Il primo numero di American Vampire 1976 è già sugli scaffali delle librerie americane e lo sceneggiatore Scott Snyder ha risposto a diverse domande in merito al ritorno del personaggio di Skinner Sweet, dopo quattro anni di assenza dalle scene, per i disegni di Rafael Albuquerque. Una storia che, secondo Snyder parla moltissimo dell’oggi e di una serie di temi per lui molto sentiti.

 

 

Ecco quanto di più interessante l’autore ha dichiarato sulle pagine di Comic Book Resources, riguardo questa storia ambientata negli anni Settanta in cui è nato e che non ricorda granché, ma che, ne è convinto, sono il decennio perfetto per questa vicenda, poiché pieno di richiami e rimandi all’atmosfera di crisi che siamo vivendo nella quotidianità.

 

Snyder – Ho sempre pianificato di scrivere il finale della storia nel 1976, perché è il bicentenario della nascita del nostro Paese, che aveva l’ansia di celebrarlo, ma in realtà vedeva tutto quanto andare storto. L’economia era in crisi, Nixon era sotto processo, c’era il terrore del terrorismo e la nostra vulnerabilità rispetto a Cina, Russia e Iran era evidente. Tutto questo ci faceva mettere in crisi il nostro ruolo dominante e la nostra funzione nel mondo.

Un momento molto affascinante cui siamo molto vicini oggi, specialmente lo eravamo nel 2016 e 2017. Mi sembrava appropriato proprio perché abbiamo la sensazione che la storia possa andare in una direzione piuttosto che in un’altra al primo soffio di vento: per un voto, per un giudice. Raramente il nostro destino è stato così malleabile e mutevole. American Vampire ha sempre parlato anche di questo, osservando la storia tramite lo sguardo dei mostri, guardando aspetti del nostro spirito nazionale che possono essere visti come eroici o criminali a seconda del punto di vista.

 

Snyder non nega di mettere sempre molto di sé nelle proprie storie, sebbene in maniera sempre diversa. Se Wytches parla delle sue parole riguardo la famiglia e il proprio ruolo di figlio e padre, Metal del suo amore per i super eroi, American Vampire è invece una summa di ciò di cui gli piace scrivere. Una storia horror sula storia, che contiene molta mitologia, ma anche atmosfere da soap opera e, ovviamente, la leggenda americana. Di tutti i suoi fumetti, American Vampire è quello che più lo fa sentire a casa.

 

American Vampire 1976 #1, copertina di Rafael Albuquerque

Snyder – Sono un grande fan della musica folk, dove spesso si incontrano questi personaggi che trovi agli incroci fra le strade, pronti a proporti un patto. Oppure li vedi mentre suonano una canzone con uno strumento e a trascinarti con sé all’inferno. Si tratta di un’interpretazione molto americana del mito del diavolo al crocevia, stampata a fuoco nel nostro immaginario collettivo, se non nella nostra ideologia religiosa. Volevo creare una figura simile, mostrare ai lettori quel tizio che ti conosce anche se non sai perché e che potrebbe spuntare fuori da un momento all’altro.

Gray Trader è nato così, per essere il cattivo più spaventoso dell’intera serie. Viaggia attraverso i tunnel sotterranei e ha con sé un intero esercito. Ormai è diventato il braccio destro del male più antico del mondo ed è davvero divertentissimo da scrivere. Ogni personaggio della storia ha una sua posizione nella mitologia dell’America. Signalman, con il suo aspetto da cowboy classico, Pearl, che incarna la starlet degli anni Venti… Ognuno fa riferimento a un’icona e Gray Trader è il diavolo al crocevia.

Nel corso degli anni, avrei voluto raccontare un sacco di cose su Jim Book. La sua relazione con Skinner e il modo in cui sono cresciuti insieme, hanno per me un valore primigenio, mitologico, come tutte le storie sui fratelli. Uno diventa buono, l’altro cattivo. E, sin dall’inizio, avevo piani per lui molto più ampi di quanto abbiate visto. Ma poi, scrivendo il soggetto, mi sono così innamorato di Pearl che ho deciso di guardare al futuro, invece che indugiare nel passato. Però ho sempre volito che la gente sapesse che era Jim Book che tirava le fila dietro le quinte, nel numero #34. Tuttavia, avevo il dubbio che, per come stavo impostando la storia, la rivelazione fosse troppo scontata.

Spero che sia risultata come una sorpresa, perché avevo davvero timore fosse un po’ telefonata. Ma la ragione per cui ho voluto riportarlo in scena ora è che, per me, lui era originariamente colui che doveva essere sulle tracce di Skinner, che doveva tentare di riportarlo tra i boni. E ora, alla fine della storia, credo che sia il perfetto antagonista per Skinner, che deve finalmente decidere il proprio ruolo nella guerra in atto, dato che finisce per esserne il fulcro.

 

Se il personaggio di Pearl è da sempre molto consapevole di sé e sa sin dall’inizio della storia ciò che vuole, ovvero diventare una star di Hollywood non per il successo in sé, ma per ispirare la gente, Skinner è l’esatto opposto, nella visione dell’autore di American Vampire: vuole la gloria, il proprio nome sui manifesti, essere una leggenda che sopravvive al tempo. E nel prossimo arco narrativo dovrà fare delle scelte molto pesanti e decisive riguardo ciò che è disposto a fare per ottenere tutto questo. Non potrà farlo rimanendo mortale.

 

Snyder – Ci sono moltissime questioni che vorrei esplorare, specialmente riguardo Jim Book, ma sono davvero felice che io e Rafael abbiamo l’occasione di realizzare quest’ultimo arco narrativo, perché Skinner e Pearl non sono assolutamente disposti a diventare nemici. Lotteranno sulla stessa barricata ed è solo questione di capire se Skinner riuscirà ad arrivare a quel punto. Jim Book è colui che ha giurato di andare a riprendere il proprio fratello e di farlo fuori se e quando fosse diventato nuovamente malvagio. E questo genere di confronto finale è ciò con cui ho sempre voluto chiudere la serie. Ma c’è un colpo di scena che vi aspetta. Un colossale colpo di scena.

 

Jim Book è il personaggio al cui passato ha contribuito il sostanziale maestro di Scott Snyder: nientemeno che Stephen King. Snyder avrebbe tanto voluto coinvolgerlo nuovamente in American Vampire, ma chiudere la storia nel modo giusto assieme a Rafael Albuquerque era più importante, in quest’occasione. Coinvolgere King a questo punto avrebbe voluto dire forzargli ala mano e non era il caso. La speranza è quella di rivederlo su qualche speciale dedicato alla serie che forse ci attende in futuro.

 

American Vampire 1976 #1, anteprima 01

Snyder – Quest’arco narrativo è il più grosso che abbia mai scritto. Saranno dieci numeri, se riusciremo ad ottenere lo speciale che vorremmo realizzare nel mezzo, e troveremo il modo di riportare in scena tutti quanti i personaggi. Sarà il nostro modo di salutare e ringraziare chi è stato con noi per tutto questo tempo. Abbiamo sempre pianificato questo finale per la storia, prima ancora di farla rinascere sotto altro formato e speriamo che tutti voi ve ne innamoriate come è successo a noi. Siamo davvero orgogliosi di questo finale e abbiamo atteso a lungo di raccontarvelo.

Ricordo che il giorno in cui il progetto di American Vampire fu accettato ero all’ospedale, in attesa della nascita di mio figlio, oggi tredicenne. Mark Doyle mi chiamò e mi disse di aver riscritto la proposta, già rifiutata in precedenza, e che questa volta era stata approvata. Scoppiai in lacrime al pensiero che finalmente sarei diventato uno scrittore di fumetti. Incredibile. E in quel soggetto originale c’era questo arco narrativo, praticamente identico. Ovviamente alcune cose sono cambiate, alcuni personaggi non esistevano all’epoca, come Travis, ma la storia era quella. Abbiamo sempre voluto arrivare qui e sono davvero rati ai lettori che ci hanno portato fino a questo punto, alla conclusione che desideravamo.

 

 

Fonte: CBR