Grazie a Panini Comics, a Lucca Comics & Games 2019 abbiamo avuto l’onore di incontrare Marco Rota, celebre autore Disney recentemente tornato all’opera sulle pagine del settimanale Topolino con una storia a cui aveva iniziato a lavorare… quasi trentacinque anni fa!

 

 

Nell’intervista a Rota che vi proponiamo qua sotto si parla della lavorazione di Ingorgopoli, delle sue iconiche copertine – da poco raccolte in un volume dalla casa editrice modenese – e delle differenze tra i fumetti Disney realizzati in Italia e all’estero.

 

Buongiorno, signor Rota, e benvenuto su BadTaste.it!
Cominciamo parlando del volume “Marco Rota Cover Collection”, dove ritroviamo le copertine e le illustrazioni che ha realizzato per la testata “Zio Paperone”. Si dice che la narrazione sia soprattutto sottrazione, bisogna essere sintetici tanto nella scrittura quanto nel disegno. Questo a maggior ragione avviene per le copertine, dove si deve in qualche modo riassumere un’intera storia. Ci può parlare del suo lavoro come illustratore e di come sceglieva il soggetto?

Be’, nelle storie a fumetti c’è questo movimento spaziale nella tavola, ci si può muovere con più facilità. Ci sono alti e bassi, momenti più interessanti e altri riempitivi, di passaggio, ma tutto ciò è normale nell’armonia del racconto. Per le copertine il discorso è un po’ differente: bisogna cercare quelli che sono gli elementi caratterizzanti della storia, scorporare i più interessanti e poi fare un’ulteriore scrematura per capire quali si prestino al meglio per sintetizzarla, racchiudendone l’essenza, l’anima.

Quando disegnavo queste copertine, non realizzavo mai un solo bozzetto ma due, tre o quattro. Li mandavo a Lidia Cannatella e le dicevo di scegliere quello che preferiva.

Queste immagini sono ben impresse nella memoria dei lettori italiani. Le sue copertine sono state la “vetrina” di molte celebri storie di Don Rosa, Carl Barks e Romano Scarpa. Mi viene in mente Woody Allen, che giunto nel nostro Paese ringraziò Oreste Lionello per averlo fatto diventare così famoso tra il pubblico italiano, mentre solitamente i doppiatori vengono considerati “inferiori” agli attori sul grande schermo. Le è capitato in maniera simile che questi autori riconoscessero l’importanza del suo lavoro per i lettori italiani?

Barks lo incontrai brevemente a Copenaghen. Mi ringraziò per la copertina in cui l’avevo ritratto, quella che la Disney italiana non aveva approvato. Scarpa e Rosa mi dissero che gli piaceva molto il modo in cui avevo rappresentato le loro storie, ma credo che volessero solo gratificarmi.

Su “Topolino” arriva “Ingorgopoli”, una storia di Paperino che può essere considerata il fumetto Disney con la gestazione più lunga di sempre! Ce ne può parlare?

Topolino 3337Ricordo ancora che nel 1985 stavo disegnando la prima tavola, quando un fattorino di Mondadori mi consegnò un fax. Me lo mandava la direttrice del “Paperino” svedese, dicendomi che le era piaciuta un sacco la storia “Buon compleanno, Paperino” e che voleva pubblicarla, farne un cartonato: la trovava la più bella dai tempi di Carl Barks.

“Ingorgopoli” è una storia che ha una storia. Mondadori ne ha addirittura perso i diritti per quanto tempo è passato. A volte interrompevo la lavorazione: magari quando bisticciavo con la redazione smettevo di disegnarla, e poi riprendevo.

Un paio di mesi fa l’ho completata, ultimando le dodici o quindici vignette che mancavano. Non era il finale, perché non inizio mai dalla prima vignetta per poi proseguire in ordine. Salto qua e là per amalgamare gli stili – perché magari un giorno hai mal di testa o non hai digerito bene… – così da evitare le cadute di qualità.

Poco fa, Alex Bertani ha rivelato che dopo “Ingorgopoli” potremo leggere una selezione delle storie che ha realizzato in questi anni di assenza dalla scena italiana. Quali sono le principali differenze che hai riscontrato in ambito Disney tra Italia ed estero?

Don Rosa di Marco RotaPer quella che è stata la mia personale esperienza, il carattere dei lettori nordici emerge anche nelle fiere del Fumetto: loro sono più ordinati, compiti e ossequiosi. Qui a Lucca sto vedendo un “entusiasmo latino”. Gli italiani si esprimono in questo modo esuberante e rigoglioso: mi stringono la mano, mentre all’estero si inchinano e sono molto più formali.

Riguardo alla produzione, invece, nei paesi nordici seguono da sempre lo stile classico, continuano a utilizzare la struttura della tavola di Barks. Infatti loro definiscono “stile italiano” queste tavole più libere, sperimentali, che in realtà io utilizzo meno perché sono più vicino all’impostazione americana. Mi sono innamorato di quella.

A livello creativo, più o meno le difficoltà e gli impedimenti sono simili: il decalogo Disney per cui non si può inserire questo o quello, la morte o gli arabi per il petrolio. La prima volta che mi arrivò una lettera da Burbank fu per una storia in cui Paperino va in Sud America, in una città dove tutti dormono: i poliziotti, il macchinista del treno, il capostazione, il giudice… Mi dissero che non si poteva pubblicare, e venne censurata perché non era politicamente corretta. Secondo loro presentavo quel popolo come dei fannulloni. Ma questo è uno dei tanti esempi.

In Svezia, in Norvegia e in Danimarca pubblicavano le nostre storie, ma ci mandavano indicazioni del tipo “Tavola 12, vignetta 5: togliere il carro armato”, e quindi si ridisegnavano le scene con elementi che non andavano bene, come i poliziotti con la fondina. In una storia di Scarpa, i Bassotti entravano in banca con le pistole in mano: non si poteva fare, e li abbiamo dovuti disegnare con le mani in tasca che facevano la pistola con le dita per minacciare i banchieri. Sto parlando di quarant’anni fa, ma loro hanno comunque una visione diversa.

Dopodiché, sotto alla casa editrice, a Copenaghen, c’è un negozio di oggetti porno. I bambini che passeggiano con le mamme vedono tutto senza problemi. Sono le loro contraddizioni.

Ci risulta che il suo primissimo lavoro Disney sia stata la copertina di Topolino 500. Com’è possibile che un numero celebrativo così importante sia stato affidato a un esordiente? Ha sentito il peso della responsabilità per questo incarico?

Sì, all’epoca ero assistente di altri grandi autori e presentavo periodicamente le mie tavole di prova. Mario Gentilini, direttore delle testate Disney di allora, stranamente mi chiese se me la sentissi. Invece di esserne entusiasta, gli chiesi: “Ma non è il caso di farla fare a Carpi o a Scarpa?”. Lui insistette, mi propose di disegnare un Topolino stilizzato. Mi aspettavo che avesse delle correzioni da fare, e invece gli andò bene da subito.

Non so ancora per quale motivo sia accaduto. Ero giovane e agli esordi. Ho anche pensato che fosse perché non mi pagava ancora, mentre Carpi e Scarpa sì!

 

Marco Rota