In occasione del 200° numero di Dampyr, festeggiato alla scorsa Lucca Comics & Games con la splendida copertina variant di Simone Bianchi, abbiamo intervistato per voi Majo – al secolo Mario Rossi – l’artista che ha firmato – tra gli altri – i primi due numeri della serie, intitolati Il figlio del diavolo e La stirpe della Notte. Scritte dai suoi due creatori – Mauro Boselli e Maurizio Colombo – queste storie sono state recentemente raccolte in lussuoso cartonato da 208 pagine, impreziosito da una copertina inedita dello stesso Majo e intitolato Dampyr: Il figlio del diavolo.

 

Ciao, Mario e benvenuto su BadComics.it!
Il numero 200 di Dampyr è stato un bel traguardo. Il primo numero della serie risale all’aprile del 2000 e, come il successivo, porta la tua firma. Quanto hai contribuito alla definizione estetica dei soggetti principali: Harlan, Kurjak e Tesla?

Ciao e grazie a voi. Per Harlan ho seguito le indicazioni precise dei due creatori del personaggio, che facevano riferimento all’attore Ralph Fiennes, mentre Tesla e Kurjak – posso dirlo con orgoglio – sono farina del mio sacco. Per Tesla il rifermento di Mauro Boselli e Maurizio Colombo era Annie Lennox; io in realtà mi sono ispirato a una modella. Per Kurjak, invece, avevo usato un’immagine del fotografo Richard Avedon relativa a un soggetto che ricordava tratti tipicamente balcanici.

Hai decisamente lasciato il tuo marchio sui tre protagonisti di Dampyr. Alcuni lettori hanno notato delle analogie con i personaggi di Hammer, serie Star Comics che hai contribuito a creare. 

Dampyr: Il figlio del diavolo, copertina di MajoSì. Non è la prima volta che ricevo questa osservazione. Un po’ il caso e un po’ il fatto che sono sempre stato io a eseguire gli studi dei personaggi hanno concorso a generare inevitabili analogie. Il caso, in veste di gusti personali, ha indotto noi creatori di Hammer, come Mauro e Maurizio per Dampyr, a scegliere tre personaggi per le rispettive serie, con la differenza che in Hammer i protagonisti avevano suppergiù lo stesso peso, mentre Harlan è indiscutibilmente il personaggio principale, rispetto ai suoi compagni d’avventura.

L’altra analogia, ancora più evidente, riguarda i due interpreti femminili, Helena di Hammer e Tesla di Dampyr, ambedue bionde e con i capelli corti (solo inizialmente per Helena, che mostra già dal settimo numero una definitiva ricrescita!). Anche i modelli di riferimento sono diversi: Helena ricalca i tratti di un’amica, mentre Tesla è ispirata a una modella di un servizio fotografico di moda. Due personaggi diversi che il trattamento e lo stile personale, oltre alla forte personalità dimostrata in entrambe le serie, hanno reso molto simili.

Come ti sei trovato a lavorare su una serie dai toni piuttosto cupi come Dampyr? Ti sei subito trovato a tuo agio?

Diciamo che avevo fatto qualcosa di simile all’inizio della mia carriera: Full Moon. Non era un fumetto specificatamente horror, ma c’erano diversi elementi paranormali. Poi ho fatto fantascienza, per cui il buio, per certi versi, è da sempre nelle mie corde. Lavoro molto sulle ombre e devo dire che con Dampyr mi sono trovato subito a mio agio, sì.

Il tuo Dampyr, a prescindere dal fatto che sia stato il primo, è risultato subito iconico ed è rimasto impresso nell’immaginario del pubblico.

Lavoro molto rifacendomi alla fotografia. Mi sono basato completamente sulle immagini di Ralph Fiennes. All’inizio ce n’erano poche, ora con il proliferare della rete ci si può sbizzarrire. Ricordo che mi documentai sul film di riferimento, Strange Days, e che consumai il fermo immagine del VHS [sorride]. Gli ho dedicato molto tempo e impegno. Cerco sempre di dare una tridimensionalità, un’anima ai miei personaggi, e in quel caso si trattava di quello principale. Sono felice che i lettori me lo riconoscano.

Quando si parla di ambientazioni, paesaggi reali e contesti storici, la documentazione e la fotografia sono certamente un valido supporto. Quando invece bisogna confrontarsi con l’elemento fantastico, invece, da dove trai ispirazione?

Premetto che l’elemento sovrannaturale, quello più spinto, mi risulta piuttosto ostico. Mauro lo sa e solitamente cerca di venirmi incontro proponendomi storie piuttosto realistiche [sorride]. Ovviamente con una serie come Dampyr non puoi evitare certi soggetti. Quando mi capita, provo a immaginare una realtà distorta, ma ho bisogno di un approccio concreto. Per esempio per creare un mostro, parto da un animale: lo deformo, lo incrocio con un altro, lo scompongo e ricompongo fino a quando non sono soddisfatto. I miei mostri sono sempre molto sostanziali, non certo eterei!

Sappiamo che Mauro Boselli ti ha arruolato nello staff di Tex. Quando ti rivedremo su Dampyr?

Il “Texone” a cui sto lavorando mi porterà via almeno un altro anno. Per cui non c’è ancora nulla di programmato per quanto riguarda Dampyr.

Possiamo considerarti un disegnatore di Dampyr, Tex o entrambi?

Mi piacerebbe essere considerato un disegnatore e basta! [ride] A me piace cambiare, non fermarmi a lavorare sempre sulla stessa serie. Su Dampyr ho lavorato per una quindicina d’anni perché sono pochi i fumetti come questo, che ti danno la possibilità di spaziare tra tanti temi e le situazioni più diverse. Ma a essere sincero sento il peso della continuità e il bisogno di fare altre cose. Sono disponibile a qualsiasi proposta!

Majo a Lucca Comics & Games 2016