Alla fine del 1997, nel panorama italiano dei manga si crea un grosso vuoto a causa della conclusione di Dragon Ball, il fenomeno editoriale che ha avvicinato migliaia di lettori al fumetto giapponese. Star Comics ha l’onere di trovare l’erede spirituale di un titolo così celebre e la scelta ricade su Dragon Quest – La Grande Avventura di Dai, titolo che gode della parola “Dragon” nel titolo ed è stato realizzato dal Bird Studio di Akira Toriyama, per cui ha diversi elementi in comune con le avventure di Goku & co.; inoltre il manga è ispirato a una saga di videogiochi di ruolo molto popolare in Giappone per la quale Toriyama cura il character design.

Dallo stesso videogioco è tratto un altro manga (iniziato in patria un paio di anni dopo La Grande Avventura di Dai) che Star Comics ha proposto parallelamente: Dragon Quest – L’Emblema di Roto. Questo fumetto si distingue dal suo simile per un approccio più adulto, come si può intuire già sfogliando qualche volume e osservando le tavole, ma anche l’aspetto narrativo è più ricercato, pur seguendo una struttura simile a quella di molti altri shonen manga.

Roto ArusSi può dire senza dubbio che L’Emblema di Roto è uno dei migliori, se non -il- migliore, tra gli adattamenti a fumetti di un gioco di ruolo; non tanto per la qualità intrinseca dell’opera, ma per l’efficacia della trasposizione di certe dinamiche ricorrenti negli RPG in un medium differente come il manga. Esistono tante opere che per rimanere fedeli al prodotto originale trascurano la leggibilità o la possibilità di dare forma a un racconto avvincente, e altre che invece riescono a creare un ottimo prodotto in cui però si riconoscono pochi elementi della sua fonte. Questo non si può dire di Roto, che trova un perfetto equilibrio tra questi due estremi: qualunque lettore, pur non conoscendo l’origine della serie, può apprezzare tranquillamente il manga pur comprendendo in poco tempo che deriva da un videogioco di ruolo.

La storia è incentrata sulla dinastia dei Roto, nella cui casata si possono trovare i discendenti del Prode Guerriero, l’eroe che in passato ha sconfitto il Grande Re Magico Zooma. Ora un altro malefico re demoniaco è giunto sulla Terra e vuole impedire la possibile nascita di un suo futuro avversario, sbarazzandosi dei neonati delle due famiglie Roto: la famiglia Kamen riesce a fuggire dagli attacchi dei servi del perfido Imajin e nasconde il piccolo Arus in una foresta, ma l’altro discendente cade nelle grinfie del demone che lo rende suo servitore attraverso il nome maledetto Jagan.

Il Prode Guerriero Ares citato più volte nella storia è il protagonista di Dragon Quest III, il capitolo della saga videoludica a cui L’Emblema di Roto fa riferimento, sviluppando però una trama e personaggi completamente originali; si possono riconoscere creature e ambientazioni, ma la trama è unicamente frutto delle menti di Chiaki KawamataJunji Koyanagi.

Arus è stato tratto in salvo da Lunaphrea, la figlia del capo delle guardie reali, che lo fa crescere in un piccolo villaggio nella foresta, lontano dalle minacce dell’impero demoniaco; una volta cresciuto però il ragazzo deve andare incontro al suo destino, così inizia a girare per il mondo preparandosi ad affrontare Imajin. Il giovane eroe inizia il suo addestramento nella torre del saggio Kadal, un alleato del prode Arel che lo istruisce nel combattimento e nell’utilizzo della magia; inoltre indirizza il suo viaggio, suggerendogli di mettersi alla ricerca dei tre kenou, gli esperti di arti della spada, di arti marziali e di magia che discendono dagli aiutanti leggendari del primo Prode Guerriero.

Arus incontra così Yao, abile nel kung-fu, e il giovane clown Norop, ragazzino che ignora di essere in realtà il kenou della conoscenza Poron, ma la sua vera natura affiora presto; il terzo compagno e Kira, amico d’infanzia del protagonista che lo accompagnava nel viaggio ignorando di rivestire un ruolo così importante grazie alle sue doti da spadaccino.

La squadra gira per il mondo affrontando i re demoniaci delle bestie, del mondo sottomarino, dei draghi, fino allo scontro con Jagan; Arus viene sconfitto e ridotto in fin di vita, ma appena si ristabilisce si mette in marcia per forgiare una spada di olihargon, l’unico metallo in grado di ferire il servitore della famiglia demoniaca.

Roto castDurante il secondo scontro tra Arus e Jagan si intromette Astea, la terza discendente della dinastia Roto (una ragazza erroneamente trasformata in un maschio nella traduzione italiana) che è sempre vissuta nel regno sotterraneo aspettando il momento giusto per rivelare la sua identità. Anche Astea, come gli altri due combattenti della famiglia Roto, ha un frammento di medaglione, grazie al quale Arus può accrescere il suo potere e sconfiggere Jagan.

Purtroppo la minaccia più grossa deve ancora arrivare: il Grande Re Magico infatti riesce a liberarsi dalla dimensione in cui era intrappolato e giunge sulla Terra, assorbendo il potere di tutti i demoni che lo avevano servito. Dopo un duro combattimento Arus si convince di averlo sconfitto, ma Imajin riesce a salvare il suo spirito impossessandosi del corpo di Jagan. Neanche questo espediente però ha successo, perciò il Re demoniaco è costretto ad assumere la sua forma definitiva, davanti alla quale non c’è più alcuna speranza. Gli eroi decidono quindi di separarsi, vivendo in pace il poco tempo che rimane prima della distruzione del mondo, ma i tre Prodi guerrieri della dinastia Roto sferrano un ultimo attacco; l’intervento dei loro compagni consentirà loro di utilizzare un ultimo potente incantesimo che sconfigge definitivamente il perfido Imajin.

A differenza di molti altri shonen manga, L’Emblema di Roto non è facilmente divisibile in saghe, ma ha una trama compatta che racconta lo scontro di Arus contro Imajin, mostrando le tappe che porteranno al combattimento finale. Non ci sono nuovi nemici più forti, trame ulteriori o passaggi che allungano la narrazione; la sensazione è che tutto sia stato pianificato dall’inizio e non ci siano elementi aggiunti in corsa, fatto ovviamente improbabile considerando la durata del manga superiore a un decennio.
Uno dei meriti principali del fumetto sono senza dubbio i disegni di Kamui Fujiwara, dettagliati e ricchi di tratti che riempiono ogni vignetta, con uno stile caratterizzato in grado di distinguersi anche grazie a una qualità sopra la media.

Ora Star Comics ripropone in Italia Dragon Quest – L’Emblema di Roto con una Perfect Edition con un formato superiore alla versione precedente e ripristinando le pagine che in Giappone erano state pubblicate a colori; è l’opportunità per scoprire un manga che non ha ottenuto nel nostro Paese la popolarità che si meriterebbe, forse anche a causa dell’assenza di una versione animata, ad eccezione di un OAV ambientato poco prima dell’inizio effettivo della vicenda.
Il trio di autori è poi tornato sulla serie, realizzando tre brevi episodi autoconclusivi (dedicati ad Asteea, Aran e Poron) e un sequel che in Giappone prosegue ormai da 10 anni; inutile dire che speriamo vengano presti proposti anche al pubblico italiano, magari in coda all’attuale ristampa.