Ieri sera, alla presentazione BAO Publishing de Il buio colpisce ancora al cinema Arcadia, abbiamo chiacchierato con Leo Ortolani di Cinema e delle sue recensioni a fumetti raccolte da BAO Publishing. Presto vi proporremo la videointervista che abbiamo realizzato!

 

 

Qualche giorno prima abbiamo invece chiesto al papà di Rat-Man di parlarci dei suoi numerosi fumetti in uscita e dei progetti futuri a cui sta lavorando. Nell’intervista che potete leggere qua sotto, Ortolani ci ha rivelato una serie di interessanti curiosità e alcune idee che vorrebbe sviluppare.

 

Ciao, Leo! Bentornato su BadTaste.it!
In questi mesi sono stati pubblicati diversi tuoi lavori, e molti sono in uscita o sono stati annunciati. Meno male che volevi riposarti dopo la fine di “Rat-Man”! È più faticoso portare avanti una serie a cadenza bimestrale o lavorare in simultaneamente a molti più albi speciali di quanti ne facessi in passato, tra graphic novel, miniserie e altro ancora?

Rat-Man 123, copertina di Leo Ortolani

È che ho sbagliato clamorosamente tutto. Non è facile, capire come muoversi in questa sorta di Fumetto 2.0, che consiste nel portare in libreria quello che facevi in edicola, ma vergognandoti meno. E usando, come auspicavo da anni, le copertine in cartone rigido, che fanno sembrare il fumetto una vera opera artistica, finalmente! Insomma, ero lì che facevo i programmi per il dopo-serie di “Rat-Man”, ho erroneamente detto di sì a tutti e ho infilato una quantità di progetti nel forno che non era mica normale. Io, non ero mica normale. E nemmeno la vita che ne è seguita, era normale. Alla fine, ho iniziato il 2019 sperando che arrivasse subito dicembre e forse, dico forse, riesco a uscirne vivo, ma solo perché mi sono buttato sul lavoro come l’eroe che si butta sulla bomba per sacrificarsi, solo che nella stanza non c’è nessuno, solo lui.

Così, ecco che nel giro di un anno sono arrivati “Cinzia” (BAO Publishing), la riedizione di “Due figlie e altri animali feroci” (sempre BAO Publishing), “Il buio colpisce ancora” (ancora BAO Publishing, poveretti, non sanno più come buttarmi fuori) e sono in arrivo “Luna 2069” (Feltrinelli Comics, che ho suonato alla porta, Tito Faraci ha aperto e ormai ero entrato), una miniserie di “Star Rats” sui nuovi film (Panini Comics) e un libro di “Misterius” sui “Dinosauri che ce l’hanno fatta” (Edizioni Laterza). Potrei continuare con progetti che arrivano al 2021, ma preferisco fermarmi qui, che non voglio spoilerare.

Effettivamente realizzare libri diversi richiede un impegno di un certo tipo, che è pure divertente, perché cambi continuamente argomento, passi dalla transessualità alla Luna, ai dinosauri. Pure mandare avanti una serie bimestrale era impegnativo, dovendo produrre un numero completo ogni due mesi, ma aveva dalla sua la tranquillità che sapevi di cosa dovevi parlare e ti muovevi in un area conosciuta e cavalcata in lungo e in largo. Alla fine, un po’ si rischia di annoiarsi se non sai bene come raccontare cose diverse.

Diciamo che al momento il lavoro c’è, e parecchio, forse per via che non ricordavo più come fosse impegnativo lavorare a un solo libro, magari con un editore diverso ogni volta, con diverse finalità, con tutta una serie di cose che chiameremo “pre-produzione” e con un tour promozionale che segue necessariamente (di questi tempi) l’uscita di ogni nuova pubblicazione.

Se poi aggiungi che a differenza di molti amici e colleghi ho pure una famiglia da aiutare a gestire, sì, le forze da mettere in campo sono notevoli, ma dopo vent’anni di “Rat-Man” sono abituato. E poi, detto tra noi, mi diverto come un matto.

Qualche mese fa abbiamo letto la nuova versione di “Due figlie e altri animali feroci”, proposta da BAO otto anni dopo la prima stesura, che era stata realizzata durante il processo di adozione. In questi anni, Johanna e Lucy Maria sono cresciute, hanno letto qualcosa del libro? Come hanno reagito?

Due figlie e altri animali feroci, copertina di Leo Ortolani

Quest’estate, per la seconda volta in vita mia, ho dovuto subire un’umiliazione personale, di tipo fisico. Lucy Maria, la mia figlia di dodici anni, tredici tra un mesetto, è diventata più alta di me. Che non è che io sia proprio un nano, eh? Un metro e settantadue l’ho sempre portato a casa. Ma come venni superato da Larry, mio fratello più piccolo – ormai alto in maniera esagerata per un Ortolani – adesso devo subire la stessa cosa da parte della figlia. La figlia più piccola. Quella che chiamo sempre “il mio bebè”.

Quindi, sì, le figlie sono cresciute. In bellezza e arroganza, come amo sottolineare. In interesse per la lettura, meno. Molto meno. Ma hanno ascoltato la lettura spettacolo tratta dal libro e si sono divertite molto. Adesso dovrei scriverne un altro: saltando un secondo libro, dovrei scrivere direttamente il terzo, quello sull’adolescenza, quello che inizia con “Salve, mi chiamo Leo Ortolani e voglio morire”.

Su “Rat-Man Gigante” stiamo leggendo “Il cercatore”, in cui dopo diversi anni ripeschi le “maschere” di Aldo e Giuda per raccontare una nuova storia, come era avvenuto ne “Il grande Magazzi”. Ti mancavano e ti è venuta voglia di utilizzarli fuori dal loro contesto originale come stai facendo con Rat-Man? Pensi di riuscire a dedicarti ai progetti che li riguardano a cui avevi accennato in passato, come la parodia de “Il fantasma dell’opera” e la storia nata come episodio di “Dylan Dog”?

Aldo e Giuda resteranno sempre in giro, questo è chiaro. Ne “Il cercatore” già esistevano quelli che potrei considerare i “prototipi” della coppia di “Venerdì 12”. Sicuramente li rivedremo presto in un progetto di cui preferisco non accennare ancora niente, per scaramanzia, ma è uno dei lavori che devo realizzare nel 2020. Non si tratta della parodia di “Dylan Dog”, che mi riserbo di realizzare comunque nei prossimi tempi (forse nel 2021?). Diciamo che nel 2020 lavorerò appena meno, per riuscire a mettere ordine anche nei progetti che si sono affastellati sulla scrivania (cioè per terra, in mucchi di fogliettini sparsi).

“Rat-Man Gigante” era stata presentata come la testata che avrebbe riproposto cronologicamente tutte le avventure del super eroe in calzamaglia gialla, escludendo il materiale che non lo riguarda. Ultimamente, però, oltre ad avventure inedite che lo coinvolgono, abbiamo visto anche racconti come “Jo Rango” o “Il cercatore”, che vanno in una direzione differente. Sono state inserite per esigenze di foliazione o era la modalità migliore per proporre storie che altrimenti non avrebbero trovato una collocazione?

Rat-Man Gigante 67, copertina di Leo Ortolani

“Rat-Man Gigante” resta principalmente una ristampa della serie di Rat-Man, con il suo carico di dietro le quinte che racconta ai più curiosi da dove arrivino idee e storie che sono confluite nella serie. Con le storie come “Il cercatore” o “Rango” ho semplicemente allargato questa sezione, proponendo addirittura delle storie intere che hanno anticipato quelle presenti nella serie di Rat-Man, come “Rango” lo è stato per “Ratto”, come le strisce de “L’incredibile Ik” hanno anticipato la storia omonima della serie e le tematiche che la chiudono, oppure come “Il cercatore” che rappresenta l’altro ramo “dell’evoluzione narrativa” che venne abbandonato a favore della serie di Rat-Man. Perché un conto è dire “se non avessi fatto la serie di Rat-Man avrei proseguito con storie lunghe di tipo fantasy, a formare un mio personale universo mitologico” e un conto è, a un certo punto, pubblicare, rivedendola nei testi e nei disegni, una di quelle storie, così che chi legge capisca di cosa stavo parlando.

E l’occasione per queste cose l’ha data anche la necessità, come accennavi tu, di dovere completare un numero del “Gigante” a cui mancavano decine di pagine. Il fatto che le storie di “Rat-Man” non abbiano una quantità di pagine fisse è sempre stato liberatorio da una parte ma ti castiga dall’altra, quando devi progettare delle raccolte o delle ristampe. Passi con non scialàns da storie di trenta pagine a storie di settantadue. E formare un albo di sessantaquattro pagine mensili diventa una corsa a ostacoli.

Ho realizzato diversi modelli editoriali, in cui ho ipotizzato pure un aumento di pagine, ma nessuno di essi mi ha aiutato a sistemare le cose se non quello in cui si prevedono delle storie inedite a coprire le pagine lasciate libere dalla narrazione. Anche se non siamo più ai tempi della Corno, ho provato a tagliare in due parti le storie, creando la chiusa in un numero e la successiva testata iniziale nel successivo, e questo è stato possibile con episodi la cui struttura non avrebbe subito danni, tagliandoli e facendoli finire il mese dopo. Ma spesso, più si va avanti e più le storie sono così maledettamente costruite in maniera compatta e con meccanismi precisi e troncarle non era più possibile. La Corno le troncava e via, per cui una storia finiva all’improvviso su un “Gigante”, con la scritta “continua sul prossimo numero”, compravi il numero successivo e – zan! – riprendeva esattamente da dove si era troncata, senza un’introduzione, senza niente, come se mettessi in pausa un film e poi lo riprendessi.

Questo ha ovviamente aumentato il lavoro di gestione di questa testata a cui tengo molto e che mi chiedo se, a forza di edicole che chiudono, riusciremo a vederne la fine. Ci sarà una nuova storia in più parti il prossimo anno, forse quella “famosa” storia (nella mia testa) intitolata “Dal presente”, in cui si racconta la storia del Terminator dal punto di vista del Rat-Man che nella storia del 1993, “Dal futuro!”, tornava indietro nel tempo. L’uscita del prossimo film “Terminator: Destino oscuro” potrebbe darmi nuovo materiale su cui imbastire questa parodia.

Tra poche settimane uscirà “Luna 2069”, volume che può essere considerato un ideale seguito di “C’è spazio per tutti”. Per quanto riguarda le fasi di documentazione e di disegno hai potuto sfruttare l’esperienza “spaziale” maturata con la storia precedente oppure è stato un processo di realizzazione diverso?

Luna 2069, copertina di Leo Ortolani

In effetti, pur considerandolo un seguito ideale del primo volume (e troverete un rimando alle vicende di “C’è spazio per tutti”), “Luna 2069” parte da una nuova prospettiva, sia narrativa che di divulgazione scientifica. Nel precedente volume occorreva spiegare come fossimo arrivati alla Stazione Spaziale Internazionale e contemporaneamente mostrarla e spiegare come funzioni. La storia, inframmezzata con i siparietti dei documentari scientifici, credo abbia assolto alla sua funzione in maniera ottimale.

In questo caso, l’argomento era la Luna, come l’abbiamo conquistata, perché e come ci torneremo. Non voglio dire che ci fossero meno documentari da realizzare, ce ne sarebbero stati tanti ugualmente, ma volevo raccontare una storia più fluida, confidando che la vicenda del programma Apollo sia già più nota ai lettori, in generale. Così ho raccontato la storia di un astronauta destinato a tornare sulla Luna e a cui improvvisamente tolgono la missione, per assegnarla ad altri. Per fortuna (?) si troverà sul cammino un imprenditore, un uomo che possiede un’agenzia spaziale privata e che ha bisogno di un astronauta come lui, per andare sulla Luna, nel 2069, cento anni dopo lo sbarco di Armstrong.

All’interno della storia, piccoli frammenti di informazioni sul passato della conquista lunare, giusto alcune cose, le più curiose, messe a sottolineare il momento della narrazione. Un libro più vicino a uno stile narrativo come “Cinzia” che a quello forse più didattico di “C’è spazio per tutti”.

Sui tuoi social hai pubblicato una foto del banchetto di legno su cui hai realizzato “Luna 2069”, con una manciata di biro e pennini contenuti in un astuccio scolastico. È un’immagine che sembra uscita da “Cuore” di De Amicis, considerando che molti tuoi colleghi si cimentano con le tavolette grafiche e il disegno digitale. Questa tua tecnica “artigianale” è dettata da un’abitudine/comodità di fondo o c’è anche una filosofia dietro, simile agli episodi di “Rat-Man” che hai voluto realizzare in penna BIC richiamando i disegni fatti da bambino sui quaderni?

Tavolino Ortolani

Io sono uno che ha sempre lavorato con la materia. Dal legno, al das, dalle tempere ai circuiti elettrici, alla carta, al cartone. Ho creato, modellato, realizzato oggetti concreti, che puoi vedere, toccare con mano. Forse per questo, ho sempre avuto una primitiva resistenza al digitale. Ma sono, spero, abbastanza intelligente da capire che sia uno strumento straordinario, con cui potrei realizzare cose incredibili. Forse. Nel senso che i limiti sono solo miei e della mia fantasia.

Sicuramente mi velocizzerebbe, rispetto all’uso della carta e della china, ma credo che per me vada benissimo così, cioè andare “lentamente”, sempre che con lentamente si possa intendere dalle tre alle quattro tavole complete al giorno. Perché ho già visto che quando vado troppo veloce devo poi tornare sui miei passi a correggere, a rifare. È un fattore proprio di carattere e di capacità. Non potrei mai fare il pilota di auto da corsa, perché non riesco a gestire la velocità. Mi schianterei.

Questo non toglie che potrei provare, un giorno, a utilizzare la tavoletta grafica, magari in quel momento gli altri disegneranno già facendo gesti nell’aria con le mani. E poi, non dimentico un altro aspetto della mia malattia mentale: ho bisogno di possedere la tavola. L’oggetto. Se fosse in un hard disk, sarebbe come se non avessi niente. È una mia deformazione, ma, lo ripeto: grande tavoletta grafica e grandissimi opere che sto vedendo realizzate in questi anni, con quel mezzo.

Ci puoi anticipare qualcosa sul fumetto a tema dinosauri sul quale sei al lavoro? Sarà un albo simile a quelli “Comics & Science” o ci possiamo aspettare qualcosa di più corposo, come la trilogia spaziale?

Leo Ortolani dinosauri

Essendo un libro, “Dinosauri che ce l’hanno fatta” richiederà un approccio un po’ più elaborato, nella narrazione e nella struttura del racconto, rispetto alle meravigliose storie di “Misterius”. È un problema che sto affrontando proprio in questi giorni, chiedendomi come gestire i passaggi, come raccontare e cosa. Sono in piena pre-produzione, quando leggo, studio, seguo video, mi appunto passaggi, battute, cose importanti. Il lavoro vero e proprio arriverà più avanti, anche perché devo riprendermi un attimo dalla lavorazione di “Luna 2069”, che ha generato un bel libro di 220 tavole, pure questo.

“Dinosauri che ce l’hanno fatta” resta comunque un progetto più piccolo da gestire, anche nel numero di pagine (sessanta/ottanta preventivate), proprio perché non deve perdere la leggerezza di “Misterius”. Non è prevista al momento alcuna trilogia, non voglio ingabbiarmi come fanno i registi nell’ultima fase della loro vita! Scusa, Cameron, ma forse a me il futuro e la sperimentazione fanno meno paura.

Dopo esserti dedicato per decenni a storie di genere e parodie, la maggior parte dei tuoi lavori recenti possono rientrare in quello che viene definito “edutainment”, prodotti educativi che inoltre divertono il lettore. Penso ai tuoi albi scientifici “Comics & Science”, lo speciale per la Normale, i due volumi spaziali e il futuro sui dinosauri, ma anche a tematiche sociali come l’adozione e la transessualità. Il fatto che sia un elemento così ricorrente è una scelta consapevole? Da cosa è dettata questa esigenza?

Cinzia, copertina di Leo Ortolani

In realtà, la cosa buffa è che sono opere arrivate su precisa richiesta. Cioè, non è che mi sia messo in testa di fare opere con substrati da Educational Channel, è che semplicemente dico le cose in maniera divertente e appena ho “mollato” la serie, diverse “entità” si sono fatte avanti, divertite da quello che avevano letto in passato. Gran parte di questi lavori sono figli della splendida intuizione di Andrea Plazzi e Roberto Natalini che è Comics & Science. Io, in quanto scienziato, colgo volentieri questi stimoli, anche perché ho scoperto che mi piace sapere le cose, e studio l’argomento trattato con una passione che non pensavo. Poi, il mio cervello mi protegge dimenticando tutto quello che ho letto nel giro di pochi mesi, tipo che se un anno fa potevo muovermi con la mente all’interno della Stazione Spaziale, sapendo a memoria ogni ambiente e il suo scopo, adesso mi è rimasta una sorta di nostalgia del sapere e qualche nozione che uso tirare fuori nei discorsi per farmi bello al bar. Ma adesso sto diventando paleontologo, per cui via di nuovo.

Le tematiche sociali che indichi, la transessualità e l’adozione sono assolutamente casuali: “Cinzia” non è un trattato, è una storia, e il libro “Due figlie e altri animali feroci” è un diario che è stato riproposto dopo otto anni. Incidentalmente possono essere fonte di dibattito o di scoperta, ma non le considero un “filone” come potrebbe essere quello ben più consapevole delle storie a base scientifica.

Qualche settimana fa hai annunciato che il nuovo “Star Rats” verrà pubblicato a puntate. Pensi che questa formula potrebbe adattarsi anche ad altri spin-off o sequel (magari “I Sacrificabili”)? In fondo sarebbe una mossa simile a quella di Marvel e Lucasfilm, che svilupperanno i loro universi narrativi in un formato seriale.

Rey Star Rats

Mi sono sempre domandato come potrebbe essere una miniserie all’americana, e dopo avere visto che Panini Comics sta già pubblicando “David Murphy 911” di Roberto Recchioni con quella formula (albi mensili di ventidue/ventiquattro pagine), ho proposto una miniserie di sei numeri con quella foliazione basati sui tre film della nuova avventura di “Star Wars”.

Ovviamente devo capire come tutta la storia andrà a finire, perché sono film strettamente legati tra loro e devo per forza vedere l’ultimo, prima di muovermi in una direzione precisa, ma mi piace l’idea di riportare ancora Rat-Man in edicola, in qualche modo, ristampe a parte. E sì, è una formula che se dovesse dare i risultati sperati, mi piacerebbe riproporla per tante altre miniserie, più o meno lunghe sei parti. “I sacrificabili” potrebbero essere una di queste, ma anche la mini su Valker o sulla Squadra Segreta.

Stiamo a vedere e speriamo che le edicole tengano botta ancora un po’. Io, qualcosa per le edicole la progetterò sempre, compatibilmente con i risultati, ovviamente, che se nessuno compra gli albi in edicola ma aspettano una raccolta in libreria, allora siamo di fronte alla sesta estinzione di massa dei lettori, dopo la quinta, dei dinosauri, che compravano i libri, ma guardavano solo le figure.

Per concludere: “Rat-Man” terminava con un conto alla rovescia… ci puoi confermare che sta proseguendo?

Ovviamente, sì. Ma dove ci condurrà, questo conto alla rovescia, quello non lo so nemmeno io. Magari alla fine esplode e basta. Un bell’albo di una pagina. Ma con ventisette copertine diverse.

Grazie mille come sempre per la disponibilità!