Una delle serie di super eroi di maggior successo e qualità attualmente in giro per il mondo è senza dubbio Black Hammer, edita in Italia da BAO Publishing.

Jeff Lemire, assieme a Dean Ormston sulla serie principale e grazie a progetti solo apparentemente satellitari, sta mettendo assieme un grande affresco, molto personale, tanto classico quanto originale, che vede figure chiaramente derivative dai super eroi di epoca Golden e Silver Age al centro di una storia che parla di sentimenti, coraggio, paura, natura dell’eroismo e del senso di giustizia.

 

 

Comics Beat ha intervistato lo sceneggiatore riguardo al finale di quella che sinora abbiamo percepito come la trama principale, all’arrivo di Matt Kindt e Ray Fawkes come sceneggiatori di alcuni spin-off e altro ancora. Ecco le dichiarazioni più interessanti di Lemire, ripulite dagli spoiler:

 

Black Hammer/Justice League: Hammer of Justice #1, copertina di Michael Walsh

Tutto per me è nato con i fumetti DC. Avevo nove anni nel 1985, e quel periodo ebbe una grande influenza sulla mia vita. Sia Crisi sulle Terre Infinite che Who’s Who iniziarono quell’anno. E mi colpirono profondamente. Divenni ossessionato dallo sguardo e dall’ampiezza dell’Universo DC, poi dalle varie Terre. Inoltre, mi innamorai di Wolfman, Perez e dei Nuovi Giovani Titani. Anche la Legione di Giffen e Levitz fu una bella botta.

Compravo tutto quel che trovavo. Non c’era una fumetteria dalle mie parti, solo le edicole, quindi compravo davvero tutto quel che potevo, senza essere troppo schizzinoso. Compravo anche un sacco di roba Marvel, all’epoca, ma era la DC che mi colpiva davvero, e ho continuato a farlo anche in età adulta. Verso la fine degli anni Ottanta, la DC aveva iniziato a pubblicare cose più sperimentali, tipo Swamp Thing e il Cavaliere Oscuro, e io avevo l’età perfetta per quella roba.

Quindi, in pratica, tutto quel che la DC ha pubblicato tra l’84 il ’91 mi è entrato nel cuore. Ero tra gli otto e i quindici anni. Un periodo decisamente formativo. Per quanto riguarda la Marvel, adoravo il Capitan America di Mark Gruenwald e le storie di Iron Man di quel periodo. Ma la DC era la mia Bibbia e, ancora oggi, conosco quel materiale come le mie tasche.

 

Lemire ha in mente da molto tempo la storia di Black Hammer, ma non i dettagli e molti dei personaggi. Da sempre, dai tempi della fine di Essex County, conosce l’inizio, la fine e il nucleo dei protagonisti. Il resto è nato con il tempo, come il personaggio di Lucy Weber, che per lui è stata la svolta creativa.

 

Black Hammer/Justice League: Hammer of Justice #1, variant cover di Andrea Sorrentino e Dave Stewart

Ho sempre avuto bisogno di conoscere da subito il finale delle mie storie. Sapevo dall’inizio come sarebbe finito Sweet Tooth, ad esempio. Ma questo dipende dal fatto che non pensavo mai che la serie sarebbe arrivata oltre otto o dieci numeri, quindi avevo bisogno di una chiusura che la rendesse completa se fosse stata cancellata. Poi è arrivato il successo, e il finale è sopravvissuto, ma ho avuto modo di espandere il percorso per arrivare a quaranta numeri.

Oggi, ho sempre in mente una direzione generale e una idea molto aperta di finale, ma la mantengo molto vaga e penso a un arco narrativo per volta, andando in cerca della storia lungo il percorso. Questo mantiene la vicenda viva e me coinvolto. Se sai da subito tutto quel che succederà, fai fatica a mantenerti entusiasta durante una serie di lunga durata, tipo Descender o Gideon Falls. C’è bisogno di un processo che consenta di inventare cose nuove e di seguire nuove idee e direzioni che ti interessino. Sono una persona molto organizzata, quindi anche quando ci sono dei cambiamenti, parto sempre da una struttura e un piano, che poi si evolve immancabilmente.

 

L’idea di lavorare per la Marvel e la DC Comics, agli esordi, era un sogno impossibile. Ecco perché Lemire creò i propri super eroi da giovane, per poi tornare alla loro creazione reale nel 2014, dopo lunghe esperienze di scrittura per le due major, dei cui personaggi è ancora innamorato. Non si può dire lo stesso delle scadenze, degli obblighi, dei limiti che lavorare per loro comporta.

 

Ho creato la maggior parte di questi personaggi nel 2008, pensando che probabilmente non sarebbero mai usciti dal mio taccuino. Ecco perché sono composti di elementi da tutte le ere dei comics. Più che provare a imitare singoli personaggi, ho tentato di fare in modo che ognuno di loro rappresentasse un’epoca, un archetipo, per poi metterci del mio. Golden Gale e Abe sono chiaramente Golden Age, Barbalien è un misto tra un eroe di cappa e spada e uno fantascientifico della Bronze Age. Il Colonnello Weird appartiene chiaramente alla Silver Age e Dragonfly si ispira all’horror stile Vertigo degli anni Ottanta e Novanta. Black Hammer, invece, è un personaggio da Blaxploitation degli anni Settanta.

 

 

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