Qualche settimana fa vi abbiamo proposto la recensione de Il Porto Proibito, avventura marinaresca scritta da Teresa Radice e disegnata da Stefano Turconi; l’opera ci ha affascinato e volevamo scoprire qualche retroscena sulla sua realizzazione. Perciò abbiamo contattato i suoi due autori, così da approfondire uno dei fumetti più interessanti di quest’anno.

Il Porto ProibitoCiao Stefano e Teresa, benvenuti su BadComics.it.
Il primo elemento de Il Porto Proibito che colpisce il lettore è il suo formato, si ha l’impressione di prendere in mano un vecchio volume di Verne o Stevenson trovato tra gli scaffali di una vecchia biblioteca.

Mentre lavoravate alla storia sapevate già di volere una confezione così atipica per un fumetto, o è un’idea nata dall’editore?

Teresa e Stefano: In fase di progetto avevamo una vaga idea del tono “antico” che volevamo dare al libro: il frontespizio del volume è, infatti, esattamente quello che apriva il fascicolo di presentazione che avevamo spedito a Caterina e Michele, con la stampa del veliero e il titolo scritto come se fosse un vecchio tomo (le lettere non sono una font creata a computer, ma sono tratte dalle riproduzioni dei frontespizi originali del ‘600 delle favole di Perrault). Quando siamo andati a parlare del progetto la prima volta in BAO, Michele aveva già in mente esattamente il volume così come poi è uscito: il formato, la carta avoriata, la copertina rigida blu marinaro con il disegno “abbassato” e il dorso stondato. Tutti i dettagli grazie ai quali Il Porto Proibito potrebbe tranquillamente mimetizzarsi nella biblioteca di una villa georgiana della campagna del Kent sono opera sua.

Il Porto ProibitoLa vostra ultima collaborazione fuori dalla scuderia Disney è stata il volume Viola Giramondo, di cui ricordiamo gli accesi colori a pastello. Qui invece è stato tutto realizzato con un tratto a matita, in bianco e nero. Nonostante l’ambientazione de Il Porto Proibito offra scenari come il mare aperto e le strade di Plymouth che sarebbero potuti essere paesaggi ricchi di giochi cromatici, avete preferito non utilizzare colori. Qual è il motivo di questa scelta?

Stefano: La gestazione del Porto Proibito è stata piuttosto lunga: Teresa aveva la storia che le girava nella testa (e nel cuore) da anni. Un film (Master and Commander) ha fornito l’epoca e l’ambientazione, e due viaggi (uno in Thailandia e un altro in Inghilterra, anzi due di fila!) hanno offerto i set.
La scelta del B/N è stata la conseguenza di questo processo: la storia era lunga e lo sapevamo dall’inizio, le prime prove fatte a colori a computer (a un certo punto, in un attimo di delirio, ho pensato anche agli acrilici) risultavano laboriose e non del tutto efficaci per l’atmosfera “gotica” della storia e per l’effetto “libro antico” di cui parlavamo prima.
L’illuminazione è arrivata con Tre Ombre di Cyril Pedrosa, un libro splendido, intenso, e con un interessantissimo B/N ottenuto a china con pennelli “scarichi”. Possiamo dire che sono partito da lì, ho cercato (abbastanza biecamente…) di copiare quella tecnica, ma pennello e china non mi sono congeniali, mi trovo decisamente più a mio agio con le matite, e così quella è stata la strada. 
Rispetto a Viola Giramondo e ai vostri fumetti Disney, Il Porto Proibito ha un netto cambio di registro anche dal punto di visto narrativo, rivolgendosi a lettori più maturi. Avete deciso fin dall’inizio di voler realizzare questa volta un fumetto per un target differente da quello degli altri vostri lavori, o è qualcosa che avete capito durante la lavorazione, sviluppando determinati personaggi, situazioni e tematiche?

Teresa: La storia de Il Porto Proibito è – come dire? –  “nata adulta”. Già prima di raccontarla sapevo che non si sarebbe trattato di qualcosa per ragazzi; e qui stava proprio la sfida, il salto nel vuoto, il grande punto interrogativo: come l’avrebbero accolta i nostri abituali lettori Disney (se mai avessero deciso di imbarcarsi in quest’avventura)?
Come spiegare a chi aveva viaggiato insieme ai figli sui carrozzoni del Cirque De La Lune che stavolta non c’era alcuna piccola Viola a prendere per mano i loro bimbi, e che invece il libro sarebbe stato proprio per loro, per i genitori? Alla fine non abbiamo spiegato più di tanto. Ci siamo limitati a specificare che non si trattava di una lettura per bambini. E Il Porto ha preso il largo da solo…

Il Porto ProibitoNella storia sono presenti numerose citazioni e poesie, spesso tradotte in italiano. Rimangono invece in inglese i canti marinareschi e le poesie che introducono ogni capitolo.
Quali sono i motivi di questa distinzione?

Teresa: La scelta è stata semplice: le poesie che, nel testo, servono a condurci verso nuovi snodi narrativi, quelle che hanno a che vedere direttamente con le vite dei personaggi e che Rebecca usa per accompagnare Abel verso conoscenze che le parole comuni non riuscirebbero a spiegare, sono tradotte (liberamente, eh, magari con qualche piccola licenza). Quelle che invece servono solo “da atmosfera” e accompagnano le aperture dei capitoli restano in lingua originale (sia essa l’inglese, l’italiano o lo spagnolo). I sea shanties fanno parte dell’atmosfera, dunque restano in inglese (e chi ne capisce un po’ potrà notare che non sono stati messi “a caso”, ma cercando di trovare ogni volta qualche attinenza con la situazione che i marinai stanno vivendo in quel momento, sull’Explorer o sulla Last Chance).

Alla fine del volume scrivete i vostri ringraziamenti, per poi riprendere il fumetto con un’appendice che per la sua collocazione ricorda quasi le scene “bonus” che al cinema vengono inserite dopo i titoli di coda. Come mai per l’epilogo è stata fatta questa divisione, e non appartiene al corpo principale dell’opera? 

Stefano e Teresa: È esattamente quello che sembra: un “bonus”, un regalo. Al lettore, ma soprattutto a uno dei personaggi principali del libro cui eravamo molto affezionati (niente spoiler, non diciamo qual è).
Anzi, a ben pensarci, a più personaggi: leggere per capire…

Chi segue il vostro blog La Casa Senza Nord sa quanto amate viaggiare, e questo si rispecchia in modo evidente ne Il Porto Proibito. Avete in programma di tornare nei luoghi che vi hanno ispirato, per vederli con occhi nuovi dopo la conclusione dell’opera?
Ci sono altri viaggi in programma dai quali potremmo avere indizi su eventuali vostri fumetti futuri?

Stefano: Nei luoghi del Porto probabilmente torneremo, prima o poi (in quelli nel Regno Unito, almeno), anche perché sono posti bellissimi e Teresa è innamorata dell’Inghilterra, quindi ogni tanto ci facciamo una capatina. Avevamo un viaggio in programma che sarebbe finito nel prossimo graphic novel, ma – con nostro sconsolato dispiacere – è saltato. Ci finirà invece un viaggio vecchio, fatto tempo fa, ma non possiamo dire dove, perché è ancora tutto in fase di progetto. Insomma, ne saprete quando lo saprà anche l’editore…

Last ChanceAbbiamo visto sempre sul vostro blog che vi siete dedicati alla ricostruzione del modellino della Last Chance. C’era di base una passione per il modellismo, o è un’idea nata esclusivamente dopo aver concluso Il Porto Proibito? 

Stefano: L’appassionato di modellismo sono io, di solito soldatini (che, per un obiettore di coscienza, potrebbe essere considerato un po’ singolare, ma tant’è…), sempre storici: dal medioevo alle divise napoleoniche, niente fantasy o fantascienza (generi che non amo). Occasionalmente velieri: ne avevo costruito uno nel ’90 (a 16 anni) ma decisamente più piccolo. Poi è arrivato questo libro, e il mio compleanno (40 stavolta), così Teresa mi ha regalato la scatola di montaggio della Gloire, una fregata francese della stessa epoca della Last Chance, e io l’ho costruita, con tutte le modifiche del caso, e mi ci sono divertito un sacco.
C’è voluto un anno, più o meno, ma adesso fa bella mostra di sé in una teca di plexiglass (al sicuro da bimbi e polvere). Temo di essere irrimediabilmente (e orgogliosamente, in fondo) un Nerd…

Topolino BollywoodPassiamo a parlare delle vostre storie Disney. Tra Bollywood, la New York degli anni ’30, il deserto di inizio ‘900, le storie che realizzate in tandem si svolgono per la maggior parte in scenari differenti dalle classiche Topolinia/Paperopoli. Pensate che i personaggi Disney abbiano più potenzialità come maschere, che nelle loro identità “ufficiali” o c’è qualche altro motivo dietro?

Stefano: Secondo me non c’è una vera distinzione tra le identità ufficiali e i ruoli diversi, anzi, forse proprio le maschere sono le loro vere identità. Sono attori, bravissimi attori, con l’abilità del caratterista nel calarsi nei vari personaggi ma con una loro personalità così forte che alla fine permette loro di essere sempre se stessi, in qualsiasi epoca o situazione.

Teresa: E poi a noi piace viaggiare. Ci piace andare via, vedere posti nuovi, incontrare gente, sentire lingue diverse, portare i nostri bimbi a scoprire le diversità, i gusti differenti, le pappe mai provate. Ci piace cambiare cieli e facce e raccogliere “tesori”,  e poi portare a casa occhi e cuore pieni… e “svuotarli”, raccontando.

In queste storie Disney ambientate in altri contesti, così come in Viola Giramondo e Il Porto Proibito, si nota una ricchezza di dettagli ed elementi storici/geografici/visivi reali, frutto di un’accurata documentazione. Ci potete parlare di come affrontate il processo di ricerca delle informazioni e di quanto è importante per voi nella lavorazione di un fumetto?

Stefano: Io sono appassionato di storia (l’ho già detto che sono un Nerd?) e quando vedo, in un film o in una storia a fumetti, un errore storico/geografico mi infastidisco, non riesco più a prendere sul serio il resto del racconto; oggi, con internet a disposizione, non ci sono più scuse (a mio parere naturalmente); l’autore pigro si perde qualcosa di veramente affascinante, cioè il lavoro di documentazione.
La storia che appassiona noi non è quella, noiosa, dei libri del liceo, senza immagini e zeppa di date inutili da imparare a memoria, ma quella vera, fatta di luoghi da visitare, di immagini, filmati a volte, aneddoti, storie nelle storie, curiosità: ci sono mondi affascinanti da scoprire e che ti catturano. È quello che è successo a noi cercando materiale per questo libro: siamo andati a vedere di persona velieri autentici (e sono belli, accidenti!), abbiamo letto libri, visto film, ascoltato canti marinareschi (mettete “sea shanties” su youtube: sentirete!) abbiamo trovato stampe antiche: ogni scoperta portava a un altro argomento e a un’altra storia… insomma, sono mondi che vale la pena di esplorare!

Turconi RadiceQuali sono gli artisti che hanno influenzato Stefano nel suo tratto? Invece per Teresa, quali autori e opere hanno contribuito a formare il suo stile narrativo?

Stefano: Cyril Pedrosa, al primo posto: per me è uno dei massimi autori di quest’epoca: lo cop… ehm, lo studio da anni!
Poi, come molti autori della mia età, ho seguito e amato Toppi, Battaglia, Micheluzzi, Pratt… e poi autori strani e che apparentemente non c’entrano nulla, come ad esempio Rien Poortvliet (l’autore di “Gnomi”) o Stephan Zavrel, un bravissimo illustratore cecoslovacco. E poi, naturalmente, i disneyani: G.B. Carpi, Romano Scarpa, Alessandro Barbucci, Giorgio Cavazzano e gli animatori (di cui non so i nomi, ignorante!) attivi a cavallo degli anni ’70, quelli della Spada nella roccia e del Libro della giungla, per intenderci. E, ultimo ma non ultimo, Albert Uderzo: ho imparato a disegnare, da bambino, sui suoi Asterix (geniali, anche riletti dopo anni!) e credo che molto della recitazione dei miei personaggi continui a venire da lì.

Teresa: I miei Maestri “in carne ed ossa” iniziano entrambi con la S, Sisti e Slade, e sono entrambi autori. Alessandro Sisti non ha bisogno di presentazioni ed è stato mio insegnante in Accademia Disney, mentre Barbara Slade (che in ordine cronologico, nella mia vita, è apparsa prima) è una sceneggiatrice americana che ha scritto per Disney e per Nickelodeon, per il cinema e per serie televisive. È la persona che mi ha detto: “Secondo me tu sei fatta per scrivere”, dando una svolta fondamentale alla mia, di storia. Incrocio le dita perché, prima o poi, qualche nostro lavoro trovi un editore di lingua inglese, così che lei lo possa leggere.

Se invece penso alle mie fonti di ispirazione “su carta e su schermo”, mi vengono in mente prima di tutto i film che da bambina mi sono entrati sottopelle, fomentando il mio naturale istinto da “contastorie”: E.T, Ritorno al Futuro (il primo!), I Goonies e La Storia Infinita. Poi, più tardi, sono arrivate le parole di Margaret Mazzantini, una ad una. E il Niccolò Ammaniti di Io non ho paura, e l’Ivan Cotroneo di La kryptonite nella borsa, e il Giuseppe Culicchia di “Il paese delle meraviglie”. Per dirne tre.

Per finire, la domanda “consiglio per gli acquisti”: quali sono gli ultimi fumetti letti che avete particolarmente apprezzato?

Stefano: Cara Patagonia (Jorge Gonzales), Come Prima (Alfred), La distanza (Colapesce e Baronciani), La scimmia di Hartlepool (Lupano-Moreau), I solchi del destino (Paco Roca).

Teresa: E la chiamano estate (delle cugine Tamaki: l’ho letto forse un anno fa, ma non riesco a togliermelo dal cuore), Churubusco (Andrea Ferraris), Il settimo splendore (Favia-Bufi), Pillole Blu (Frederik Peeters), Il saldatore subacqueo (Jeff Lemire) e i sei volumi di Strangers in Paradise (Terry Moore).

Grazie mille per la disponibilità!

Teresa e Stefano: Grazie a voi per le domande interessanti!