A Lucca Comics & Games 2018 abbiamo avuto modo di conoscere un’interessante fiaba moderna a fumetti, grazie alla gentile collaborazione dello staff di ReNoir. Si tratta di Il mondo di Milo, scritta da Richard Marazano e disegnata da Christophe Ferreira, che alla fiera era ospite dell’editore. Lo abbiamo intervistato non solo perché il suo lavoro sulla storia, che presto recensiremo, è molto interessante, ma perché lo è il suo percorso.

L’artista francese è soprattutto impegnato nel mondo dell’animazione, lavora in Giappone presso importanti studi e ha scoperto da poco il mondo del fumetto. Eccovi la nostra chiacchierata con lui:

 

Grazie mille, Cristophe e benvenuto su BadComics.it.
La prima domanda è scontata, dopo aver letto “Il mondo di Milo”. Le tue matite sono una citazione diretta di Hayao Miyazaki e non fai nulla per nasconderlo: come mai un’influenza così forte?

Lavoro in Giappone nell’animazione e uno dei miei maestri lo è stato anche per Miyazaki. Ho sempre preso spunto dagli anime che più mi piacciono, a partire da “Akira” di Otomo e dai film di Miyazaki, di cui mi piace lo spirito e le atmosfere. E non credo di copiare a tutti gli effetti ma solo di ispirarmi. Probabilmente è perché sono affascinato dalla gentilezza dei suoi lungometraggi, e citarlo mi viene naturale. Non è intenzionale, è semplicemente che non riesco a disegnare nient’altro. Essere miyazakiano è diventato il mio stile in maniera spontanea.

Ovviamente, non sei solo tu come artista a seguire questa strada. Anche il tuo collega sceneggiatore ha scritto una storia fantastica che si presta a citare quell’immaginario ormai globalmente celebre. Qual è il tuo rapporto con Richard? Avete radici comuni? Siete amici oltre che collaboratori?

Non credo che Richard abbia scritto “Il mondo di Milo” consapevolmente come un’opera che segua le orme di Miyazaki. Credo che dipenda soprattutto da me.

Però è curioso il fatto che abbia seguito una strada così aderente al tuo stile.

Penso che dipenda dal fatto che non ha progettato il soggetto in anticipo, nemmeno quello dei primi capitoli, ma ha finito ogni singola sceneggiatura solo dopo aver visto quel che io disegnavo. Lui lavora così: gli piace lasciarsi ispirare dallo stile dell’artista con cui collabora. Mi consegnava parti di sceneggiatura, mi chiedeva di mandargli studi e porzioni di storia già realizzata, e poi proseguiva da lì. Il che ha cambiato molto la storia nel corso nella realizzazione. Ad esempio, le tre signore co-protagoniste non erano affatto tre, nella sceneggiatura, ma una soltanto. Non so come mai io ne abbia disegnate tre. Lui ha accettato la cosa e l’ha incorporata. E così è andata per molti aspetti.

Ci siamo incontrati e conosciuti perché, essendo io soprattutto un animatore, avevo bisogno di qualcuno che mi aiutasse a realizzare una storia. Io e Richard ci siamo conosciuti così, circa vent’anni fa, perché un amico in comune ci ha presentati, sapendo che avevo questa necessità. Tuttavia, all’epoca non era in progetto alcun fumetto, e infatti non ne realizzammo alcuno.

Poi, circa sei anni fa, lui sapeva che io mi stavo un po’ stancando del mondo dell’animazione e si presentò da me. All’epoca non sapevo bene cosa avrei fatto o dove sarei finito. Non avevo alcun lavoro. Vivo in Giappone, ma in quel momento ero in Francia. Richard mi venne incontro, mi fece una proposta e mi chiese se me la sentivo di proporla a un editore. Il quale ci ricevette e si disse intenzionato a lavorare con noi. Il risultato è “Milo”.

Ovvero una storia di formazione fantastica molto classica. C’è un giovanotto che vive un’esistenza apparentemente normalissima, sconvolta da eventi che non comprende e che lo proiettano in un mondo imprevedibile e avventuroso. La premessa di un sacco di storie di genere fantasy classico. Tuttavia è molto moderna per ambientazione, dato che non avete avuto paura di mostrarci come il mondo di partenza di Milo sia sostanzialmente quello contemporaneo. C’è una spruzzatina di modernità qua e là, che fa capolino. Si tratta di qualcosa di progettato?

Credo che Richard volesse creare un’ambientazione temporale volutamente ambigua e indefinita. Vero è che mostriamo un po’ di tecnologia moderna, ma non è comunque chiara l’epoca. E la situazione di campagna in cui vive Milo è, per molti versi, senza tempo. Volevamo che ci fosse un po’ di passato, proprio perché la storia è classica nel senso che dici tu, ma anche un po’ di contemporaneità. In termini di storia è vero che l’ispirazione è molto classica, con molte ispirazioni al folklore cinese, anche se trapiantata in luoghi che non riconosciamo. C’è sicuramente un po’ di Francia e un po’ d’Europa nei luoghi.

Tornando alla tua carriera, com’è che un artista francese finisce a lavorare in Giappone, in quella che è probabilmente la più grande industria del mondo, in questo campo?

Il Mondo di Milo vol. 1, copertina di Christophe Ferreiracover

Proprio come in Italia, anche noi negli anni Ottanta abbiamo vissuto l’invasione dei cartoni animati giapponesi. “Goldrake”, “Dragon Ball” e tutti gli altri mi conquistarono. Mi piaceva disegnare e ho scoperto, a un certo punto, che a Parigi c’era una scuola di animazione. Ho deciso di frequentarla perché il mio progetto, già allora, era quello di andare a lavorare per i giapponesi. Solo che non sapevo e nemmeno immaginavo che fosse possibile studiare la loro animazione là, in Giappone. Quindi ho deciso di studiare a Parigi per poi fare il salto.

Nel 2001, Yasuo Otsuka, maestro di Miyazaki e Takahata, è venuto in Francia per tenere una master class. Io c’ero, e alla fine ha invitato tutti coloro che volevano e che avevano dimostrato talento a chiamarlo, semmai avessero voluto visitare il suo Paese. Così ho fatto e il suo studio mi ha invitato a rimanere in Giappone per un anno. Al termine di quell’anno di stage ho trovato lavoro e ci sono rimasto per quindici anni.

Ti sei integrato facilmente? Perché non penso ci siano moltissimi professionisti occidentali. 

Oggi sì, ma all’epoca le cose erano molto diverse. Quando mi sono trasferito, l’ho fatto con un amico, ed eravamo gli unici due francesi che lavoravano nel mondo degli anime. L’unico altro europeo era un’Italiano, che lavorava spesso con la Ghibli. C’erano un sacco di cinesi e coreani, già all’epoca.

E oggi che hai messo il piede nel mondo del Fumetto, pensi che ci rimarrai e che continuerai a lavorare su altri progetti?

Sì. Lo adoro. Sono libero di fare quello che voglio, mentre nell’animazione sei sempre legato a progetti che ti piovono addosso. Ho un nuovo progetto in cantiere e “Milo” continuerà.

 

Ferreira Claudio