Il disegno del fumettista, intitolato Still Life, non coinvolge personaggi e si concentra su spiragli di New York durante la pandemia, una visione di tranquillità che rappresenta in modo inusuale la città che non dorme mai.
Ware – Avendo vissuto a Chicago per trent’anni, sono sempre stato solo un turista a New York, ma la amo come nessun’altra città. Brulicante di persone imprevedibili, luoghi inimmaginabili e momenti inaspettati, la vita laggiù non viene scandita dalle ore ma da intensi minuti che possono riempirti la giornata quanto un intero anno di vita.
Ultimamente, tuttavia, da quando siamo chiusi nelle nostre case per affrontare un terrore planetario, il tempo sembra si sia accartocciato su se stesso un po’ ovunque, quasi come in Ricomincio da capo, intrappolato in una sorta di presente continuo o, come direbbe più precisamente la mia collega del New Yorker Masha Gessen, “intontito, punteggiato e a volte perpendicolare a se stesso“.
Ma il disastro può avere anche un pregio ricalibrante. Ci ricorda che anche le cose di tutti i giorni (la colazione, il prato, il coniuge) possono essere avvolte dall’ansia e dal surreale. Siamo in una fase di bassa marea, ma come mi ha detto stamane mia moglie, che è un’insegnante di biologia, “Per un po’, dovremo fare un passo indietro e stare a guardare“. E, davvero, quando lo si fa, è piuttosto meraviglioso.
Fonte: New Yorker
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