Personaggio dei radiodrammi anni Trenta, poi di un telefilm degli anni Sessanta (che diede notorietà internazionale a Bruce Lee, nel ruolo dell’assistente Kato), protagonista di un film malriuscito diretto dal francese Michel Gondry, Green Hornet è oggi la creatura fumettistica di Mark Waid. Pilastro del comicdom USA, autore di memorabili cicli per vari personaggi sia Marvel che DC, Waid ci racconta da dove nasce la sua fascinazione per il Calabrone Verde e perché anche noi dovremmo innamorarcene.

Non è un eroe, ma un antieroe, ci spiega Waid. La qual cosa non sarebbe necessariamente una novità. Ma Green Hornet non è Wolverine nè il Punitore. Finge, in qualche modo, di essere un criminale, per svolgere i compiti di un giustiziere, in un gioco di luci e ombre mai del tutto chiaro. Ragazzo ricco che decide di combattere il crimine (altro tema già visto in mille salse), che però non controlla del tutto il suo ego. Tutti e due i mondi lo attraggono, eccelle in entrambi. In molti sensi, Green Hornet è sia l’eroe principale della serie che il primo dei villain.

Waid racconta anche la sua attrazione per la triplice identità del personaggio. Pubblicamente un editore di giornali, per tutti quanti un criminle pericoloso, in realtà dalla parte della giustizia. Pochi eroi mascherati possono vantare un doppio inganno di questo genere. Infatti Waid non considera la sua run su Green Hornet appartenente al genere supereroistico. Piuttosto un fumetto noir, un crime comic, non privo di tinte forti.

Ultima soddisfazione, l’ambientazione anni trenta. Il piacere di scrivere un personaggio vintage, delle ricerche costanti dello sceneggiatore per rendere credibile l’America post-depressione, il fascino della fantascienza retrò che permette a Green Hornet di combattere i mascalzoni. Non male, come menù, per il personaggio rilanciato nel 2010 da Kevin Smith per Dynamite, a cui auguriamo di continuare a godere della guida di grandi sceneggiatori.

Fonte: Comicvine