Avrà fatto sollevare qualche sopracciglio l’annuncio della scelta di Benjamin Percy come sceneggiatore della nuova serie regolare di Wolverine. Dopotutto, Logan tornava in pista dal punto di vista editoriale dopo un’assenza di diversi anni, dopo la sua “morte”, ed erano molti i nomi papabili che potevano vantare un discreto curriculum sul fronte mutante. Quello che pochi sanno è che Percy, oltre a essere un grande appassionato e un conoscitore di vecchia data delle gesta di Wolvie, si era già cimentato a lungo nella gestione dell’Artigliato Canadese, anche se in un mezzo diverso da quello fumettistico tradizionale, quello dei podcast.

Come sceneggiatore di The Long Night e The Lost Trail, Percy ha avuto modo di prendere dimestichezza in abbondanza con le molte sfaccettature del personaggio di Wolverine, esperienza di cui ora può fare ampio uso al timone della nuova serie a fumetti, che realizza assieme agli artisti Adam KubertViktor Bogdanovic.

Lo scrittore descrive questo passaggio dall’uno all’altro medium con queste parole:

 

Wolverine: The Long Night #1, copertina di Rafael Albuquerque

Percy – La Marvel mi contattò qualche anno fa per scrivere una serie di podcast. Preparai una presentazione della serie in trenta pagine a spaziatura singola il cui sottotesto essenzialmente era: “Sarà meglio che mi diate questo incarico, altrimenti…”. Ero emozionato non solo per la possibilità di lavorare su Logan, ma anche per quella di esplorare la nuova frontiera dei podcast.

Finii per scrivere due stagioni della serie, The Long Night e The Lost Trail. Da lì adattai la prima in una miniserie a fumetti. Quando Hickman mi contattò e mi disse: “Credo che farai strage su X-Force”, presi il suo consiglio alla lettera e mi assicurai che Wolverine fosse incluso nella squadra. Potremmo dire che, a seguito di tutto questo, mi sia addestrato nella Stanza del Pericolo a lungo, in preparazione della testata su Wolverine in solitaria.

Il podcast è stato anche l’occasione per imparare molte cose su Wolverine, nonostante fossi convinto di essere uno dei maggiori esperti sull’Artigliato Canadese. In audio mi sono reso conto di quanto sia silenzioso. Non che non parli, ma è comunque un uomo di poche parole, perciò mi sembrò giusto metterlo in ombra in occasione del podcast. È una specie di caccia a Wolverine, un giallo: c’è stato un omicidio e lui è uno dei sospetti. Così facendo, sono riuscito a mantenerlo misterioso. A sottrarlo alla luce calda e accogliente dei riflettori dei suoi film.

X-Force #1, copertina di Dustin WeaverCredo che Logan sia il più grande film ispirato a un fumetto mai realizzato. Ho pensato che fosse un approccio autentico al personaggio. In altri film degli X-Men ho avuto l’impressione che fosse diventato una figura troppo familiare per noi spettatori. Volevo defamiliarizzare il pubblico e fare in modo che Wolverine lo terrorizzasse. È un tipo che può fare molta paura. Anche se ha un cuore, è sepolto in una gabbia di muscoli e di adamantio.

Nel fumetto ho trasferito buona parte delle esperienze personali che ho fatto sul podcast e sono riuscito a fare cose che in quel formato non avrei potuto fare. Ad esempio, ho potuto assegnare a Wolverine dei monologhi tramite didascalie, ed entrare nella sua testa in senso letterale. È il genere di persona che non condivide i suoi pensieri con gli altri, e questo ci permette di accedere alle sue sensazioni in un modo che mi era precluso nelle performance audio, in cui poteva condividere al più i suoi pensieri in una lettera o in una telefonata. Cose che non sarebbe mai riuscito a dire di persona. Cose che lo portano a scoprirsi e a rendersi vulnerabile.

 

Wolverine #1, copertina di Adam Kubert

 

 

Fonte: Comics Beat