The Walking Dead vol. 28

Mida è il mitico re della Frigia, celebre per il suo proverbiale tocco che trasforma tutto in oro. Spesso, Robert Kirkman viene accostato a questa figura e, visto l’incredibile successo delle sue creazioni, similitudine non può essere più calzante. Negli ultimi quindici anni, infatti, serie come Invincible, The Walking Dead e Outcast hanno tagliato importanti traguardi e riscosso un ampissimo riscontro di pubblico e critica. Le ultime due, in particolare, sono state adattate per la Televisione e, anche variando medium, hanno saputo creare un nutrito seguito di fan. Nel frattempo, non sono mancati altri progetti, come Oblivion Song e Die!Die!Die!, tutti contraddistinti dall’ormai consueto magnetismo di Kirkman.

Per il secondo anno consecutivo, lo sceneggiatore è stato ospite di Lucca Comics & Games, presso lo stand della casa editrice saldaPress, in compagnia di Cory Walker e Ryan Ottley, artisti che hanno contribuito a creare il mito di Invincible, il cui ultimo capitolo è stato presentato in anteprima al pubblico della kermesse toscana. Dopo un primo incontro con il pubblico, Kirkman è stato protagonista di una round table, durante la quale ha risposto alle domande di una ristretta cerchia di giornalisti.

In apertura, non sono mancate le domande sulla serie televisiva The Walking Dead. Due gli aspetti su cui il fumettista americano ha detto la sua: il primo, relativo al paventato calo di spettatori, non sembra preoccupare Kirkman che lega questo dato a una normale evoluzione del pubblico che fruisce del prodotto. Con l’avvento e il successo dei servizi di streaming, il conteggio spesso può risultare falsato; inoltre, sottolinea l’autore, la serie AMC ha subito la prima flessione di ascolti solo alla sua settima stagione, ben oltre il fisiologico calo della terza che coinvolge la maggior parte dei serial.

Invincible #144, copertina di Ryan Ottley

Il secondo, più frustante per Kirkman, riguarda la scomparsa nella serie televisiva di Rick Grimes: dopo l’annuncio dell’abbandono dell’attore Andrew Lincoln, il personaggio portante uscirà dalla scena. Sebbene Kirkman abbia dichiarato di aver già messo in preventivo la morte di Rick da tempo, non si aspettava che questa avvenisse prima sul piccolo schermo. Quando succederà nel fumetto, sarà diversa da quello che avremo modo di vedere nella nona stagione, ha rassicurato lo sceneggiatore. In generale, pur riconoscendo la centralità del ruolo di Rick, Kirkman ha sottolineato la natura corale della serie e la volontà di raccontare una storia che vada oltre questo personaggio.

In un’occasione così raccolta, non potevamo non chiedere alcune impressioni sulla conclusione dell’epica cavalcata di Invincible, fumetto che ben presto diventerà un film e una serie televisiva animata. La nostra domanda nasce dalla curiosità di capire quando Kirkman ha realizzato che la serie a fumetti avrebbe avuto un finale.

 

Credo di aver iniziato a pensare a un finale per la serie intorno al numero 100. Avevo tante nuove storyline in testa e volevo vedere dove mi avrebbero condotto. A quel punto della serie ho lanciato la guerra viltrumita e poi mi sono detto di fare questo, quest’altro e quest’altro ancora. Aggiungevo tasselli a mano a mano che procedevo nella scrittura, fino a quando ho capito che avrei dovuto darci un taglio.

Quando lavori per tanti anni a una serie, possono esserci elementi che elevano la qualità o altri che possono risultare meno riusciti. La cosa che interessava a me era continuare a lavorare su un progetto che mi soddisfacesse e che fosse stimolante anche per gli altri, non che fosse un semplice esercizio. E credo di poter considerare gli ultimi storyarc di “Invincible” tutt’altro che degli esercizi.

Molte serie di super eroi vanno avanti in maniera indefinita con autori che si alternano. Alcuni team creativi riescono a fare cose buone, altri un po’ meno e altri ancora cose davvero terribili. In questo saliscendi che ricorda le montagne russe, alcuni personaggi finiscono per perdere il proprio significato originario, diventando qualcosa di completamente diverso. E io non volevo che succedesse questo a Invincible, un personaggio che amo profondamente.

Con questa serie ho da sempre tentato di realizzare un fumetto di super eroi che fosse diverso da tutti gli altri: i cattivi vincono, c’è molta violenza all’interno così come non si era mai vista in un altro albo a fumetti. Inoltre, volevo che il fumetto avesse una sua conclusione, e l’ha avuta.

 

La chiacchierata è proseguita passando in rassegna anche Outcast. Se sulle reazioni alla chiusura della serie dopo la seconda stagione Kirkman si era pronunciato poco prima, nella conferenza stampa, sul fumetto ha dichiarato che ha ancora intenzione di portare avanti l’idea che ha ben chiara in testa. A dispetto di altri suoi lavori, infatti, la serie si articola secondo un numero di uscite stabilito sin dall’inizio, avendo già chiaro in mente il finale e lo sviluppo della storia.

Outcast #1

Snocciolati i temi principali, i presenti hanno continuato a chiacchierare con lo scrittore di Richmond, il quale si è dimostrato sempre disponibile e pronto alla battuta. Interrogato sul ruolo del medium Fumetto, Kirkman ha dichiarato che stimolare la coscienza delle persone dovrebbe essere lo scopo di ogni autore, rimarcando altresì la capacità di sperimentare nuove forme di comunicazioni che vengano poi utilizzate tanto nel Cinema quanto nella Televisione.

Circa la sua volontà di essere coinvolto nei vari adattamenti delle sue opere, Kirkman ha detto di sentirsi responsabile nei confronti del lettore della riuscita del prodotto. Non volendo mancare di rispetto a chi lo segue da oltre quindici anni, lui vuole trasmettere a produttori e registi tutti i segreti dietro i suoi personaggi, al fine di non tradire il senso primigenio dell’opera a cui si ispirano; la stessa responsabilità che, nel corso degli anni, ha spinto Kirkman a lavorare lontano dalle major del Fumetto supereroistico americano – Marvel e DC Comics – preferendo creare una propria etichetta. Non si tratta solo di libertà o di vincoli che gli venivano imposti, ma della volontà di poter raccontare ciò che vuole senza che qualcuno giudichi a priori il suo lavoro ponendo un veto. Per chi ama mettersi in gioco ed esporsi in prima persona, questo è l’unico modo per continuare a divertirsi realizzando fumetti.

Riguardo all’aspetto gestionale del marketing legato a Skybound, invece, Kirkman ha dichiarato di affidarsi a un gruppo di persone che è consapevole di ciò che lui vuole e che, sulla scorta di queste indicazioni, lavora in totale autonomia.

Almeno per ora, Oblivion Song non diventerà un film, sebbene l’autore si sia detto disponibile a ogni eventualità. L’eterna lotta tra il bene e il male, infine, è il nucleo di ogni storia e anche quelle scritte da Kirkman non sono esentate. Interpellato sulla sua idea di male, il fumettista ha sottolineato quanto quest’aspetto dell’animo umano sia il principale elemento di interesse dei lettori e che, nelle sue opere, ha sempre cercato di rappresentarlo in tutte le sue sfaccettature, con le molteplici facce con cui si presenta.

 

Robert Kirkman