Hayao Miyazaki. La campagna promozionale puntò soprattutto sul pubblico infantile, pronto ad andare al cinema per godere della colorata pellicola con la gigantesca creatura pelosa, rimanendo traumatizzato da un dramma bellico che avrebbe dovuto rivolgersi a tutt’altro target.

Con questo progetto, Takahata ha senza dubbio fatto raggiungere un altro importante traguardo all’animazione giapponese dimostrando che è possibile utilizzare il medium per raccontare storie drammatiche rivolte principalmente a un pubblico adulto. Molti degli spettatori tendono a non voler affrontare una seconda visione di Una Tomba per le Lucciole, ancora segnati dalla triste storia di Seita e Setsuko, a riprova dell’efficacia del pugno nello stomaco sferrato da Takahata.