Vi abbiamo già parlato dell’impegno di Kelly Sue DeConnick, tornata dopo un lungo periodo di pausa dalle major, sulla serie dedicata ad Aquaman. Alla vigilia di un nuovo arco narrativo, che ha debuttato con il numero #48 a maggio, la sceneggiatrice di Captain Marvel e Bitch Planet ha rilasciato una serie di dichiarazioni sulla direzione che ha intenzione di dare alla storia. Un progetto che prende ispirazione sia dal film di successo del 2018 sia dalle storie a fumetti del passato dedicate al re di Atlantide.

 

Aquaman #48, copertina di Robson Rocha

Ho pensato ad Aquaman come a un personaggio mitologico, invece che come il pesce fuor d’acqua che è sempre stato rappresentato. C’è un po’ di metafora razziale nel fatto che sia per metà umano e per metà atlantideo, c’è l’idea che non si senta mai a casa. Funziona bene quando le storie sono ambientate ad Atlantide, perché ha senso che paghi il prezzo di essere per metà umano. Ma non è credibile che sulla terraferma succeda altrettanto, nell’Universo DC, perché è membro della Justice League, è affascinante ed è a prova di proiettile. Che svantaggi dovrebbe avere? Ha persino un cane. Vive ad Amnesty Bay, è cresciuto lì. Quella è casa sua.

Quindi l’idea del pesce fuor d’acqua va bene per Atlantide, per quanto assurdo, ma a me han detto che Aquaman doveva tornare a far parte dell’Universo DC, sulla terraferma, perché ha passato un sacco di tempo nell’oceano ed è un po’ disconnesso dal nostro mondo. Ho passato un po’ di tempo a pensare a tutto questo e a cosa avrebbe potuto essere il motore della storia. Quindi ho deciso di tornare alle basi. Cosa c’è di più basilare dell’acqua? Ho pensato alla creazione mitologica, che spesso ha l’acqua come origine, a come sia simbolo di vita. Da qui tutto il resto. Ho pensato a quale sia la sua ferita principale, la sua fonte di dolore. Qual è il buco che non ha mai riempito e che potrebbe dare motivazioni alla vicenda? Se non è il fatto di sentirsi fuori posto, dovevo trovare un’alternativa.

Geoff Johns ha raccontato delle storie in cui Aquaman uccide il padre di Manta non intenzionalmente. Non proprio eroico. Ho pensato potessi costruire qualcosa sopra a questo senso di colpa, ma era un’idea così oscura! La mia visione del personaggio è più da cieli azzurri e aperti. Non volevo prendere quella direzione, e poi non potevo connettere l’evento ai suoi poteri.

Ma poi ho pensato a quest’altro momento nella run di Geoff che mi ha davvero colpito. La madre di Aquaman è una principessa atlantidea mentre suo padre è un guardiano del faro. E mamma deve abbandonarli per tornare ai suoi doveri. Abbandono. Che grandiosa ferita primigenia. Suo papà lo porta alla spiaggia la mattina a cercare mamma. In pratica è abuso di minori. Ma l’abbandono da parte della madre era davvero qualcosa con cui potevo costruire. E potevo collegarlo al suo tipo di poteri.

 

Una serie in cui le donne hanno ruoli importanti e da cui gli atlantidei non escono troppo bene. DeConnick ammette candidamente di non apprezzarli molto, di vederli un po’ come dei Klingon, duri e rigorosi.

La relazione tra Arthur e Mera non sarà quella che conosciamo, sarà più problematica e ricca di tensioni, come spesso accade nella vita reale. La sceneggiatrice sa di navigare in acque complicate presso i fan più integralisti, ma vuole dare alla coppia la possibilità di superare quelle difficoltà e uscirne ancora più forte, augurandosi di ottenere in fretta la fiducia dei lettori.

 

Aquaman #48, anteprima 01

L’Aquaman del film e quello del fumetto sono molto diversi. Cercare di trovare un equilibrio sul personaggio ora che è stato celebrato al cinema è difficile, ma io sento che il nostro personaggio debba sentirsi fedele ai fumetti, pur accogliendo un po’ di Momoa nello sguardo. Chi arriva sulle nostre pagine partendo dalla sala non deve trovare un personaggio irriconoscibile, e coloro che ne leggono le avventure da anni nemmeno. Quindi sono a caccia di quel sano punto medio tra le due versioni, in maniera che il personaggio abbia senso e che sia anche fedele ai valori di base.

E non credo affatto che sia un personaggio buffo, non più di ogni altro super eroe. Ho una mia visione della storia del tizio che parla con i pesci. Mi pare abbiano spiegato, a un certo punto, che non ci parla affatto, li controlla. Ecco, questa seconda versione non mi piace affatto. Non mi piace l’idea di un eroe che si impone su altre creature viventi: è una roba da cattivi, e il mio è un personaggio estremamente etico. Aquaman non è uno per cui il fine giustifichi i mezzi. Quindi sono convinta che lui, in effetti, comunichi con la vita sottomarina. E credo sia grandioso. Non è ridicolo, è una figata.

Siamo di fronte a un personaggio iper-mascolino, soprattutto nella versione cinematografica, in cui sembra un roadie dei Megadeath. E, attenzione, io penso sia un figo pauroso in quella versione. Ma rimane iper-mascolino, le cui caratteristiche distintive, come la capacità di respirare sott’acqua e la super forza, non sono sua caratteristica esclusiva. La sua peculiarità è invece la capacità e l’abilità di chiedere aiuto. E questo lo rende interessante. Questo è qualcosa con cui è divertente giocare. E c’è un concetto simile a quello che sta dietro a Thor. Aquaman può chiedere l’intervento delle creature marine, ma per ottenerlo dovrà dimostrare che lui e la sua missione lo meritano. Non rischieranno la vita per aiutarlo, se non per questioni importanti.

 

Aquaman #48, anteprima 02

 

 

Fonte: Comic Book Resources