Dopo aver contribuito al successo di titoli come Guardians of the Galaxy e Mighty Thor, Valerio Schiti sta continuando la sua prolifica carriera alla Marvel con Dan Slott sulle pagine di Tony Stark: Iron Man, nuova prestigiosa collaborazione dopo quelle con Brian M. Bendis e Jason Aaron.

Durante la quinta edizione di ARF! abbiamo avuto il piacere di intervistare l’artista romano, che ci ha parlato della sua ultima esperienza oltreoceano e dei suoi sogni nel cassetto.

 

Ciao, Valerio e bentornato su BadComics.it!
Hai avuto il privilegio di lavorare con gli autori Marvel più influenti: quali sono le principali differenze tra loro?

Ciao a tutti e grazie. Più che differenze, devo dire c’è una caratteristica comune a tutti e tre: una fiducia quasi estrema nei confronti del disegnatore! Sia Bendis che Slott sono persone molto tranquille per come si rapportano con i disegnatori, ed entrambi sono soliti aggiungere in sceneggiatura: “se vuoi cambiare qualcosa, puoi farlo”.

Come differenze posso dirti che Dan tende a lasciarmi più libero di interpretare le emozioni dei personaggi per poi adeguare in un secondo momento i dialoghi alle mie tavole. Bendis voleva invece che interpretassi ciò che lui aveva scritto. Due modi diametralmente opposti, ma entrambi denotano la grande fiducia che ripongono in me e più in generale nei disegnatori.

Guardians-of-the-Galaxy-1-anteprima-3

Si è da poco concluso il tuo primo anno ai disegni di “Tony Stark: Iron Man”. Che bilancio fari di questa esperienza? In particolare, mi incuriosisce sapere come sei passato da un immaginario epico come quello di “Mighty Thor” alle armature ipertecnologiche di Tony.

Non ti nascondo che è stato molto faticoso, perché Iron Man è un personaggio impegnativo. Dopo i primi numeri di rodaggio, ho preso le misure alla serie. La cosa che più mi spaventava all’inizio è che Tony Stark è al centro dell’attenzione, non l’armatura. In teoria, lui può cambiare armatura in ogni numero, o anche più volte all’interno della stessa storia, e questa cosa mi spaventava un po’.

Alla fine, si è rivelata un vantaggio, perché ho potuto creare le armature seguendo quello che è il mio immaginario, superando di fatto il problema. Questa soluzione mi ha fatto sentire a mio agio, e devo dire che l’idea di Dan si è sposata alla perfezione con la mia indole. Dopo una prima fase di spavento, sono passato a una di totale entusiasmo!

Nel creare questo immaginario avevi già qualche riferimento? Penso all’ondata di robot giapponesi giunta in Italia sul finire degli anni ’70.

Assolutamente sì. La formazione è quella comune a tanti altri disegnatori, ma anche a molti lettori della mia generazione, quindi anime, manga e i robottoni di Go Nagai. Sin dall’inizio ho voluto che nel character design delle armature passasse l’idea di gioco, volevo che le armature fossero concepite come dei giocattoli. Infatti le ho colorate, ho usato una linea più rotonda e aerodinamica. Addirittura, una di esse è già diventata una action figure!

L’ispirazione viene da tutto ciò che  mi circonda. In fase di studio ho raccolto riferimenti su auto da corsa, astronavi, macchine militari e armi, ma l’imprinting è quello dei robot.

Quando ci siamo incontrati all’ARF!, due anni fa, mi hai confessato che erano due i tuoi sogni: lavorare su Spider-Man e contribuire al rilancio dei Fantastici Quattro. Uno dei due si è realizzato, visto il tuo coinvolgimento su “Marvel Two-in-One” al fianco di un altro grande scrittore come Chip Zdarsky.

Effettivamente, sì. Sebbene sia stato un parziale coinvolgimento e abbia realizzato solo alcuni numeri, è una delle serie alla quale sono più legato. Chip è bravissimo ed è stato molto, molto stimolante lavorare con lui. Credo che il merito vada ricercato nel fatto che lui è anche è un disegnatore: questo ha creato una sintonia maggiore rispetto ad altri sceneggiatori con cui ho lavorato. C’era un clima di collaborazione molto stretto ed è sempre stato estremamente comprensivo nei miei confronti. Inoltre, è un grande conoscitore del mondo Marvel, e quest’ultimo aspetto lasciava trasparire l’enorme affetto nei confronti di quei personaggi.

Si è trattato di un tipo di racconto che amo tantissimo, a metà tra il leggero e il drammatico, una storia nelle mie corde. E poi avevamo un grande colorista, Frank Martin, che ha fatto un lavoro stupendo. Mi sarebbe piaciuto poter lavorare anche su “Fantastic Four”, ma purtroppo non è successo. Magari in futuro avrò la mia occasione!

Hai avuto modo di lavorare su titoli che ti hanno portato dallo spazio più profondo, “Guardians of the Galaxy”, ad atmosfere epiche, “Mighty Thor”, alle armature di Tony Stark. Qual è la dimensione a te più congeniale?

Fantastic Four #7, variant cover di Valerio Schiti

Credo sia la dimensione delle mie attuali storie. All’inizio ero un po’ preoccupato per la proposta di “Tony Stark: Iron Man” – che ho accettato comunque perché si trattava di un’esperienza importante, un personaggio di primissimo piano – perché pensavo che si trattasse di una serie non nelle mie corde. Invece, l’approccio di Dan è affine al mio: a me piacciono le storie leggere, divertenti e adatte a tutti. Insomma, racconti che colpiscano il lettore senza troppa violenza ma con il senso della meraviglia, creando empatia con i personaggi.

Questa serie ha un taglio sicuramente divertente, ma nasconde un sottotesto drammatico. Ci sono temi molto seri che vengono raccontati in questo ciclo di storie. Anche in “Guardians of the Galaxy” ho disegnato storie leggere e divertenti, ma in “Tony Stark: Iron Man” si parla di problemi familiari, degli equilibri di persone che condividono lo stesso destino, degli affetti comuni. Queste sono le peculiarità che mi hanno fatto innamorare dei Fantastici Quattro e che ho ritrovato su Iron Man grazie a Slott: una doppia dimensione tra fantastico e domestico.

È vero, Tony è il classico eroe al centro di grandi avventure, con grandi nemici e armi ancora più grandi, ma in questo ciclo di storie deve affrontare il rapporto con la madre, con il suo miglior amico James Rhodes e tutta una serie di comprimari che gli ruotano intorno. Per dirti, mi sono innamorato del personaggio di Jocasta, è stata una sorpresa anche per me!

È una fase di rilancio per i grandi super eroi della Marvel, e parallelamente anche l’Universo Cinematografico Marvel si appresta a vivere nei prossimi anni una nuova fase. Che impressione ti sei fatto di questi primi dieci anni di film e cosa ti aspetti per il futuro?

I film mi sono piaciuti tantissimo, soprattutto “Avengers: Infinity War” e “Avengers: Endgame”. Sono davvero spettacolari, e non credevo fosse possibile realizzare una cosa del genere. Visto il finale del secondo film, devo dire che mi era venuto un colpo, in quanto reputavo la mossa un po’ azzardata. Invece, la risposta del pubblico mi ha dato torto, perché in realtà è piaciuto a tutti, e questa reazione ha fugato ogni mio dubbio. Che dire, lunga vita all’Universo Marvel!

Sono entusiasta per tutto quello che verrà, sia per le cose già annunciate, sia per le altre si pensa che possano essere introdotte, ovvero gli X-Men e i Fantastici Quattro. Vorrei davvero che ci fossero più film all’anno! [Ride]

Tony Stark: Iron Man #1, anteprima 01

Attualmente su costa stai lavorando? Progetti per il futuro?

Ho ripreso a disegnare “Tony Stark: Iron Man” a partire dal numero #14, e almeno fino al 2020 sarò impegnato su questa serie. Poi, sono coinvolto su un altro progetto più piccolo, sempre con Marvel, di cui però non posso parlare. Si tratta di una storia breve dedicata a un altro personaggio che uscirà probabilmente a settembre. Dovrebbe essere annunciata a breve.

Tratta di un personaggio sul quale ancora non hai lavorato?

È un personaggio su cui non ho mai lavorato, ed è stata una piccola soddisfazione per me. Posso dirti però che ho avuto il piacere di lavorare con Kelly Thompson, sceneggiatrice molto brava con cui non avevo mai collaborato prima, nonostante i reciproci attestati di stima. Questa storia ci ha permesso di farlo ed è stata davvero una bella esperienza.

Inoltre, con i ragazzi del collettivo Kaiju Club, di cui faccio parte, sto preparando una piccola cosa in vista della prossima edizione di Lucca Comics & Games.

Ti abbiamo visto all’opera come copertinista di “Wars of the Realms: Journey into Mystery”. Sarà questo il tuo unico ruolo nel megaevento orchestrato da Jason Aaron?

Sì, mi occuperò esclusivamente delle copertine di questa miniserie, visto che non sono stato coinvolto in altri titoli. Per me si è trattato di un ritorno alle origini, visto che proprio sulle pagine della serie “Journey into Mystery” ho fatto il mio esordio alla Marvel!

Avendo tu rilanciato i Guardiani della Galassia ai tempi della Nuovissima Marvel, come ti è parsa la nuova incarnazione del gruppo firmata da Donny Cates e Geoff Shaw?

Ho solo cominciato a leggere la serie, non sono in pari. Si tratta di un prodotto divertentissimo e a me piace tantissimo. L’approccio di Cates è diverso da quello di Bendis, ma ho trovato questa serie estremamente fresca. Una volta finito di leggere un numero, avverti una sensazione di benessere. Credo che questo sia un aspetto fondamentale per questo genere di fumetto. È un prodotto di intrattenimento davvero piacevole e coinvolgente.

 

Pasquale Gennarelli e Valerio Schiti