Nella cornice del Comicon 2019 abbiamo avuto il piacere di incontrare il disegnatore di Redneck, Lisandro Estherren. Complice una serie di fortunati eventi, l’artista argentino è stato infatti ospite (a sorpresa) di saldaPress, che pubblica nel nostro Paese la serie targata Image Comics.

Grazie ad Alessio Danesi e allo staff della casa editrice emiliana, abbiamo avuto modo di fare quattro chiacchiere con Estherren riguardo ai suoi progetti e al suo lavoro con il lanciatissimo sceneggiatore Donny Cates.

 

Ciao, Lisandro, e benvenuto su BadComics.it.
Abbiamo avuto il piacere di conoscere la tua arte grazie a “Redneck”: ti va di raccontarci come sei stato coinvolto in questo progetto Image Comics sceneggiato da Donny Cates?

Ciao a tutti. Il primo contatto è stato via mail: Donny era alla ricerca di un disegnatore per questo progetto e il mio nome gli è stato suggerito da Ed Brisson, scrittore con il quale avevo collaborato a una miniserie per i BOOM! Studios. Successivamente, ci siamo incontrati di persona a New York, nel 2017, in occasione del Comic-Con, e posso dirti che conoscerlo è stata un’esperienza bellissima. Da quel momento, sono cominciati tre anni molto intensi di lavoro e uno scambio continuo di idee. È tutto così incredibile!

Quali sono stati gli aspetti di “Redneck” che ti hanno spinto ad accettare il progetto?

Senza dubbio è stata la mia passione per il Sud degli Stati Uniti d’America. La cultura southern, dalla musica alla letteratura, mi ha sempre affascinato, e immaginare una storia di vampiri ambientata in una località che amo era davvero il massimo per me. Visto il mio stile e la mia idea di artista, ero convinto di poter apportare qualcosa di nuovo a questo immaginario ben definito. Alla fine, spero si sia visto.

Quali elementi di “Redneck” sono frutto delle tue intuizioni e del tuo amore per il Sud degli Stati Uniti?

Principalmente la componente estetica. La cosa bella di lavorare con Cates è che sin dal principio tra noi è iniziato un processo di interscambio tale da coinvolgermi in ogni aspetto della costruzione di “Redneck”. Indubbiamente, lo sviluppo del character design è stato opera mia, ma ho preso parte anche alla creazione delle diverse sottotrame della serie e della direzione che prenderanno. Abbiamo tantissime idee, e tutte nascono dal continuo confronto tra me e Donny.

Grazie all’ottimo lavoro di saldaPress, abbiamo letto i primi tre volumi di “Redneck”, che coprono diciotto numeri della serie originale. A che punto siete con la lavorazione dei prossimi archi narrativi? Si tratta di una storia di cui già conoscete il finale o è ancora tutto in fase di sviluppo?

Ci troviamo di fronte a una storia molto lunga che non sembra avere una fine. Donny è un grande sceneggiatore, ha una mente incredibile in continuo movimento, e penso proprio che “Redneck” andrà avanti ancora per molto tempo.

I colpi di scena visti in questi primi archi narrativi sono tanti e decisamente forti: cosa dobbiamo aspettarci nel prosieguo?

Posso solo dirti che dovete aspettarvi situazioni più grandi e più intense di quelle lette fin qui. Quando pensi che Donny abbia fatto la cosa più intensa possibile, ti sorprende con qualcosa di ancora più forte. Credimi, ogni volta che leggo una sceneggiatura resto meravigliato dai risvolti del racconto.

D’altronde, ci troviamo di fronte a uno degli sceneggiatori più prolifici degli ultimi anni. Com’è lavorare con lui?

È bellissimo, non ci sono altre parole. Lo ripeto a chiunque me lo chieda, Donny è una persona ricca di contenuti, con una grande personalità che lo porta a interpretare alla sua maniera ogni personaggio. Ha tanto da dire, veramente tanto, e credo si noti in ogni suo lavoro.

Torniamo a un aspetto di cui hai parlato prima, il tuo amore per le ambientazioni di “Redneck”. Tu sei argentino, quindi non sei cresciuto in quei territori, e in situazioni del genere si rischia di incappare nella riproposizione di scenari stereotipati, derivati da altre opere. Come hai affrontato questa problematica?

La cultura americana è famosa in tutto il mondo, e in genere credo che si riescano a catturare le suggestioni delle singole zone anche senza esserci cresciuto. Per me che sono amante del Cinema e della Letteratura è stato abbastanza facile immergermi in questo scenario. Mi sono documentato sfruttando tutte le indicazioni che mi ha offerto Donny. Mi ha anche invitato ad andare da lui, ma purtroppo spostarsi è sempre difficile per via del lavoro.

Tutti abbiamo visto film o serie televisive ambientate in quei luoghi, e per “Redneck” non ho avuto il problema di incappare nella riproposizione di qualche luogo comune. Si tratta di un’opera in cui mi è chiesto di essere attento ad altri aspetti, in particolare allo sfruttare la mia estetica personale per essere quanto più affine alla sceneggiatura.

Parlando di opere ambientate da quelle parti, il Fumetto – come anche altri media – è ricco di spunti. Durante la lavorazione di “Redneck”, c’è stata qualche serie che ti ha offerto qualche riferimento specifico?

In tutta sincerità, no. Non ho guardato ad altri lavori per la realizzazione di “Redneck”. Sono sempre stato un grande amante della Letteratura southern gothic e della musica di quella zona, quindi la lavorazione di questo progetto è stata abbastanza naturale.

Abbiamo capito che questa serie ti terrà impegnato ancora per un bel po’. Stai lavorando parallelamente anche a qualche altro progetto oppure sei totalmente assorto da “Redneck”?

In questo momento siamo in trattative con una casa editrice americana indipendente per un progetto di quattro numeri. Purtroppo non posso dirti di più per ragioni che spero tu possa comprendere.

Redneck vol. 1: In fondo al cuore, anteprima 01

Posso chiederti almeno se ti vedremo utilizzare nuovamente lo stile sintetico di “Redneck” o se stai sperimentando qualcos’altro?    

Sento la necessità di sperimentare qualcosa di nuovo. “Redneck” è un lavoro mensile, e devo essere sempre preciso. Lo stile che sto utilizzando mi permette di essere più veloce nella realizzazione dei singoli numeri, mi fa sentire più a mio agio. Dopo tre anni, però, sento quasi la necessità di cambiare e provare qualcosa di totalmente diverso.

Immagino quanto possa essere difficile esprimerlo a parole, ma che artista troveremo nel tuo prossimo lavoro? Verso che lidi ti stai spingendo?

Per il mio prossimo progetto, l’editore mi ha chiesto qualcosa più vicino a “The Last Contract”, la miniserie con Brisson che mi ha dato la possibilità di lavorare poi con Cates. Tornerò a utilizzare la china e le tinte di grigio in un modo più realistico rispetto a “Redneck”. Si tratta di un lavoro più vicino allo stile europeo che non quello americano. Volendo darti dei riferimenti, direi che sto studiando molto artisti come Sergio Toppi e Gipi.

Ancora non ti abbiamo visto all’opera per le major del Fumetto, Marvel e DC Comics. È un mondo che non ti attrae o semplicemente non c’è stata ancora la possibilità?

Ho fatto diversi test per altre case editrici, ma non sono andati bene. In particolare, Jon Moisan (l’editor di “Redneck”) mi ha chiesto alcune tavole di prova quando lavorava alla Marvel, ma non è andata. Al di là di questo, ti dico che non ambisco a lavorare su questo tipo di serie, non è un genere che sento mio. Certo, se dovesse arrivarmi una buona offerta, potrei pensarci su. La mia attenzione è rivolta verso altro, amo le case editrici come la Image in quanto indipendenti da certe logiche di mercato e più vicine alla mia idea di fare fumetti.

Qual è la tua idea di Fumetto?

Io amo il Fumetto autoriale, e nel tempo voglio portare la mia carriera verso questa dimensione. “Redneck” e i lavori fin qui realizzati mi hanno dato la possibilità di trasformare la mia passione per i fumetti in un lavoro. Adesso, la mia volontà è quella di sfruttare ogni occasione per diventare un autore completo. In questo campo, José Muñoz ed Eduardo Risso rappresentano sicuramente dei modelli importanti per me. Ho diversi progetti personali sui quali ho lavorato, ben diciassette.

Di che tipo di lavori si tratta?

Come autore, io sono in continua trasformazione. Rispetto agli esordi sono cresciuto come uomo, ho letto e visto tantissime cose, e questo mi ha spinto a seguire altre strade. I progetti nel cassetto trattano tematiche diverse tra loro. In questo momento mi piacerebbe molto sviluppare qualcosa legato alla mia nazione, alle problematiche dell’Argentina.

Se domani una casa editrice dovesse chiamarti e dirti: “Lisandro, scegli un tuo lavoro autoriale e noi lo pubblicheremo”, quale selezioneresti come rappresentativo del tuo essere?

Bella domanda! [Ride] Credo che sceglierei quello che ho ribattezzato per ora “Il furore”. Si tratta di un lavoro un po’ più surrealista, fortemente influenzato da “Pachyderme”, di Frederik Peeters, un’opera che mi ha trasformato e spinto verso una nuova forma di Fumetto. Siamo lontani dai super eroi o dall’azione, ma credo che rappresenti al meglio il mio modo di essere.

Non vediamo l’ora di leggerlo. Grazie, Lisandro.

Grazie a voi!

 

Pasquale Gennarelli e Lisandro Estherren