In occasione del Lake Como Comic Art Festival, abbiamo avuto l’occasione di intervistare il signor Adam Hughes, uno dei più influenti e rispettati disegnatori degli ultimi vent’anni, nonché tra gli artisti coinvolti del rilancio di Superman targato Brian Michael Bendis. Proprio da questo impegno è iniziata la nostra chiacchierata con lui.

 

Al momento stai lavorando per la DC Comics, precisamente sul Superman di Brian Michael Bendis. È la prima volta che collaborate, se non sbaglio.

Sì, non ho mai lavorato con lui prima d’ora. Collaborerò, come altri cinque artisti, alla miniserie “Man of Steel”, che lancia la sua gestione del personaggio. Mi occuperò del quinto numero, provvedendo a matite, chine e colori, tutto da me.

Sarà molto interessante lavorare assieme a Brian, perché ho sempre e solo visto i suoi fumetti già terminati, e lui è uno degli scrittori più popolari dei comics. Ha una grande famiglia e un sacco di responsabilità, e quando si prende tre minuti per rispondere a una mia mail penso sempre che questo tizio è più impegnato di quanto io potrò mai essere nella vita. Dove trova il tempo? Deve battere sulla tastiera velocissimo! Mi piace molto la sceneggiatura su cui sto lavorando. Se non sbaglio, il mio numero esce a luglio. Ho letto solo questo, della miniserie.

Questo è un grande anno per Superman, tra l’uscita di Action Comics #1000 e l’arrivo di Bendis. Che ne pensi del personaggio in sé? Credi che ancora oggi sia il massimo che si possa raggiungere come cartoonist nel mondo del Fumetto?

Sì, credo che possa esserlo. Anche se io lavoro per la DC, con diversi periodi di pausa, da circa vent’anni ormai e il mio primo lavoro per loro è stato “Justice League”. Quindi ho già disegnato il personaggio.

Lascia che ti faccia un esempio: le sceneggiature di Bendis lasciano molto spazio alla conversazione tra me e lui, non è tutto già scritto. Spesso ci trovo delle note, in cui mi chiede per iscritto come fare una certa cosa. A volte, nelle sceneggiature, infila dei commenti personali. Ad esempio, tra parentesi, dopo aver scritto le parole “Justice League”, mi confessava stupito ed emozionato che era la prima volta che le utilizzava in un’occasione professionale. Non è adorabile, quest’uomo?

Ho disegnato il gruppo nel secolo scorso. Io e Kevin Maguire abbiamo cominciato proprio su “Justice League”, un sacco di tempo fa, quindi per noi Superman è come un vecchio amico. Mentre per uno che ha scritto migliaia di pagine di fumetti, avere a che fare con lui, con la Justice League, con il Daily Planet è una specie di sogno diventato realtà, perché è tutto nuovo per lui. Per me è come rivedere i compagni dell’università.

Sappiamo che stai anche lavorando a “Capitan America”, con Mark Waid.

Sì, ai numeri #701 e #702, che mettono in scena una serie di flashback. Sono uno dei tanti artisti che disegnano questi flashback di periodi diversi della sua vita. I miei hanno a che fare con il periodo della guerra, e ho sempre voluto disegnare il Cap della Seconda Guerra Mondiale.

Quindi ti stai godendo i due più grandi leader dei comics di sempre e i due campioni del Fumetto dell’America come nazione.

Sì, entrambi sono delle grandi icone americane, ed è stato strano, perché dopo aver lavorato per un paio di giorni a Cap, ecco che tornavo su Superman. Due giorni dopo, eccomi di nuovo alle prese con Cap.

Quando ero ragazzino, i fumetti Marvel e quelli DC erano due cose molto diverse, e ora eccomi qui, a fare il giocoliere tra l’una e l’altra, senza che ci siano enormi differenze di stile. Entrambe fanno dei fumetti divertenti, con un bell’aspetto visivo. È un periodo piuttosto schizofrenico della mia vita. Per fortuna non ho disegnato Cap con il mantello o Superman con lo scudo!

Credo di aver letto qualche dichiarazione di Alex Ross sulle somiglianze tra i due personaggi e i loro ruoli all’interno dei rispettivi universi narrativi. Hai percepito anche tu questa vicinanza?

Interessante. C’è qualcosa nei grandi, iconici super eroi. Li vedo un po’ come il personaggio di Amleto. Due attori possono interpretare Amleto in maniera estremamente diversa, ed entrambi possono essere perfetti per la parte. Perché esiste una sorta di correttezza globale, di aderenza riconoscibile. Ci sono personaggi che possono avere ogni genere di ideologia, possono tendere a qualunque direzione politica, possono assumere un codice morale variegato, ma essere sempre adatti alla parte.

Il mio esempio più grande è sempre stato Superman ne “Il ritorno del Cavaliere Oscuro”: Batman è sostanzialmente un fascista, mentre Clark è un ultraconservatore inserito nel sistema che gioca secondo le regole.

 

Direi che forse Batman è un anarchico, a suo modo.

Bravo. Un totale anarchico. E in “Kingdom Come”, invece, Superman è il fascista che getta criminali in prigione sbrigativamente, mentre Batman è il difensore del diritto, che parla di legge e ordine. Due grandi storie in cui i personaggi si scambiano completamente ruolo, ma…

…Ma sono sempre Superman e Batman.

Sono sempre Superman e Batman. Esatto. Non ho mai ragionato sulle somiglianze tra Cap e Superman, sulle qualità che condividono perché il sapore dell’uno e dell’altro è molto diverso. Certo, entrambi sono molto americani, ma per me la caratteristica fondamentale di Superman è il fatto che sia un super-immigrato. Non è affatto americano, ma un tizio che viene da un altro pianeta e che ha dovuto adattarsi al nostro stile di vita. Una bella metafora, specialmente per il fatto che è stato creato nel periodo della Grande Depressione, mentre i nazisti, dall’altra parte del mondo, iniziavano a prosperare. Un sacco di artisti, di scrittori, di intellettuali fuggivano dal nazismo e venivano in America, portando le loro idee.

E ovviamente sappiamo che Superman è nato da creatori di schietta cultura ebraica.

Esatto. E mi è sempre piaciuta l’idea che sia un super-immigrato. In America abbiamo questa idea edulcorata per cui, se te la passi male nel tuo Paese, vieni da noi e tutto andrà bene… tutte quelle stupidaggini sul sogno americano. Ma tutto questo è la vita di Superman, la sua quotidianità. Su Krypton sarebbe stato un contabile, sulla Terra è l’eroe più grande di tutti.

Capitan America, invece, nonostante simbolizzi molto di quel che l’America è, ideali molto simili, è soprattutto una figura che la nazione mette sui poster, per lo meno come concetto iniziale. Lo è molto meno quando la nostra nazione se la passa male e allora serve a ricordare quel che l’America ha smesso di essere e dovrebbe invece rappresentare.

 

 

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