“Non finirà nel modo che credi”, profetizza un Luke Skywalker parafrasando un più inquietante Ramsay Bolton de Il Trono di Spade. Gli fa eco un Kylo Ren che proclama di voler annientare ogni cosa del passato: Jedi, Sith, Impero, Ribellione. In queste due frasi c’è il manifesto programmatico de Gli Ultimi Jedi, il mezzo e il fine, il come e il perché dell’Episodio VIII della saga di Star Wars firmato dal regista Rian Johnson che riprende i fili della storia, stavolta in senso molto letterale, là dove si era interrotta ne Il Risveglio della Forza firmato dal predecessore J.J. Abrams.

Il primo e più importante elemento che salta all’occhio di questa nuova avventura stellare è la sua natura speculare e contraria alla pellicola precedente: prudente, rispettosa e costantemente con l’occhio rivolto al passato l’Episodio VII di Abrams, che si muoveva tra i fantasmi dei giganti che lo avevano preceduto con soggezione quasi sacrale (attirandosi la dovuta dose di critiche per l’eccessiva “aderenz...