Alla recente Lucca Comics & Games 2018 era presente Li Kunwu, autore, insieme a Philippe Ôtié, della trilogia di fumetti che compongono Una vita cinese, che i nostri lettori dovrebbero ben conoscere. Non ci siamo lasciati sfuggire l’occasione di intervistare l’artista di questa straordinaria opera storico-autobiografica.

Ringraziamo add Editore, in particolare Ilaria Benini e Enea Brigatti, per la collaborazione, nonché Martina Renata Prosperi per la traduzione. Vi lasciamo alla nostra interessante chiacchierata con lo squisito Li Kunwu, dalla quale abbiamo imparato qualcosa di più sul suo straordinario Paese e sulla sua arte:

 

Diamo il benvenuto a Li Kunwu su BadComics.it! È un piacere ospitarla sul nostro portale. Partiamo da com’è nata la sua passione per il Fumetto e da quali opere appartengono alle letture della sua gioventù.

Grazie a voi. La mia passione per il Fumetto risale agli anni ’60, quando ero ancora un bambino. Allora, a disposizione non c’erano i manuha come li intendiamo oggi, ma i fumetti cinesi tradizionali, più vicini alle vostre strisce e illustrazioni, i lianhuanhua.

Com’è nata l’idea alla base di “Una vita cinese”: dal desiderio di realizzare una sua biografia o di ripercorre prima di tutto la Storia degli ultimi cinquant’anni del suo Paese?

Tutto è nato dalla voglia di raccontare la mia vita, ma più andavo avanti a farlo e più mi rendevo conto che questa fosse in stretto rapporto con quanto accadeva nello stesso periodo in Cina. Quindi, alla fine, ho unito le due cose, dando risalto a quegli avvenimenti che non erano solo un sottofondo ma erano intimamente intrecciati alla mia vicenda.

Come ha conosciuto Philippe Ôtié, lo sceneggiatore della trilogia? E com’è nata la collaborazione su questo progetto?

Nel 2005, Philippe Ôtié venne in visita a Kunming, la capitale dello Yunnan, dove vivo. Tramite un suo amico ci siamo conosciuti e lui ha iniziato a vedere i miei lavori. Ne è rimasto subito colpito, chiedendomi se fossi disposto a collaborare con lui. Così, è nata una prima storia, incentrata su Marco Polo, e da lì è scaturito sia il nostro rapporto di lavoro che la nostra amicizia.

Il suo tratto è molto particolare ed espressivo. Ha dei maestri o delle opere a cui si ispirato? E come si è affinato nel tempo?

Sicuramente, l’influenza più forte che ho ricevuto è legata ai lianhuanhua. Non sono mai stato particolarmente attratto dal Fumetto giapponese o da quello americano. Ho cercato, invece, di coniugare lo stile del Fumetto classico cinese con il taglio più tipicamente cinematografico del vostro Fumetto occidentale.

Il primo volume, “Il tempo del padre”, è incentrato sulla sua giovinezza e sul governo di Mao Zedong: anni duri, di sofferenza, ma anche di gioie della fanciullezza. Ci può confessare il ricordo più doloroso e quello più piacevole di quegli anni?

Senza dubbio, il ricordo più bello è quello legato al mito di Lei Feng. Quello più brutto è il caos che è scoppiato in seguito alla Rivoluzione Culturale.

A proposito di Mao Zedong, quanto è conosciuto e comè viene considerato oggi in Cina il “Grande Timoniere”, soprattutto dai giovani?

In generale, posso dire che la maggior parte dei cinesi, ancora oggi, ha una grande stima di Mao Zedong, ma ci sono anche non pochi miei connazionali che lo criticano.

Nel secondo libro, “Il tempo del Partito”, la fede e la speranza di un uomo si trasferiscono in un organo politico. Secondo lei, a prescindere dal contesto specifico, quando ciò accade, è un bene o un male?

Credo che sia sempre un bene. Un conto è avere una persona sola che decide cosa fare e fa ciò che ha deciso; diverso e molto meglio è, invece, quando c’è un gruppo di persone che discutono tra loro prima di agire.

Lei racconta con grande incisività il suo desiderio quasi ossessivo di entrare nei ranghi del partito. Cosa significava per lei farne parte? Una sua vittoria personale o poter rendere orgoglioso suo padre?

Entrambe le cose. Lo volevo sia per me che per mio padre.

Il grande cambiamento del Paese coincide con la figura di Deng Xiaoping. È uno dei leader politici che ha fatto cambiare letteralmente pelle alla Cina, e una delle figure più influenti di sempre a livello mondiale.

Sono assolutamente d’accordo. Se non ci fosse stato Deng Xiaoping, la Cina non avrebbe mai intrapreso quel percorso che ha portato il Paese allo stato attuale.

Nell’ultimo capitolo della trilogia, “Il tempo del denaro”, si racconta del brillante compromesso tra Socialismo e Sistema Capitalista, che è un successo unico al mondo, per i risultati ottenuti in Cina. Lei crede che sia ancora valido oggi e sia la strada da seguire anche in futuro?

È una domanda complessa, e io non sono un esperto di Politica né di Economia. Dal mio punto di vista, penso di sì, che almeno in questo momento sia la strada da seguire. Quando è iniziato il cambiamento, le varie riforme hanno portato a situazioni paradossali e conflittuali, ma siamo stati capaci di risolvere tanti problemi. Alla fine, penso che più si vada avanti e più problemi sorgeranno, ma allo stesso tempo saranno sempre più quelli che avremo risolto.

Tra i fatti del terzo tomo è centrale la protesta di piazza Tienanmen, che ai tempi colpì molto l’opinione pubblica mondiale. Lei, con uno strappo alle regole dell’opera, prende in una certa misura una posizione in controtendenza. Ce la vorrebbe spiegare meglio?

Io ritengo che i fatti di piazza Tienanmen, semplicemente, non dovessero accadere. Dopo tanti anni, mi rendo conto che in Cina, in quel periodo, c’erano tante cose che non andavano, non solo quelle che hanno portato a quell’avvenimento. Sono convinto che per raggiungere una condizione di equilibrio e di stabilità serva tempo e ci voglia pazienza. Per cui è stato un errore, secondo me, quella protesta, anche se oggi è ancora presto per poterla giudicare dalla giusta prospettiva.

Veniamo al presente: sta lavorando a qualcosa in particolare in questo momento? 

In questo periodo sto lavorando al mio decimo libro. È una storia su mia madre. Non posso dire altro, spero che add editore possa pubblicarlo anche qui in Italia.

Vogliamo salutarla, signor Kunwu, chiedendole un fumetto, una lettura da consigliare ai lettori di BadComics.it

Vi consiglierei un mio libro: una storia di francesi e italiani venuti cent’anni fa in Cina per costruire una ferrovia nella mia provincia d’origine, lo Yunnan. Si intitola “La voie ferrée au-dessus des nuages”. Purtroppo non è stato tradotto in Italia, ma lo potete leggere in francese.

 

Li Kunwu