Poco prima dell’incontro di Stan Sakai con il pubblico, tenutosi settimana scorsa a WOW Spazio Fumetto di Milano, abbiamo avuto il privilegio di intervistare brevemente l’autore di Usagi Yojimbo, in Italia grazie a ReNoir, già ospite a Lucca Comics per promuovere il terzo volume della Special Edition dedicata al suo coniglio samurai e l’opera intitolata 47 Ronin, di cui è disegnatore. Nel proporvi le nostre domande e le risposte che il maestro del fumetto indipendente ci ha concesso, ringraziamo lo staff di WOW, specialmente Alberto e Luca, quello dell’editore ReNoir e infine l’amico Donald Cirioni, autore delle fotografie della serata.

 

47 RoninAbbiamo appena letto 47 Ronin, storia da lei disegnata per i testi di Mike Richardson, che racconta la vicenda famosissima dei samurai senza padrone che sacrificarono la vita per vendicare la morte ingiusta del loro Lord, tradito e infamato dalla nobiltà corrota del Giappone feudale dei primi del Settecento. Si tratta di una storia molto asciutta e dal ritmo pacatissimo, con cui lei è a suo agio anche su Usagi Yojimbo, ma le cui pagine sono a colori. Eppure, il suo stile si è adattato molto bene a questo particolare insolito per lei. Che esperienza è stata?

Quella di 47 Ronin è una storia fondamentale per il Giappone e che tutti quanti conoscono. Io l’ho sentita per la prima volta da ragazzino, crescendo alle Hawaii, raccontatami dai miei genitori e da diverse altre persone, quindi sta molto a cuore anche a me. Mike Richardson, che è il mio editor alla Dark Horse, è venuto da me proponendomi di disegnarne la sua versione e, sulle prime, ho pensato che da americano non potesse conoscere davvero nei particolari la storia dei 47 Ronin. Quindi l’ho messo alla prova con una serie di domande. Gli ho chiesto cosa sapesse, per esempio, della quarantottesima tomba che si trova là dove gli eroi della storia sono sepolti. La sua risposta [che voi lettori scoprirete solo leggendo il finale del fumetto – NdR] mi ha colpito per l’idea narrativa che sottende e la documentazione di Mike sulla materia, perché comporta una prospettiva interessantissima. In quel momento mi ha conquistato ed è stata una collaborazione meravigliosa.

Lei ha una carriera lunghissima e di grande successo, iniziata in quella che potremmo considerare una sorta di epoca d’oro per il fumetto indipendente americano. Pare che quei tempi, declinati in altro modo, siano tornati, dato che il mercato d’oltreoceano è attualmente guidato, nelle sue tendenze, dai titoli creator-owned. Si sente un po’ un padre di questo nuovo movimento? Ne è felice? E quali sono gli autori che stima maggiormente?

Quel che mi rende incredibilmente felice è la grande varietà di generi e di argomenti che vi si possono trovare attualmente. Non saprei se posso definirmi un fondatore di questo movimento, perché ai miei tempi sono stato tra i primi, ma non certo il primo fumettista indipendente di successo. Credo che Sergio Aragones sia stato uno dei primissimi a camminare con le proprie gambe, con Groo the Wanderer. Gli era stato detto da un editore che non avrebbe potuto realizzare quel particolare progetto e lui decise di fare come già si faceva da voi in Europa: essere proprietario del proprio personaggio. Tenne duro con Groo finché non trovò un editore che lo appoggiasse lasciando a lui la proprietà intellettuale. Mai nessuno l’aveva fatto in America. Per quanto riguarda le persone che ammiro, direi che in testa ci sono Jeff Smith, l’autore di Bone, e David Petersen, che realizza Mouse Guard, assieme a molti altri ancora. Il fatto è che questo è un momento molto interessante per essere un autore di fumetti, in cui c’è davvero grande spazio per i progetti personali e originali.

Stan SakaiRimanendo in argomento, riguardo al modo in cui è cambiato il mondo dei comics negli ultimi anni, è impossibile non notare l’evoluzione della figura della donna nei fumetti d’Oltreoceano. Tante fumettiste su titoli importanti e di grande successo, ma soprattutto tante figure femminili forti, indipendenti, non più stereotipate o oggettivate, protagoniste delle loro serie e benedette da un grande seguito. Personalmente, credo che lei, signor Sakai, sia stato uno dei primissimi a giungere con naturalezza a questo punto, quasi trent’anni in anticipo rispetto ai suoi colleghi. Le protagoniste femminili di Usagi Yojimbo, Chizu, Kitsune, Tomoe Ame, sono già quel tipo di donna forte e caratterialmente connotata che oggi i comics celebrano come una conquista. E lo sono sin dagli anni Ottanta. Ne è almeno un po’ orgoglioso?

Ti ringrazio molto. Quel che ho sempre cercato di fare è di differenziare molto i miei personaggi, maschi o femmine che siano. Ma è vero che le donne di Usagi hanno questa caratteristica da sempre in comune. Il fatto è che ho sempre pensato che una donna forte sia molto più interessante da raccontare rispetto a una vittima, a una che ricopre un ruolo predefinito. Per questo ho sempre rifuggito lo stereotipo del personaggio femminile in una storia d’avventura. Tomoe Ame è una donna samurai ispirata a un personaggio effettivamente esistito, ma è la guardia del corpo di uno dei Lord più importanti della storia, mentre nel Giappone feudale le guerriere donne erano relegate a ruoli limitati alle stanze femminili del castello o a quello di mogli dei generali maschi. Avere Tomoe come consigliera principale di Noriyuki l’ha resa molto più interessante, ad esempio.

La sua connessione con la madrepatria e con la storia del Giappone è fortissima. Quando leggo Usagi Yojimbo non posso sfuggire a un paragone quasi inconscio con Vagabond di Takehiko Inoue, che racconta la storia romanzata di Musashi Miyamoto, celeberrimo samurai a cui Usagi si ispira in parte. Lo conosce? Aprezza il suo lavoro?

Non conosco Inoue, se non superficialmente, e lo trovo un grande disegnatore, ma non saprei dire di più. Conosco invece molto bene i romanzi a cui si ispira, il libri in cui Eiji Yoshikawa racconta, reinventandola in parte, la vita di Musashi Miyamoto. Effettivamente Musashi è per me un’ispirazione importante, ma non ho mai voluto adattare le sue storie in maniera diretta. Per me è stato un grande punto di partenza, agli esordi della serie. Comunque amo leggere ancora oggi i manga, soprattutto se parlano di samurai. Anche se il mio preferito rimarrà sempre Akira Toriyama, mentre l’autore della mia infanzia è stato Osamu Tezuka.

Sakai Lucca UsagiParlando di ispirazione e di quel che si vorrebbe realizzare tramite la narrazione, credo che sia stato Mark Twain a dire che una storia per ragazzi, se raccontata alla perfezione, diventa una grande storia per tutti, mentre una grande storia per adulti non potrà mai abbracciare il pubblico intero, per quanto brillante. Ho sempre pensato che questa massima fosse applicabile al modo in cui Usagi Yojimbo riesce a coinvolgere settori di pubblico disparati, partendo da un’estetica antropomorfa generalmente legata all’immaginario infantile. Lei è mai stato in qualche modo consapevole del potere del suo personaggio, in questo senso?

Di nuovo, mi fai un grande complimento che non merito. Io non scrivo per raggiungere ogni lettore possibile, ma lo faccio tenendo a mente soltanto i miei gusti, cercando di realizzare il genere di storie che mi piacciono e che vorrei leggere. Ragiono davvero come se il mio pubblico fosse composto da una sola persona e quella persona fossi io. Sono davvero felice, semplicemente, che ci siano così tante persone in giro per il mondo che hanno voglia di leggere le storie che io amo e che finisco per produrre.

Direi allora che non possiamo che concludere che lei, signor Sakai, ha una fortissima connessione con la gente, con il pubblico.

Immagino di sì. [ride]

Ultima domanda: uno dei suoi primi incarichi nel mondo dei comics è stato quello di letterista per cui, ancora oggi, è considerato tra i migliori professionisti del settore. Che considerazione ha della possibilità garantita dai font di ottenere un buon lettering in maniera digitale? Si tratta di un impoverimento o di un’occasione per il mondo dei comics, per quel che si è visto negli ultimi quindici o venti anni?

Fu Sergio Aragones a coinvolgermi nel mondo del lettering, chiedendomi di occuparmene su Groo the Wanderer. L’unica forma che conosco è quella a mano ed è anche l’unica che amo vedere sui miei fumetti. Apprezzo soprattutto il fatto che la tavola, disegnata e chinata, riporti ogni particolare della lavorazione sull’originale, che esista una tavola completa dalla A alla Z. Oggi, invece c’è la possibilità di realizzare i disegni e lasciare alla tecnologia digitale la componente del lettering e sono sempre un po’ dispiaciuto nel pensare che, da qualche parte, esistano pagine originali di fumetto sostanzialmente incomplete, mancanti dei dialoghi. Il vantaggio, ovviamente, sta nel fatto che ora ogni singolo disegnatore ha a disposizione uno strumento che assicura un livello professionale di lettering per i suoi lavori, il che dà la possibilità a moltissimi di lavorare con più tranquillità e libera, conseguentemente, molte energie creative. Ma no, non fa per me. Sono molto contento dei font che sono stati scelti per le versioni estere di Usagi Yojimbo, non mi pesa affatto la loro presenza nelle edizioni di altri paesi, ma sento la necessità di completare le mie tavole originali con un lettering fatto a mano. Si tratta di un’arte nobile che ancora amo.