In occasione del Lake Como Comic Art Festival, abbiamo incontrato Humberto Ramos, artista che tutti associamo ad alcuni dei cicli di Amazing Spider-Man più divertenti degli ultimi anni, nonché alla creazione di Champions insieme a Mark Waid.

Il disegnatore messicano ha risposto alle nostre domande sul suo stile, la sua visione del mondo del Fumetto e dei personaggi che disegna.

 

Ultimamente sei tornato su “Amazing Spider-Man”, assieme a Nick Spencer, dopo un lungo ciclo di storie scritto da Dan Slott. Immagino che per te sia un po’ come tornare a casa.

Per me è sempre bello tornare a un personaggio a cui mi sento molto affezionato, quindi sono parecchio felice. Ora c’è una visione diversa, una direzione diversa. E si capisce molto in fretta quanto sia diverso il modo in cui Nick Spencer vede Spider-Man, leggendo le storie.

Ed è proprio la domanda che ti stavo per fare: qual è la differenza non solo in termini di visione, ma anche per quanto riguarda lo stile di sceneggiatura di Spencer, rispetto a Slott?

Amazing Spider-Man #18, copertina di Humberto RamosOvviamente ci sono delle differenze. Ogni scrittore porta con sé le proprie convinzioni e il proprio modo di raccontare. La differenza tra Dan e Nick è davvero evidente. Per me, l’unica differenza operativa sta nel fatto che Dan potevo incontrarlo molto più di frequente e facilmente. Parlavamo un sacco, lui non si limitava a mandarmi le sceneggiature. Il suo modo di lavorare prevede lunghe conversazioni – gli piace un sacco chiacchierare – in cui mi spiegava il grande schema delle cose, riguardo la sua storia. Ti spiega non solo quello che devi disegnare questo mese ma anche tutti i motivi per cui quello che deve accadere sulla pagina effettivamente avviene; tutte le sue conseguenze e la direzione che prenderanno le storie. E per me questo fa una grossa differenza.

In termini di struttura della sceneggiatura, invece, devo dire che non trovo mai grandi differenze tra gli scrittori. Ormai c’è una formula che più o meno vale per tutti. Ma davvero, l’unica differenza sta nel fatto che con Dan avevo chiara l’idea generale. Nick, invece, mi manda volta per volta dei piccoli aggiornamenti sul singolo numero, quando mi invia le sceneggiature.

Hai dovuto o voluto sistemare qualcosa in termini di stile, all’arrivo di Spencer, dato che sotto molti punti di vista la sua storia è un ritorno alle basi del personaggio di Spider-Man?

In realtà no. Non ci sono stati cambiamenti, e in generale non ne faccio. Cerco solo di migliorare ogni volta, di progetto in progetto. Perché è così che dovrebbe essere per ogni artista, non per qualche elemento in particolare della storia. Ho il mio modo di disegnare Spider-Man e cerco solo di migliorare di albo in albo.

Personalmente, sono un fan del tuo stile, applicato al personaggio e in generale, e mi ricordo piuttosto bene della prima volta in cui ho visto le tue tavole per Spider-Man. Ho sempre trovato che ci fosse una certa connessione tra il tuo stile e quello di un altro grande artista che ho sempre amato e che purtroppo ci ha lasciati: Mike Wieringo. Ti ci ritrovi o è una cosa solo mia?

Devo dire che mi piace molto lo stile di Mike, come a un sacco di persone. E mi piacciono le storie di Spider-Man che ha disegnato. Lo trovo più cartoonesco, rispetto a me, e amo il fatto che i volti dei suoi personaggi comunichino un senso di divertimento costante. Ma non so se sia tra le mie influenze più grandi, in termini di stile riguardo a Spider-Man. La mia ispirazione è sempre stata soprattutto Erik Larsen, il mio preferito di sempre.

E anche questo è un paragone a cui a volte ho pensato.

Alla gente piace citare i grandi classici, come Ditko o Romita, ed è normale. Le mie prime esperienze di lettura del personaggio sono però avvenute grazie ai loro disegni, ed è evidente che li apprezzi moltissimo. Tuttavia, tra tutte le voci e le visioni del personaggio, quella che spicca di più in assoluto è quella di Larsen.

Anche perché sia tu che lui avete un modo estremamente dinamico di realizzare il personaggio sulla pagina. Cosa che ho sempre apprezzato molto, in entrambi i casi.

In particolare, adoravo i suoi occhi che si muovevano, che poi sono diventati canonici. Mi ricordo in maniera molto precisa un sacco di discussioni sul fatto che gli occhi dovrebbero o meno essere mobili, dato che si tratta di una maschera. Oggi persino l’universo cinematografico li cita. E per me sono sempre stati una cosa di cui bisogna soprattutto dare merito a Erik Larsen. So che accadeva anche prima di lui, ma sono diventati una cosa popolare grazie a lui.

Parliamo un po’ di “Champions”, su cui hai lavorato assieme a Mark Waid. Grande storia, innanzi tutto. E so che tu hai apprezzato parecchio quel lavoro in particolare.

“Champions” è un fumetto che mi ha dato un sacco di gioie. Amo i personaggi e le ragioni che hanno per lottare, quel che rappresentano. Ho adorato lavorare con Mark e ho un’idea decisamente a lungo termine su quel che i personaggi potevano – e possono ancora – diventare.

E ne hai creato uno. O almeno hai contribuito alla sua nascita.

Sì. Succede, quando hai le chiavi di una serie. Ti chiedono di inventare un personaggio, di proporre delle idee. Ma più in generale, la mia speranza è di poter tornare sulla testata, perché io e Mark abbiamo parlato di una serie di storie che penso meritino davvero di essere raccontate. E che vorrei tanto raccontare io per primo.

Lo spero anche io. Anche perché hai dato vita a un personaggio che ti era molto vicino per ragioni culturali e di nazionalità.

Red Locust. Cerco sempre di portare un po’ del mio retaggio messicano nelle storie. Ora che la Marvel è più aperta alla diversità e ha accettato il fatto che la gente degli Stati Uniti è composta da persone di nazionalità composite, va in cerca di personaggi che abbiano delle origini – in più di un senso – differenti rispetto a quelle del passato, segue strade che in passato avrebbe evitato. Mi hanno concesso di portare un po’ Messico, di tentare di indicare ai lettori alcuni dei valori più importanti del mio popolo attraverso Red Locust.

Tra l’altro, credo tu sia il disegnatore perfetto per “Champions”, perché sei – e credo che te lo abbiano già detto centinaia di volte – uno dei migliori disegnatori di adolescenti che esistano, secondo me.

Sì, me lo dicono.

Uno dei pochi che li fa apparire come giovani, non adulti in miniatura.

Mi fa sempre ridere il fatto che gli artisti americani facciano sempre fatica con i giovani. E più sono giovani i soggetti, più fanno fatica!

Un grande disegnatore che vedo sempre in difficoltà sul tema è il mio amato John Romita Jr.

Champions #16, copertina di Humberto Ramos

Ci sono tanti nomi che potremmo fare. E credo che la cosa segni una differenza notevole con i disegnatori europei. Voi, in Europa, disegnate benissimo i bambini. Non chiedermi perché, ma ho sempre pensato che fosse così. E non so bene nemmeno cosa abbia fatto io, ma è vero che negli anni ho imparato a disegnare dei personaggi giovanili convincenti, motivo per cui spesso, sia alla DC che alla Marvel, mi chiedono di occuparmene. Ed è una cosa che ho intenzione di continuare a fare, perché ho la forte convinzione che ci sia un bisogno notevole di storie per lettori più giovani. C’è tutta una nuova generazione, là fuori, che ha bisogno dei suoi personaggi. Tutti amano Spider-Man, ovvio. Ma la generazione dei lettori di oggi ha bisogno del suo Spider-Man, di personaggi contemporanei, che parlino di loro. E non abbiamo fatto abbastanza per questi lettori.

Per questo sono felice del fatto che Miles Morales sia il protagonista dell’ultimo film animato su Spider-Man. Per molti ragazzi di oggi, il primo approccio con il personaggio sarà attraverso di lui. Ed è giusto così.

E cosa ci aspetta nel futuro di Humberto Ramos?

Ho finito i miei impegni con Spider-Man, come annunciato poco fa. Patrick Gleason ha lasciato la DC per occuparsi del personaggio e penso che sia una scelta semplicemente perfetta, per quel che attualmente la Marvel sta cercando di fare. Sarà divertente e porterà con sé un sacco di stile cartoonesco. In questo momento ho in ballo un progetto sempre con la Casa delle Idee, di cui non posso dirti nulla.

E allora non ti chiederò nulla.

Oh, no. Chiedi pure. Solo che io non ti risponderò! [Ride]

 

Humberto Ramos Claudio