Partito dal Fumetto underground, Charles Forsman sta vivendo una stagione decisamente fortunata. La sua graphic novel The End of the Fucking World ha riscosso un grande successo di pubblico e critica, tanto da essere scelta per un adattamento televisivo targato Netflix. Grazie al lavoro di 001 Edizioni, la sua opera successiva, Slasher, è finalmente giunta in Italia per mostrarci un lato decisamente più orrorifico ed estremo del giovane autore statunitense.

In occasione dell’ultima edizione di Lucca Comics & Games, Forsman è stato ospite presso lo stand della casa editrice per presentare il suo ultimo lavoro. Decisamente introverso e timido, il fumettista è riuscito a dedicarci un piccolo ritaglio del suo tempo per rispondere ad alcune domande:

 

Ciao, Charles, e benvenuto su BadComics.it!
Il pubblico italiano ti ha conosciuto grazie alla graphic novel “The End of the Fucking World”. Quanto è stata importante per la tua carriera quest’opera?

È stato il primo lavoro per il quale ho visto una forte reazione da parte della piccola base di lettori che avevo in America, ai tempi. È un libro molto speciale per me, rappresenta molti sentimenti che avevo da teenager ed è stata un’opera in cui per la prima volta mostravo chi fossi. Ho sentito la necessità di fare qualcosa che fosse realmente mio e che non scimmiottasse il lavoro di qualcun altro.

Un successo tale che ha portato “The End of the Fucking World” a diventare una serie televisiva. In che modo sei stato coinvolto nel processo creativo del serial Netflix? Sei contento del risultato finale?

Non sono stato coinvolto più di tanto, ma sono diventato molto amico del creatore del serial, Jonathan Entwistle, il quale mi ha coinvolto in diversi aspetti legati alla realizzazione della serie. Mi fidavo del fatto che ne avrebbe tirato fuori qualcosa di buono. Come ti dicevo prima, in questo libro ho riversato tanto della mia vita e non volevo metterci troppo le mani. Ero consapevole che Jonathan non avrebbero cambiato la storia e questo mi bastava.

Sono molto contento del risultato finale. Ero consapevole che sarebbe stato così. Ti confesso che, guardando la serie televisiva, ci sono alcune sequenze che avrei voluto aver pensato nel realizzare il mio fumetto. [Ride] Alla fine, hanno mantenuto lo scheletro del mio libro, il feeling generale, sebbene sia un po’ diverso, dovendo essere adattato a un altro medium. Penso che sia un ottimo prodotto, comunque.

Partendo da un’opera sicuramente minimale come “The End of the Fucking World”, sei passato a un lavoro decisamente più articolato, strutturato e disturbante. Da cosa nasce l’idea alla base di “Slasher”?

L’idea di questo mio nuovo lavoro parte dall’amore che ho per Brian De Palma e dalla mia volontà di realizzare un’opera a fumetti basata sull’idea di Cinema del regista americano. Inoltre, sono rimasto molto colpito dalla “Gypsy Rose Blanchard’s Story”, una storia vera dalla quale è emerso un ritratto agghiacciante di una madre che teneva segregata la propria figlia sedandola e riempiendola di medicinali. Qualcosa di assolutamente terrificante, che però mi ha affascinato, ha catturato la mia attenzione e che ho voluto riproporre in “Slasher”.

Ancora una volta i tuoi protagonisti presentano dei caratteri particolari: incapaci di inserirsi in un contesto quotidiano fatto della cosiddetta “normalità”. Cosa ti spinge a indagare questo aspetto dell’animo umano?

Sinceramente, non lo so. [Ride] Davvero, non saprei come spiegarlo. Credo che tutto nasca dal fatto che sono affascinato dal lato oscuro che c’è in ognuno di noi. Resto sempre sconvolto da ciò che gli uomini siano in grado di fare, azioni che generano quel lato oscuro di cui stiamo parliamo. Davvero, non saprei. Seguo questa direzione, indosso una t-shirt nera e questo è tutto. [Ride]

Quanto è stato difficile aggiungere il colore a questo fumetto?

È decisamente tutto un altro modo di concepire e realizzare fumetti. Tieni presente che non mi reputo un grande disegnatore, essendo poco sicuro del mio stile. Già in alcuni miei lavori precedenti, come “Revenger”, ad esempio, ho utilizzato i colori. Ma per quanto sia bello poterlo fare adattandoli al mood della storia, il mio primo amore resta il bianco e nero, e tornerò sicuramente a utilizzarlo.

L’horror degli anni ‘90 è una delle tue influenze? Quali film ti senti di consigliare ai lettori del tuo romanzo grafico?

Per “The End of the Fucking World” raccomando “Badlands”, diretto da Terrence Malick. Un film uscito negli anni 70 che parla di questi due teenager innamorati, Martin Sheen e Sissy Spacek, coinvolti in un omicidio nel middle west negli anni 70. Per “Slasher” raccomando sicuramente “Vestito per uccidere”, di Brian De Palma, uno dei miei film preferiti in assoluto, e del regista in particolare. Inoltre, mi sento di consigliare la visione di “Brood”, di David Cronenberg, una delle mie pellicole horror preferite.

Abbiamo parlato di Cinema, ma guardandoti noto che indossi un berretto di Nine Inch Nails. A questo punto mi chiedo che colonna sonora ascoltavi durante la realizzazione di “Slasher”?

Be’, senza dubbio ho ascoltato tanto materiale dei Goblin, soprattutto quello collegato alle colonne sonore dei film.

Credi che “Slasher” possa trovare un giusto adattamento in Televisione o al Cinema?

Non saprei. Così, di primo acchito ti direi che “Slasher” lo vedrei meglio come film, anche se in questo particolare periodo le serie televisive sono molto più popolari. Però io lo vedrei meglio al Cinema.

 

Pasquale Gennarelli e Charles Forsman