Abbiamo intervistato Mahmud Asrar in occasione di Cartoomics 2019, giusto il fine settimana scorso. Con lui, abbiamo parlato di Conan il barbaro, serie Marvel che ha debuttato in Italia per Panini Comics, di cui ringraziamo lo staff tutto, proprio in occasione della convention milanese.

Ecco cosa ci ha raccontato del personaggio, di Jason Aaron e del suo rapporto con il cimmero più tosto della storia del Cinema, del Fumetto e della Letteratura.

 

Grazie mille, Mahmud per questa intervista.
Prima domanda proprio su Conan: qual è il tuo rapporto con un personaggio così importante per la Storia del Fumetto e non solo? Come ne sei entrato a contatto per la prima volta e qual è la tua idea di lui?

Per quanto posso ricordare, credo di aver sempre letto fumetti di Conan, che erano incredibilmente popolari in Turchia, e molti nella mia famiglia li leggevano. Ovviamente li adoravo. Erano violenti, avventurosi, divertentissimi e ne leggevo una quantità importante. E poi, da fan di Arnold Schwarzenegger, ovviamente mi sono innamorato di lui anche al cinema. Specialmente del primo film, di cui sono potentemente appassionato.

C’è qualche epoca specifica dei fumetti cui sei particolarmente legato?

Onestamente non saprei dirti una o più run specifiche, perché le edizioni su cui leggevo i fumetti non erano necessariamente complete o cronologiche. All’epoca, poi, ero attratto soprattutto dagli artisti e dal disegno. Relativamente a Conan, era in particolare il lavoro di John Buscema ad affascinarmi. Quindi mi piacevano un sacco di cose. Ovviamente non posso che citarti Windsor-Smith e Howard come riferimenti importanti.

Hai già lavorato con Jason Aaron, in passato, su avventure di Thor. Ora sul personaggio di Conan. L’epica è proprio la sua dimensione.

Sì, concordo. Lui è un grande fan del personaggio, dei romanzi e di tutto ciò che ha un’atmosfera mitologica. Ora è una gioia lavorare con lui su qualcosa che ha le stesse vibrazioni. A suo modo, con Thor raccontava già delle storie di cappa e spada, quasi un anticipo di queste. E sapeva perfettamente cosa stava facendo, come ora ha una consapevolezza solidissima di quel che vuole fare. Credo che stia scrivendo una storia davvero epica e che la gente ricorderà a lungo, quando sarà finita. Sono felicissimo di far parte del progetto.

E cosa hai fatto tu, in termini di stile per evitare di ripercorrere le stesse orme di allora, del tuo Thor assieme ad Aaron?

Normalmente, quando lavoro per Marvel, mi occupo di super eroi. Quel che mi influenza di più è il fatto che qui il tema sia diverso. Conan non è un super eroe, e ciò mi spinge a essere più ruvido, più impulsivo, un po’ più sporco e contemporaneamente più dettagliato. Tutte cose che mi sono venute naturali, automatiche che sto apprezzando del mio disegno per questo progetto. E che credo siano adatte alla storia. Spero sia davvero così.

Sei andato a rileggerti delle storie classiche per prepararti?

Conan the Barbarian #1, anteprima 03

Appena mi hanno detto che avrei fatto parte del progetto sono andato a prendere i miei vecchi fumetti, in cerca di ispirazione da parte delle leggende del mio cuore: Barry Windsor-Smith e Jorge Zaffino, che ha lavorato per poco tempo su Conan ma ha avuto un impatto importante su di me. Come Gil Kane.

Mi sono ricreato una specie di hall of fame di disegnatori del personaggio, e un po’ tutti sono stati fonte di ispirazione, ognuno a modo suo. Mi hanno anche un po’ spaventato, perché sono tutti dei grandi. Ero preoccupato da un lato di non essere all’altezza e dall’altro di risultare troppo simile a uno di loro. Ecco perché ho mescolato molto le carte, ho lasciato che sedimentassero tutte le ispirazioni e, alla fine, credo di aver preso qualcosa un po’ da tutti, ho messo la matita sulla carta e ho lasciato che le cose fluissero.

Per il resto, la mia prima ispirazione nel mondo dei comics è e sempre sarà John Buscema. E anche qui l’ho preso come modello. Il mio stile non somiglia granché al suo, ma riguardare le sue tavole mi insegna sempre qualcosa in termini di comunicatività, emotiva e non solo, delle mie pagine.

E c’è qualcosa che hai rubato proprio ad Arnold Schwarzenegger?

Altroché. Insieme alla rilettura ho provveduto a una visione dei suoi film sul personaggio. E, come ti dicevo, ho ricordato quanto ami il primo. Che è proprio bello, è veramente un gran film. Ha un gran design e atmosfere che rappresentano un buon tributo a quelle di Robert Howard, dei romanzi. E poi Arnold era un attore quasi esordiente, all’epoca, e si vede. Eppure è perfettamente adatto al personaggio, e la cosa mi ha in parte ispirato. Quando ho disegnato Re Conan, con la barba e tutto il resto, avevo ben presente l’immagine finale del primo film.

Il tuo impegno sulla serie è di ampio respiro oppure, come accade spesso, c’è già una data di scadenza?

Per ora i piani mi vedono come disegnatore regolare. Abbiamo già progettato tutto il primo anno di storie, quindi sarò qui per ancora diversi mesi. Mi prenderò un paio di pause e sarò sostituito in due occasioni, per tenere alta la qualità dei miei disegni.

Nel quarto numero non ci sarò, e a sostituirmi la Marvel ha chiamato Gerardo Zaffino, che, oltre che essere un artista pazzesco, è un grande fan di Conan. Quindi stiamo cercando a tutti gli effetti di dar vita a un fumetto molto bello da vedere.

Inoltre tenetevi pronti perché le storie che ho letto sono incredibili. Nel primo anno si chiuderà il primo ciclo e sarà una cosa grandiosa. Puntiamo in alto, come testimonia il sottotitolo della grande trama che raccontiamo: The Life and Death of Conan.

Parlando d’altro, “X-Men: Red” è terminato ben prima di quanto meritasse la qualità della storia che tu e Tom Taylor avete raccontato. Ti mancano i mutanti, adesso che pare vengano rilanciati con convinzione dalla Marvel?

Credo che la storia, per quanto le abbia voluto bene e sia stata un successo di critica e pubblico, fosse giunta al suo termine. Amo i personaggi degli X-Men e mi piacerebbe essere parte della loro storia come in passato mi è capitato spesso, ma l’impegno su Conan è davvero gravoso e ci tengo tantissimo, motivo per cui non mi occupo di altro. Non faccio nemmeno le copertine, proprio per dedicarmi al meglio agli interni.

“X-Men: Red” è finita perché c’erano altri piani, di ampio respiro, per tutti i mutanti. Mi è spiaciuto un po’ che sia durata poco, ma devo dire che sono caduto in piedi su un progetto che mi appassiona tantissimo. E poi sono passato da Tom Taylor a Jason Aaron. Come al solito, ho la fortuna di lavorare con tanti scrittori importanti e talentuosi.

 

X-Men: Red, illustrazione di Mahmud Asrar