Seconda parte dell’intervista di Newsarama a Kelly-Sue DeConnick, all’indomani della visione del film Captain Marvel, che abbiamo recensito per voi, evidentemente e pesantemente influenzato dalla sua storica run sul personaggio, che ne ha cambiato i connotati narrativi portandolo alla maturità definitiva e un successo di critica e pubblico mai raggiunto prima.

L’attuale sceneggiatrice di Aquaman, in questa seconda parte, ha parlato dei suoi anni lontana dalle grandi case editrici americane, della propria crescita come autrice e dei suoi prossimi progetti.

 

Aquaman #46, copertina di Robson Rocha

L’anno scorso è stato molto difficile per me dal punto di vista creativo. Credo che… non ne sono sicura… ma il risultato delle ultime elezioni mi abbia mandata a gambe per aria e portata a rivalutare parecchie cose della mia vita. Avevo un sacco di gente che aveva bisogno di me, che dovevo aiutare a stare in piedi. Nel farlo, ho un po’ dimenticato di mettere la mia maschera d’ossigeno. Avevamo degli affari di famiglia da gestire, ci siamo trasferiti… impegni importanti.

Ma adesso come adesso sento che le nuvole si stanno diradando e la mia produttività torna a crescere. Sia Pretty Deadly che Bitch Planet hanno ripreso a camminare. Il secondo molto lentamente, ma nuovi numeri di Pretty Deadly dovrebbero essere annunciati a breve.

A tutti noi piace metterci in mostra, avere rapporti con il pubblico, ma credo sia anche giusto prendersi del tempo per scomparire. Va bene non dire niente, quando non si ha niente da dire. Ogni tanto arrivo al punto da stancarmi della mia stessa voce, delle risposte che do alla gente. Ho solo bisogno di ascoltare un po’ e, quando ho di nuovo qualcosa da dire che abbia dentro di sé un po’ di verità, sono apertissima. Ma in generale preferisco stare in silenzio che non sapere cosa dire, oppure raccontare storie che sappiano di riempitivi, che siano stupidaggini, che non abbiamo una prospettiva… non mi interessa.

Il mio fumetto su Aquaman non è affatto così. Dato che ho scritto Bitch Planet, la gente pensa che ora voglia sempre parlare di politica e, se certamente è un argomento molto importante per me, non è l’unico, e Aquaman non ha nulla di politico. Ci sto lavorando in maniera importante, per renderlo una storia con una direzione precisa, con risonanze mitologiche, un significato e una verità nel suo DNA. A volte c’è bisogno di scomparire per un po’, per tornare con nuove cose da dire, nuove domande.

 

La DeConnick dice di essere molto interessata alla tragedia in senso greco antico, teatrale, alla catarsi che le è connaturata. Un concetto a cui non è sempre stata legata, ma che ora la attrae più di altri, più di storie con una morale semplice e diretta, in cui la giustizia prevale.

In questo periodo le interessano soprattutto i personaggi, più che le trame, perché nella vita l’unica cosa che si può fare è restare fedeli a se stessi, l’unica cosa che controlliamo è la nostra identità, sono le scelte che facciamo. Ed è su questo concetto che si fonda la sua narrazione ora come ora.

 

Captain Marvel #1

L’altro giorno parlavo con mio marito (lo sceneggiatore Matt Fraction) di come costruiamo i personaggi su presupposti diversi, soprattutto quando maneggiamo i super eroi. Io cerco sempre l’origine del dolore di un personaggio e quello diventa il mio motore nella storia. Se posso connetterlo ai suoi talenti, meglio ancora. Quando si scrivono eroi, si cerca sempre il modo di rendere possibile ai lettori identificarsi con loro. E questo spesso si traduce nel mostrare le loro fragilità o le loro aspirazioni, sforzi e dolori che si possano condividere.

Per Carol Danvers questo significava il tentativo costante di essere migliore. Rialzarsi sempre e dare il massimo possibile. Si tratta di una cosa reale, che facciamo tutti i giorni. Per Arthur la situazione è un po’ diversa. Vive nel mare, ha una certa leggerezza innata. In ogni difficoltà, che venga dalla terra, dall’oceano, dal suo regno, il suo sforzo è quello di restare a galla, di mantenere il suo ottimismo ed essere come un tappo di sughero nel mare.

Credo che entrambi siano personaggi portati a guardare avanti, in alto, mentre moltissimi hanno una tendenza più malinconica e oscura. Batman è l’esempio più classico di quest’ultimo atteggiamento, con Superman come contraltare. Ho giocato con questa dualità con Carol e il suo rapporto con Jessica Drew, Spider-Woman, che erano una coppia di luce e ombra. Arthur cammina nella luce, è ottimista. Per rimanere in questa condizione deve combattere in continuazione, cosa che vale un po’ per tutti. Non serve essere il re degli oceani per capire l’impegno di stare a galla, cavalcare l’onda.

 

La sceneggiatrice ha parlato del suo impegno politico di donna bianca, fondamentale in questo momento di svolta sociale e politica e reso ancor più urgente da una consapevolezza: anche lei ha contribuito almeno in parte all’oppressione di altre persone, cosa inaccettabile e che la fa sentire fuori posto. Da artista e da essere umana, da madre e moglie, da appassionata di viola e taekwondo ha solo un certo numero di fumetti che può ancora scrivere in carriera, e ha intenzione di utilizzare le cartucce che restano al meglio.

Dopodiché ha parlato di Kelly Thompson, attuale sceneggiatrice di Captain Marvel, tenuta in qualche modo a battesimo da lei su Captain Marvel & the Carol Corps.

 

Vederla tenere le redini del personaggio è grandioso. Non voglio prendermi meriti per il suo successo. Ha fatto tutto da sola. E sono felice, in generale, di vedere tante donne che scalano le classifiche di importanza nel mondo degli sceneggiatori di fumetti. Siamo una sorellanza che si spalleggia molto, cosa che posso affermare con certezza. Sono molto vicina a molte scrittrice, mi sento supportata e molto attiva. Se dovessi dirvi per chi altri faccio il tifo, farei i nomi di Warren Ellis, Ed Brubaker e Chip Zdarsky. E dei miei collaboratori.

 

Captain Marvel and The Carol Corps #1, cover

 

 

Fonte: Newsarama