Come dovreste già sapere, Kelly-Sue DeConnick è attualmente impegnata su Aquaman per regalare ai lettori DC Comics la propria versione del personaggio di Arthur Curry; dallo scorso dicembre, racconta le gesta dell’eroe degli oceani tagliando i ponti con il passato per navigare in acque narrative ancora vergini.

Ecco cosa racconta la sceneggiatrice di Captain Marvel e Pretty Deadly a Newsarama riguardo il suo ritorno – dopo diversi anni di impegno su progetti indipendenti – presso una major del Fumetto e l’evoluzione del suo stile di scrittura:

 

Aquaman #46, copertina di Robson Rocha

Mi sento come se fossi inseguita, devo essere onesta. Tutto è tornato a essere velocissimo. I miei colleghi che si occupano dei disegni e dei colori sono pazzeschi e lavorano davvero a gran velocità. Le pagine mi arrivano a ritmo incredibile e senza cali di qualità. Robson Rocha, il disegnatore di Aquaman, ha costruito un mondo visivamente affascinante e molto ricco, ampio e mitologico.

Non è un lavoro poi così diverso da quello che faccio sui progetti indipendenti, se non per il fatto che là sono completamente libera mentre in questo caso passo attraverso la revisione degli editor. Ne ho uno anche per i miei fumetti indipendenti, ma sono io la sua datrice di lavoro. La parola finale è sempre la mia. Ovviamente non è così quando lavori per altri, ma non è che nelle redazioni ci siano persone negative come si immagina da fuori. Vogliono sinceramente che racconti storie folli.

Se mi sento cambiata da quando lavoravo alla Marvel? Non saprei. Santo cielo, spero di non essere rimasta uguale e stagnante. Non vorrei mai essere la stessa autrice di otto anni fa, sarebbe tristissimo. Ma devo dire che io non sono molto capace di valutare il mio lavoro. Cosa vera per moltissimi scrittori che conosco, tra l’altro. O non riusciamo a darci un voto o pensiamo di essere dei super fighi o delle super caccole. Senza vie di mezzo.

Mi piace pensare di avere più registri di quelli che probabilmente ho in realtà. A volte sono convinta di saper variare un sacco di stili, ma se mi prendete nei giorni sbagliati mi trovate disgustata e stanca della mia stessa voce, delusa dal fatto che ripeto in continuazione gli stessi trucchi narrativi e torno sugli stessi temi.

Ci sono volte in cui penso che, avendo imparato le “regole” della scrittura, ho con il tempo perso un po’ di freschezza, quella che avevo su Osborn, che scrissi per la Marvel. Era scritta in maniera romanzesca anche se non sono una scrittrice di romanzi, quindi non ne aveva la struttura. Ma in quelle storie non vedo tanti errori che vedo nella prosa letteraria di tanti, che non capiscono il formato del romanzo. C’era in quelle storie una novità una spregiudicatezza che temo a volte di aver perduto, imparando come si scrive. Spero che la mia carriera mi riporti, a un certo punto, alle caratteristiche più uniche e peculiari della mia voce.

 

 

 

Fonte: Newsarama