Big Robot - Scontro finale, copertina di Alberico Motta

Dalla pagina Facebook di Kappalab apprendiamo con grande dispiacere della scomparsa di Alberico Motta, avvenuta ieri, giovedì 23 maggio. Il fumettista è noto soprattutto per aver creato Big Robot, opera ispirata ai mecha di Go Nagai e primo esempio italiano di fumetto in stile manga, e dunque precursore del filone composto dai titoli nostrani appartenenti al cosiddetto japstyle.

Nato a Monza il 6 ottobre 1937, Motta ha lavorato su alcuni dei più famosi personaggi di Edizioni Alpe, come Cucciolo e Tiramolla, e di Edizioni Bianconi, quali Geppo e Nonna Abelarda, cimentandosi anche sulla versione italiana di Braccio di Ferro e di Tom & Jerry; in seguito, per Mondadori, ha realizzato storie a fumetti con i personaggi Disney, sperimentando le prime colorazioni digitali. Nel 1992, Motta ha abbandonato la Nona Arte per dedicarsi alla grafica pubblicitaria.

L’intuizione più geniale dell’autore lombardo resta Big Robot. Come racconta il post di Kappalab che trovate in coda all’articolo, Motta intuì che gli adolescenti degli anni ’80 stavano abbandonando i personaggi classici del Fumetto umoristico italiano, attirati dai nuovi cartoni animati di produzione nipponica con protagonisti giganteschi robot: Goldrake, Mazinga e Jeeg; convinse così Renato Bianconi a creare una vera e propria serie, Big Robot, che firmò come autore completo dal 1980 al 1981, per un totale di dodici albi.

A partire dal 2012, l’intero fumetto è stato raccolto da Kappalab in due volumi, Big Robot – La minaccia di Orkus e Big Robot – Scontro finale, con le tavole rivedute e corrette dall’autore, il quale ha rimasterizzato le originali e ripristinato quelle tagliate nell’edizione Bianconi.

 

Big Robot - La minaccia di Orkus, copertina di Alberico Motta