Sono pochi gli artisti che possono dire: “Io c’ero”, e tra questi c’è sicuramente Davide Toffolo. Nato a Pordenone nel 1965, il fumettista e musicista italiano ha iniziato la sua carriera all’inizio degli anni Novanta, un periodo in cui il termine graphic novel ancora non era stato attenzionato dal pubblico generalista. Con la sua band, i Tre Allegri Ragazzi Morti, Toffolo ha dato il via a un progetto di musica rock indipendente decenni prima dell’attuale corrente indie nostrana. Insomma, lui c’era quando tutto ha avuto inizio e l’attenzione dei media era ancora scarsa.

A Lucca Comics & Games 2018, Davide Toffolo era ospite presso lo stand di Oblomov Edizioni per presentare il suo ultimo lavoro, Il cammino della Cumbia, un reportage disegnato del suo viaggio in Sud America alla scoperta di un tipo di musica che, a suo dire, l’ha “completamente ribaltato”.

Ringraziamo lo staff di Oblomov e in particolare Luigi Scaffidi per la collaborazione.

 

Ciao, Davide, e bentornato su BadComics.it!
In una delle canzoni dei Tre Allegri Ragazzi Morti il tuo fratellino ha scoperto il rock ‘n’ roll ed “è fuori control”. Toffolo, invece, ha scoperto la Cumbia e si è ribaltato!

Eh, sì. Questo è sicuro. Mi sono ribaltato qualche anno fa e ho anche cercato di ribaltare l’Italia cumbiera mettendo insieme tanti gruppi sparsi per il nostro Paese in un progetto che si chiama “Istituto italiano di Cumbia”, con il quale siamo già arrivati alla pubblicazione di due compilation.

Travolto da questa improvvisa passione, parti per un viaggio in Sud America alla scoperta delle origini di questo genere musicale. In questa prima parte c’è una netta predominanza della componente divulgativa a discapito di quella autobiografica. C’è la volontà di cambiare qualcosa nel tuo metodo di scrittura?

Il cammino della cumbia, copertina di Davide Toffolo

Si, è vero, l’aspetto divulgativo è maggiore, ma l’opera in sé si presta a molte chiavi di lettura. È costruito con un modalità che avevo già usato in passato per “Pasolini” o “Il re bianco”, ovvero scritture di fantasia che si vanno a innestare su un vissuto nato da viaggi alla scoperta dell’argomento dei miei libri: nel primo caso attraverso l’Italia, nel secondo al capezzale del re bianco. In questa occasione si è trattato del viaggio più incredibile della mia vita: in Sud America alla ricerca di una musica ancestrale, nata in Colombia e poi spostatasi in tutto il continente. La volontà era quella di ripercorrerne a ritroso lo sviluppo, partendo da Buenos Aires e giungendo poi a Cartagena.

È un documentario a fumetti e per me si tratta sicuramente di un’esperienza nuova. Sono un fumettista molto attento al linguaggio del medium e mi piace sperimentare sempre soluzioni nuove, piuttosto che ripetermi.

Vista l’attesa attorno al prossimo disco dei Tre Allegri Ragazzi Morti, dobbiamo aspettarci qualche contaminazione di genere? Porterai avanti qualche altro progetto in cui utilizzerai queste influenze?

Anche se nel disco precedente, “Inumani” [del 2016], c’era un pezzo in cui utilizzavamo questi suoni [In questa grande città – La prima cumbia, feat. Jovanotti – NdR], nel prossimo album dei Tre allegri ragazzi morti non ci saranno contaminazioni di genere. Non posso anticipare molto, ma sarà un disco decisamente più rock, quasi un ritorno alle origini. Invece, con l’Istituto italiano della Cumbia abbiamo realizzato delle compilation in cui ci sono anche alcuni miei pezzi in cui mi diverto con queste sonorità.

Quali sono gli aspetti di questo viaggio in Sud America che ti hanno colpito maggiormente?

Indubbiamente la fascinazione di un viaggio lungo oltre ottomila e cinquecento chilometri, attraversando cinque paesi diversi, durante il quale ho incontrato più di cento artisti legati a quest’idea di musica folkloristica che si rinnova con l’elettronica.

Oltre a quest’aspetto, non posso trascurare il risvolto umano dell’esperienza, che mi lasciato in dote una quantità di amici e musicisti davvero impressionante. Siamo stati a casa dei Los Mirlos, che in Perù equivale a dire che siamo stati a casa dei Beatles. Abbiamo conosciuto un cumbiero considerato uno dei più cattivi in circolazione, e che invece si è rivelato una persona dall’intelligenza molto acuta. Insomma, tutto incredibile. La seconda parte del viaggio, invece, è ambientata in Ecuador e Colombia, e credimi ci sarà ancora tanto da leggere.

A un certo punto del libro, il tuo personaggio dice: “La maschera mi serve per proteggere la mia immagine pubblica”. La maschera che indossi anche adesso è qualcosa che ti contraddistingue e ti accompagna ancora.

Il cammino della cumbia, anteprima 01

Come ti dicevo prima, sono diversi i livelli di lettura di quest’opera. Ne “Il cammino della Cumbia”, accanto a una parte documentaria trova posto una di finzione e una legata al mio vissuto. L’umanità delle persone che mi hanno accompagnato in questo viaggio Nahuel Martinez e Paulonia Zumo mi è servita per costruire due personaggi diversi: il primo a incarnare un mago e, quindi, la componente mistica della storia, aspetto che, soprattutto in Bolivia, diventa davvero molto forte e influenza non poco i toni del libro; la seconda per raccontare la femminilità, altro aspetto predominante del volume. Durante questa esperienza, inoltre, sono entrato in contatto con maschere molto simili alla mia, e a quella della mia persona, in particolare con quella dell’orso. Questa maschera poggia su una storia della tradizione popolare in cui un orso rapisce una ragazza e concepiscono un ibrido, mezzo uomo e mezzo orso, che mi somiglia non poco.

Insomma, utilizzo sempre delle maschere nei miei racconti, mi servono per costruire degli archetipi da utilizzare. Non voglio entrare troppo nello specifico raccontando altri episodi, ma ci sono tanti elementi legati alle maschere che ricorrono nel libro. È stato un viaggio che mi ha colpito tanto.

A dispetto di altri tuoi romanzi grafici, manca quella componente carnale che da sempre rappresenta una peculiarità della tua narrativa. È cambiato qualcosa dentro te tanto da spingerti a tenere nascosta questa componente?

C’è sempre una quota di finzione in tutto quello che scrivo, e in questa parte ricopro quella dell’uomo in difficoltà rispetto al femminile. Non posso anticipare nulla, però nella seconda parte del racconto si capirà meglio.

Nel tuo viaggio trova posto anche il Re, Jack Kirby. Per raccontare alcune sequenze di questa fantastica esperienza richiami il grande artista americano omaggiandone lo stile.

Assolutamente sì. Avevo ben presente gli Inumani, una saga costruita sull’immaginario Incas, sulla possibilità di una civiltà aliena, degli dei che hanno dato origine all’umanità. Quando mi sono trovato in quei posti sugli altopiani, mi sono sopraggiunte subito le immagini che ho voluto proporre.

Tra le novità e gli aspetti più interessanti de “Il cammino della Cumbia” c’è il fatto che si tratta del tuo primo romanzo a colori.

Esatto. È il mio primo libro concepito a colori. Volevo sperimentare e ho pensato di proporre soluzioni in grado di richiamare le emozioni che vivevo da ragazzino quando leggevo quei giornalini pulp pieni di retini.

Quando avremo modo di leggere la seconda parte di questo viaggio?

La volontà è quella di finirla prima dell’estate. Sono davvero travolto da questa storia e ho la voglia di completare tutto quanto prima.

In chiusura, come stai vivendo quest’ultimo periodo della tua carriera in cui stai raccogliendo tanti riconoscimenti? Se ci pensi, quando hai iniziato a portare avanti la tua idea di Fumetto e di musica eravate in pochi.

È un momento sicuramente particolare. Gli ultimi due anni li ho vissuto seguendo questo progetto, sia per quanto concerne lo sviluppo della storia che per la stampa, e scrivendo il materiale per il nuovo disco. La parte difficile, quindi, posso dire che me la sono lasciata alla spalle, adesso mi aspetta quella più facile ed eccitante per me, ovvero quella dei concerti.

Per come hai detto tu, sì, penso di essere stato il primo a immaginare un certo tipo di sviluppo del Fumetto, sulle performance dal vivo, sull’incontro tra Fumetto e musica. Allo stesso tempo, ti dico che io sono sempre in azione: ho fatto più di duemila concerti che si notano sicuramente meno dei libri che ho fatto ma che sono lì a testimoniare il mio cammino. Non mi fermo a ripensare a ciò che ho realizzato, guardo avanti.

 

Davide Toffolo e Pasquale Gennarelli