Ed Brisson ha intenzione di lasciare il segno nel mondo dei mutanti Marvel, a partire dal lavoro sul rilancio di Uncanny X-Men fino al suo attuale impegno su X-Force. Lo scrittore, che ha goduto di sempre maggiori responsabilità e fiducia dalla sua run su Iron Fist, ha rilasciato alcune dichiarazioni in merito alla propria passione per il Fumetto sul sito ufficiale della Casa delle Idee.

 

Dead Man Logan #1, copertina di Declan Shalvey

Quando ero ragazzino, da lettore seguivo soprattutto i personaggi e non ricordo di essermi concentrato molto sugli autori e gli artisti, finché non ho iniziato a pensare seriamente a una carriera da scrittore di comics. Il primo disegnatore che mi è rimasto impresso è Todd McFarlane, con il suo stile spettacolare e fluido, diverso da ogni altra cosa che avessi visto prima. Passavo ore a perdermi tra le sue linee.

A fine anni Ottanta ero ossessionato da Spider-Man, e la roba di McFarlane mi si appiccicò addosso. Quando ho scoperto che era canadese come me, la cosa mi diede un senso di speranza, mi fece sembrare che fosse possibile anche per me entrare nel settore, perché all’epoca ero convinto che si dovesse per forza vivere a New York per lavorare alla Marvel.

Mentre crescevo e iniziavo a fare attenzione ai team creativi, ho iniziato a cercare i lavori di Frank Miller, Davide Lapham, Grant Morrison e Neil Gaiman. Tra gli artisti, i miei preferiti erano McFarlane, Erik Larsen, Rob Liefeld, Marc Silvestri, Mike Zeck e Mark Texeira.

L’idea di lavorare nel campo dei comics è sempre stata con me. Mentre crescevo, il mio desiderio era diventare un disegnatore. In alternativa, un veterinario, un allevatore, un poliziotto o un rapper, a seconda dell’età, ma al primo posto c’era sempre disegnatore di fumetti. Credo di aver mandato le mie prime prove quando avevo dieci anni. Periodicamente, inviavo agli editori qualcosa che avevo disegnato. Sempre inquadrature statiche, nella speranza che riconoscessero il mio genio. Mai successo. Al liceo, passavo le ore buche a disegnare in biblioteca e prendevo lezioni extra la sera, a volte.

 

Attorno ai diciannove anni, attraverso la fumetteria della sua città, Brisson ha iniziato a incontrare altri aspiranti fumettisti. Inizialmente, con esperienze terribili sia dal punto di vista personale che professionale. Se proprio doveva disegnare a partire da sceneggiature terrificanti, decise, meglio scriverle da sé. Fu così che iniziò la sua carriera da sceneggiatore, anche se all’epoca non se lo sarebbe mai immaginato. Iniziò, a metà anni Novanta, a produrre i propri mini-comics, rivenduti sottocosto presso fumetterie e negozi di dischi della sua zona.

 

X-Force #1, copertina di Pepe Larraz

Saltiamo avanti al 2010. Ero ancora distantissimo dai miei obiettivi. Mi ero autoprodotto per sedici anni e nessuno mi aveva notato. Il giorno del mio compleanno, mi sono seduto davanti alla pila dei miei fumetti e mi sono reso conto di una cosa che avrei dovuto realizzare un sacco di tempo prima: adoravo scrivere e odiavo disegnare. Avevo uno stile cartoonesco e quindi scrivevo di conseguenza, ma in realtà mi piacevano le storie più oscure e serie. Decisi di appendere le matite e di darmi alla sceneggiatura. Mi associai a un paio di amici disegnatori e lanciammo una serie di brevi storie noir chiamata Murder Book.

Nel corso dell’anno, Micheal Walsh mi contattò per chiedermi di letterare una storia che stava realizzando. Lavoravo come letterista da circa quattro anni. Il suo stile di disegno e la sua narrazione mi piacevano davvero, quindi gli proposi un patto. Avrei letterato un sacco delle sue cose se avesse disegnato una storia di Murder Book. Una specie di scambio. Gli mandai alcune storie già completate. Gli piacquero e nacque così la nostra prima collaborazione.

Ci incastrammo benissimo fin da subito e ci divertimmo a lavorare assieme. Eravamo entrambi vogliosi di diventare fumettisti professionisti e quindi decidemmo di creare storie ininterrottamente per un anno. Di ogni idea che ci veniva in mente scrivevo cinque pagine, un soggetto e lui iniziava a disegnare mentre io pensavo a una nuova idea. Pensavamo che, se avessimo mantenuto un buon ritmo, potevamo arrivare a sette storie all’anno. C’era molta energia tra noi ed eravamo convinti che entro l’anno qualcuno ci avrebbe notati. Avevamo ragione. Il nostro secondo lavoro, Comeback, iniziò a vendere e iniziò la nostra carriera vera e propria.

 

Da lì, i primi timidi successi e un fallimentare primo contatto con la Marvel. Brisson avrebbe dovuto scrivere due storie di Secret Avengers in sostituzione di Nick Spencer nel 2013. Ma l’editor che lo aveva contattato lasciò la compagnia e non se ne fece più nulla. Solo due anni dopo giunse una storia breve per Secret Wars: Battleworld. Ancora un anno e mezzo e, nel 2016, giunse l’offerta della miniserie Bullseye.

 

Mi si era spezzato il cuore, perché dopo Secret Avengers e Battleworld pensavo di aver bruciato ogni possibilità, ma fortunatamente Axel Alonso prese in mano una raccolta di Murder Book e pensò di darmi un’occasione con Bullseye.

 

Il suo primo incontro con i mutanti? Da piccolissimo, quando i suoi gli compravano fumetti usati dai cestoni delle fumetterie.

 

Il mio primo ricordo è un litigio con mio fratello e mia sorella per prendere qualche numero della Saga di Fenice Nera, che all’epoca era già uscita da qualche anno. Penso di non aver nemmeno preso albi in sequenza. Mancavano parti importanti della storia, ma c’era qualcosa, là dentro, che mi attrasse moltissimo e mi rese un fan degli X-Men per la vita. Credo di aver recuperato la saga intera nel 1986. Vorrei tanto ricordare il mio primo numero di Uncanny X-Men da lettore regolare, ma non ne sono sicuro. Credo fosse il numero #201.

 

Essendo Brisson canadese, non poteva che innamorarsi del suo connazionale, Wolverine. Vedere che il più figo degli X-Men era originario dello stato della foglia d’acero era una grande soddisfazione. Anni dopo, sarebbe diventato lo scrittore delle avventure di Vecchio Logan, nonché uno degli sceneggiatori del rilancio di Uncanny X-Men.

 

 

Fonte: Marvel