Phil Jimenez, disegnatore il cui nome resterà per sempre legato alla collaborazione con Grant Morrison su Invisibles e New X-Men, a tanti numeri di Amazing Spider-Man e altri importanti progetti, non solo Marvel, risponde alle domande del sito ufficiale della Casa delle Idee.

Argomento: la sua ossessione per i mutanti e l’importanza che gli X-Men hanno avuto nella sua carriera e formazione.

 

X-Men: Le storie incredibili 1: La saga di Fenice Nera, copertina di John Byrne

Il mio primo incontro con gli X-Men credo sia avvenuto grazie a L’Uomo Ragno e i suoi fantastici amici, il cartone animato. Non ho iniziato a leggere fumetti di super eroi prima degli anni Ottanta, ma credo che il mio primo contatto con i personaggi sia avvenuto con una delle loro apparizioni in quello show del sabato mattina.

Poi, quando sono diventato un lettore, due amici delle medie si sono accorti che disegnavo bene e mi hanno chiesto di copiare una immagine di Colosso, da uno degli albi degli X-Men che stavano leggendo. Sarà stato l’82 o l’83. Divenni un lettore degli X-Men dopo Uncanny X-Men #150, credo all’inizio della saga sulla Covata. Mi prese tantissimo da subito. Io e diversi amici collezionavamo fumetti con voracità e ce li scambiavamo tra noi, ma Uncanny X-Men era sempre il mio preferito, assieme a Star Wars. Ho raccontato questo aneddoto un sacco di volte.

Per moltissimi lettori, gli X-Men sono definiti in quanto eroi dal fatto di essere diversi, di essere odiati per questo. Nonostante siano odiati, fanno comunque gruppo per difendere l’umanità che li vede come cittadini di second’ordine e in molte occasione vorrebbe sterminarli. Per tanti lettori, questa è un’ovvia metafora della volubilità della politica sulla razza e sull’identità di genere. Ma per me gli X-Men rappresentavano uno stile di vita più grande di quello che mi apparteneva, nella provincia californiana.

Ero un ragazzino gay e spesso solitario, e per me gli X-Men erano una possibilità di fuga. Costumi grandiosi, vita in una villa sopra a New York in un periodo in cui vivere lì era un evento culturale, viaggi per il mondo, nello spazio, in altre dimensioni. Gli X-Men erano come drag queen underground, per me, che vestivano tacchi altri e bikini spaziali per combattere il crimine. Più di ogni altro super gruppo, rappresentavano la diversità come qualcosa di affascinante e da celebrare. Quindi, per me, erano la possibilità di trovare una famiglia che mi potevo scegliere per vivere alla grande, meglio di come potessi anche solo sognare, accettando le differenze e rendendole un punto di forza.

 

Un amore viscerale per Tempesta, che negli anni Ottanta era sostanzialmente una dea punk e una figura assolutamente semplice con cui entrare in connessione emotiva, ma anche per Magik, Magma, Mirage, Emma Frost e tanti altri personaggi, quasi tutti femminili, hanno abitato i sogni di Jimenez.

 

New Mutants: War Children #1, copertina di Bill Sienkiewicz

Non riesco ad associare uno scrittore agli X-Men più strettamente di quanto faccia con Chris Claremont. Sono convinto che le sue storie abbiano avuto un impatto reale e a livello subliminale su diversi narratori che sono venuti dopo di lui e sui generi e i media che abbiamo attorno oggi. La sua visione e le sue idee, la sua sensibilità sessuale, i suoi dialoghi e la loro costruzione, la sua abilità di creare il perfetto ritmo narrativo per l’artista che aveva come collega sono praticamente senza pari, forse in ogni epoca che io possa ricordare. Anche se alcune sue storie sono invecchiate, credo che il suo approccio, il modo iper-coordinato con cui costruiva la trama lungo la serie siano ancora una pietra miliare sottovalutatissima dell’Universo Marvel di oggi.

Mi sono fatto un’idea degli X-Men anni Ottanta, nell’era di Reagan e della Guerra Fredda, della lotta all’AIDS e della scena underground di New York. Erano il prodotto di una singola voce autoriale con una visione creativa ampissima, che aveva davanti molti meno limiti editoriali rispetto a quelli che abbiamo oggi. Claremont rese suoi quei personaggi, dando a ognuno una propria storia e personalità e permettendo ai disegnatori di fare altrettanto. La sua run sarà sempre un’ispirazione su come comprendere i personaggi e la loro natura.

 

Tra le sue storie preferite, Jimenez cita anche Dio ama, l’uomo uccide, leggendaria graphic novel che vide momenti molto toccanti, come la crisi religiosa di Nightcrawler, ma anche la storia in due parti su Kulan Gath e molto altro ancora. Oltre a disegni di altissimo livello di un giovane John Romita Jr. Ma anche Guerre ad Asgard e il crossover con Alpha Flight meritano un posto nel suo cuore.

 

E non fatemi iniziare a parlare dei disegni di Jim Lee quando arrivò sugli X-Men, che ancora mi fanno sbavare. Mi sentirei in colpa se non menzionassi New Mutants di Claremont e Sienkiewicz, che erano così avanguardistici da essere parecchi anni avanti sui tempi. E in ultimo, devo citare Alpha Flight di John Byrne, probabilmente il mio fumetto Marvel preferito di ogni epoca. Ancora oggi è un viaggio unico con un sacco di personaggi bizzarri, e rimane un riferimento fondamentale per il mio modo di pensare al Fumetto.

 

 

Fonte: Marvel