Una carriera che può vantare collaborazioni con Chris Claremont, Neil Gaiman, Ridley Scott e Sam Raimi, tra gli altri. La sua arte ha impreziosito icone dell’universo dei comics come gli X-Men e Batman, e del cinema quali Alien e Predator. Stiamo parlando di John Bolton, artista inglese di riprovata fama mondiale. In occasione dell’uscita del suo Shame, edito in Italia da RW-Lion, abbiamo avuto il piacere e l’onore di incontrarlo allo stand della casa editrice per scambiare con lui qualche battuta sulla sua visione della Nona Arte e del Cinema. Signore e signori, Mr. John Bolton.

 

Giunge finalmente in Italia Shame, opera in cui la sua arte pittorica raggiunge la piena maturazione. Cosa devono aspettarsi i fan da questo suo ultimo lavoro?

ShameSorprese, perché persino io sono sorpreso. Sono partito da una semplice sceneggiatura su cui avevo fissato un’idea generale di come si sarebbe sviluppato Shame. Avevo chiaro il design dei personaggi e dei costumi, da lì è cominciato tutto.

Quando ho completato il primo albo, Lovern [Kindzierski] era già al lavoro sul secondo. Restavo sempre colpito dal fatto che da una semplice discussione su Skype riuscissimo a creare tante situazioni diverse. Ci siamo incontrati molti anni fa a Calgary [in Canada] dove abbiamo gettato le basi per Shame. Sono affascinato dal fatto che Lovern sia in grado di prendere un’idea e stravolgerla. Nel prossimo volume troverete molti nuovi aspetti horror in stile Evil Dead.

Ha realizzato due miniserie legate all’universo del Cavaliere Oscuro: Batman/Joker: Switch e Man-Bat. Cosa pensa dell’iconico personaggio della DC Comics e dei suoi altrettanto celeberrimi nemici?

Non sono un grande esperto, a dire il vero, e non ero del tutto a conoscenza della continuity dei vari personaggi, ma mi è piaciuto approcciarmi a loro con delle idee originali per realizzare delle storie a sé.

Ha lavorato insieme a Claremont su storie degli X-Men contenute nella collana Classic X-Men. La particolarità di questa serie era ritrarre i personaggi nell’intimità della loro vita. Quanto è importante per lei la componente umana nei fumetti supereroi?

Credo che sia molto importante. Quando da una sceneggiatura apprendi che il personaggio deve reagire a qualcosa, come lo farebbe una persona reale, con un vero e proprio corpo, e cerchi di ottenere uno spaccato emozionale, devi rendere i lettori consapevoli anche a livello subliminale delle caratteristiche quasi umane del soggetto. Anche se non stanno leggendo il testo ma solo osservando un’illustrazione, devono essere consapevoli che il personaggio è reale, con una sua profondità. Ogni storia, ogni vignetta, deve essere funzionale. Ho lavorato con tanti scrittori e tutti si sono concentrati su questo aspetto, in particolare Chris [Claremont].

Tra i tuoi lavori del passato troviamo anche Aliens/Predator, che ha come protagoniste due leggendarie icone della cinematografia: cosa ricorda di questa esperienza?

Quando ho visto per la prima volta Alien ero in compagnia dei miei figli e rimasi molto colpito. È così pieno di colpi di scena! È un film che puoi vedere anche oggi, mantiene lo stesso impatto di allora. Tra tutti, Alien è quello che mi ha soddisfatto di più. La storia poi ha avuto uno sviluppo molto più ampio e si è sviluppata anche nei fumetti. Per lo sviluppo grafico dei personaggi mi sono rifatto al design di Hans Ruedi Giger, piuttosto che ai film successivi. Ho voluto catturare quel fascino. E il complimento più bello che io abbia mai ricevuto è arrivato direttamente da Giger, il quale durante un volo per la Germania ha incontrato un mio caro amico che gli ha mostrato i miei disegni. A quel punto Giger ha detto: “È il miglior disegnatore di Alien, dopo di me!” [Ride].

Tra Alien e Predator chi preferisce e perché?

Alien, senza dubbio Alien. Alien è unico. Predator credo derivi da un insetto, mentre Alien ha un design più sensuale. Ovviamente credo che Giger l’abbia fatto di proposito [Ride].

Sempre restando in ambito cinematografico, ha lavorato anche al fumetto di Evil Dead, altro grande franchise del cinema horror. Com’è stato collaborare con un regista visionario come Sam Raimi, in particolare su un fumetto legato al film che l’ha consacrato?

Mi sono trovato in una posizione molto fortunata. Raimi è stato ospite a casa mia prima della realizzazione del film in quanto, a suo dire, è un mio grande fan. Ho visto Evil Dead subito dopo l’uscita nelle sale: è un film innovativo, divertente e terrificante. La sceneggiatura era molto originale e l’ho voluta catture nelle pagine del fumetto. Cerchi sempre di carpire dalla pellicola quel qualcosa che ti ha colpito, ispirato. Vorresti non farti influenzare, ma è difficile che non accada. Nei fumetti non intendevo copiare i singoli frame del film, ma alcuni di questi li ritenevo talmente iconici da non poterli non inserire.

Mai quanto oggi vediamo come Cinema e Fumetto siano due realtà complementari tra loro. Cosa pensa possa dare la Nona Arte al Cinema?

Mi piace questa domanda. Diciamo che sono arti molto similari. Ho lavoro sia su storyboard che su albi a fumetti. Penso proprio che viaggino di pari passo. In fondo, se ci pensi, l’interscambio tra i due media avviene già. Al San Diego Comicon, per esempio, la sezione dedicata ai film è molto più grande ed è piena di gente. Ma penso possa essere una cosa positiva per i fumetti, perché la gente prima guarda il film e poi compra gli albi.

Un’ultima domanda. Ha lavorato anche con Neil Gaiman su The Book of Magic. Cosa può dirci di lui, non solo come autore ma anche come persona?

Neil è una delle persone più gentili che abbia mai conosciuto. Una delle cose più divertenti che mi abbia mai detto è che lui non legge i fumetti perché è troppo impegnato a crearli. Ai tempi stava iniziando a creare un universo inedito con tutti quei nuovi personaggi, era fantastico. C’è qualcosa di unico nelle sceneggiature di Neil, sono innamorato del suo modo di scrivere. Sono veramente fortunato ad aver lavorato su una di queste. Mi è entrata subito in testa e, senza che me ne accorgessi, ero già lì a disegnare.

 

 

 

Intervista a cura di Pasquale Gennarelli e Raffaele Caporaso.